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L'editoriale

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di Vittorio Feltri

Andrea Tempestini
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Abbiamo sempre saputo che le opposizioni sono pronte a tutto pur di sbarazzarsi di Silvio Berlusconi, anche ad allearsi col diavolo, con certi pm affetti da versamento di bile, con cani, porci e serpenti. Diciassette anni di berlusconismo e di feroce antiberlusconismo valgono più di cinque lauree e di dieci master (master veri) alla Bocconi per capire cosa accada nel Palazzo e perché. E difatti vediamo ad occhio nudo, da qualche tempo, che il tiro al bersaglio-premier è praticato anche dalla maggioranza. Il primo a caricare il fucile e ad aprire il fuoco amico (si fa per dire) è stato Gianfranco Fini. E lo ha fatto da cecchino improvvisato e maldestro sparacchiando, senza nemmeno curarsi di nascondersi dietro un comignolo, ogni qualvolta gliene venisse l'estro. All'inizio parevano scherzi, al più provocazioni. Poi il becchino (non il Bocchino) di An, incoraggiato dalle ovazioni della sinistra, ci ha preso gusto e ha beccato in pieno il Pdl. Che ha rischiato di morire. Ma solo rischiato. Medicato alla buona, si è tirato in piedi ed è ancora lì: barcolla e, quando è sul punto di stramazzare, si aggrappa a un plotoncino di alieni denominati responsabili. Così il governo tira avanti, acciaccato e dolorante. Fin quando ce la farà? Il referto non induce all'ottimismo, poiché qualcuno nella maggioranza residuale di centrodestra, ispirandosi al motto “crepi Sansone con tutti i filistei”, lavora per demolire l'ex Casa delle libertà sotto le cui macerie, eventualmente, rimarrà schiacciato. Ciò che è successo ieri e mercoledì alla Camera è la conferma del “cupio dissolvi” che si è impadronito di vari parlamentari psicologicamente instabili, un po' disturbati. Al di là del mesto folclore che ha proceduto e accompagnato le sedute (monetine, insulti, liti in puro stile ballatoio) c'è un pericoloso dato politico e tecnico: il Pdl non è capace di gestire l'aula e finisce per soccombere al gioco cinico degli avversari. Berlusconi e i suoi fedelissimi avevano fatto carte false per approvare in fretta e furia il processo breve (europeo, corregge invano Silvio) allo scopo di strappare il premier dagli artigli dei giudici, ma tutto è andato storto per goffaggine collettiva. Inutile addentrarsi nei dettagli. La sostanza dei fatti è la seguente. I regolamenti di Montecitorio sono vecchi, complicati e farraginosi. Andavano bene all'epoca di Carlo Codega, ma oggi servono solo ad esaltare le doti degli azzeccagarbugli e favoriscono le trame dei furbi. E i più furbi non sono di sicuro quelli di centrodestra. I quali semmai, avendo una conoscenza approssimativa delle norme, corrono in bocca al lupo e si fanno sbranare come pecore. Per farla breve, sbaglio dopo sbaglio, i signori della maggioranza sono riusciti a farsi sfilare l'approvazione del salvacondotto pro Silvio, che è stata rinviata formalmente a martedì. Martedì però i marpioni avranno preparato un nuovo pretesto per un ulteriore rinvio, sicché si parlerà d'altro e registreremo l'ennesimo fallimento. Viene un sospetto. Ma quanti deputati del Pdl sono fessi e quanti ci fanno nella speranza di dare uno spintone al governo e di porre fine allo strazio? L'autolesionismo è assai praticato a destra e non è facile attribuirlo a ingenuità. Berlusconi deve guardarsi non solo dall'opposizione, che fa il suo mestiere, ma anche da personaggini teoricamente alleati eppure pronti a pugnalarlo, fingendosi tonti. Si rafforza la sensazione che la maggioranza non sia culturalmente attrezzata per reggere una situazione che la vede oltretutto fragile per le note carenze numeriche. Le manca anche la necessaria compattezza. Se inoltre consideriamo che ovunque Berlusconi posi lo sguardo trova un problema, possiamo dire che capitano davvero tutte a lui. Non è il suo miglior momento. Da quando ha ricominciato a governare, nel 2008, è stato un rosario di guai infiniti: la crisi economica internazionale, la bocciatura del lodo Alfano, la rogna della protezione civile, vicende processuali varie, la rottura con la moglie Veronica, il bunga bunga eccetera, i pasticci della Rai e il contenzioso con l'informazione. Nelle ultime settimane, quasi non fosse sufficiente il carico delle grane, ecco la guerra che nessuno immaginava fosse dietro l'angolo. E che dire della nuova ondata di immigrazione selvaggia? Si confidava nella collaborazione della Tunisia, sollecitata a riprendersi i propri cittadini approdati a Lampedusa, invece picche. Il governo di quel Paese accetta il rimpatrio soltanto di uomini e donne consenzienti, cioè di nessuno, perché chi è venuto qui non si sogna neppure di fare dietrofront volontariamente. Ergo non saremo in grado di sfoltire gli extracomunitari e ci toccherà ospitarli in massa (compresi quelli che arriveranno) e provvedere al loro mantenimento. Altre spese, altri disagi in nome di valori umanitari inconciliabili col nostro portafogli, per tacere del debito pubblico. In questo mare di difficoltà chiunque sarebbe annegato. Il premier è rimasto a galla. Ma i processi in cui è imputato o sono cominciati o incombono e se non lo copriranno di ridicolo, non lo aiuteranno a tenersi su. Il clima è orrendo. In Parlamento regna il nervosismo (e il caos) che si ripercuote all'esterno. Si moltiplicano le manifestazioni ostili (forse organizzate) all'esecutivo, le violenze gratuite anche. E, ancora ieri, un attentato grave in una caserma di Livorno in cui un ufficiale è stato ferito. Il quadro non è rassicurante. Oddio, l'opposizione non sta meglio degli avversari e non offre alternative, anzi, sembra in liquefazione. È un prodigio che l'Italia non sia schiattata. Il merito sarà ben di qualcuno. Di chi? Domanda cui non sappiamo rispondere. E voi?

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