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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Ieri, mentre curiosavo all'edicola, mi è capitato di gettare l'occhio sul titolo dell'International Herald Tribune, quotidiano che si fa vanto di essere l'edizione globale del New York Times, cioè della bibbia del giornalismo. L'apertura dell'edizione era dedicata al Giappone, come credo quella della stampa di tutto il mondo. Con una differenza: il titolo più importante, pur richiamando la paura e la distruzione provocate dal terremoto, non cercava di forzare le già drammatiche notizie in arrivo dal paese del Sol levante. Alla centrale di Fukushima era dedicato un articolo di spalla sui lavoratori in lotta per riportare il reattore sotto controllo. L'occhio mi è poi scappato sul titolo del britannico Times, il quale aveva scelto di aprire sulle migliaia di morti e sulla città che ha cessato di esistere, lasciando la questione dell'impianto nucleare e il pericolo di una nube radioattiva nel taglio basso della pagina, ma con un titolo incentrato sulla revisione dei reattori inglesi al fine di garantirne una maggior sicurezza. Infine ho guardato la prima pagina di Repubblica: ha scelto di trattare l'argomento con una certa sobrietà, che cito di seguito affinché ne siano edotti anche i lettori distratti o quelli che non comprano il quotidiano di De Benedetti, il quale - sia detto per inciso - ha investito gran parte delle sue risorse nelle energie alternative a quelle in cui è previsto l'uso dell'uranio. «Incubo nucleare, fuga da Tokyo». Occhiello e sommario: «Finora inutile ogni tentativo di evitare la catastrofe... Il commissario Ue: rischio apocalisse». Le notizie erano poi accompagnate da un editoriale di Barbara Spinelli che già nel titolo si imponeva di tranquillizzare gli animi fragili: «Il dovere della paura». Tralascio le pagine interne, ma il tono non era più rasserenante. Ovviamente non intendo sminuire la gravità di ciò che è accaduto e sta accadendo in Giappone. Non solo sarebbe sciocco, ma rischierei di essere smentito in fretta dagli eventi, che come abbiamo visto cambiano di ora in ora. Ciò detto non mi pare neppure una buona pratica giocare con la paura della gente, che in questi casi, essendoci di mezzo un nemico subdolo e invisibile, è facilmente impressionabile e può lasciarsi prendere dal panico. È ovvio che a Tokyo regna la preoccupazione, per la centrale e per gli approvvigionamenti che scarseggiano: ci sarebbe da stupirsi del contrario. Ma il terrore non pare abbia contagiato i suoi abitanti al punto da spingerli a una fuga in massa dalla città, che poi sarebbe un vero esodo biblico giacché nella capitale giapponese vivono in 13 milioni. Conosco persone che vi risiedono le quali non hanno affatto abbandonato i loro appartamenti. Sarà perché sono capaci di tener sotto controllo le emozioni, sarà perché credono a ciò che vien loro detto dal governo, sta di fatto che ancora ieri invitavano amici e parenti a stare tranquilli perché certi titoli della nostra stampa erano esagerati. Intendiamoci: dopo quel che è successo, è giusto interrogarsi sull'atomo e sui rischi che ne derivano, facendo chiarezza sui pericoli e sui sistemi di sicurezza. Aggiungo che è doveroso chiedere approfondimenti supplementari del programma per l'apertura di centrali nucleari in Italia. Ma giocare con la strizza è altra cosa. Venticinque anni fa, in seguito all'incidente di Chernobyl si decise di smantellare gli impianti già costruiti e di vietarne di nuovi sull'onda dell'angoscia, senza contare che per noi italiani la sicurezza non sarebbe aumentata ma la bolletta della luce sì e di questo paghiamo ancora oggi le conseguenze. Eppure le centrali, bloccate nel nostro Paese, erano appena di là dal confine, in Francia o in Slovenia, e il referendum con cui le impedimmo non sarebbe stato in grado di salvarci in caso di fuga radioattiva. Oggi, mentre si ridiscute quello stop, le notizie dal Giappone sembrano agitate più per incutere di nuovo il terrore e far scattare una nuova fobia del nucleare, che per voglia di sapere e comprendere cosa sta succedendo. Forse qualcuno si è dimenticato che prima del dovere della paura, c'è quello di capire. Sarà anche vero - come dice la Spinelli - che lo spavento tiene svegli, ma quando si è in pericolo la calma aiuta a restare lucidi. E spesso fa evitare di commettere errori.

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