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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Se 250 poveracci in fuga dalla miseria affogano al largo di Lampedusa, la colpa non è della Tunisia che li ha lasciati partire nonostante fossero a bordo di una carretta del mare. E nemmeno di Malta, che pur avendoli visti in difficoltà non li ha soccorsi ma si è limitata a una segnalazione alla Marina militare italiana quando ormai era troppo tardi. La responsabilità è esclusivamente del Cavaliere e dei suoi ministri, a cominciare da Roberto Maroni, il quale ieri per essersi speso alla ricerca di un accordo con Tunisi è stato gratificato in Parlamento del titolo di assassino. Questo almeno è quanto si poteva dedurre dalla lettura dei principali quotidiani, che con svariate motivazioni addossavano all'esecutivo il disastro in mare in cui sono periti eritrei, somali e tunisini.  “Lampedusa, soluzione finale”  titolava il Fatto con un commento del suo direttore, Antonio Padellaro, il quale addebitava a Berlusconi d'aver cercato di sdrammatizzare il processo Ruby anziché essersi messo in gramaglie per la tragedia nel canale di Sicilia.  “Effetti collaterali”  era invece il titolo del Manifesto: per il quotidiano comunista i clandestini non sono morti causa disgrazia, ma per il proibizionismo e per la nostra colpevole ingerenza  “umanitaria”  in Libia, tesi ribadita anche dall'altro giornale della sinistra extraparlamentare, Liberazione. A superare tutti in ipocrisia non è però stato un foglio progressista, ma l'organo ufficiale di Ferdinando Adornato, parlamentare Udc che nel corso della sua vita credo abbia militato in quasi tutti i movimenti politici dell'arco costituzionale.  “Sono andati föra di ball”, titolava il clandestino Liberal con chiara allusione alla frase di Umberto Bossi. E per evitare dubbi di interpretazione il quotidiano di Adornato aggiungeva: 250 migranti vittime del mare e della paura  di essere respinti. E come no. A farli affondare è stato il terrore di incontrare Maroni. Sono annegati piuttosto che essere rimandati a casa. La lettura della stampa ieri è stata dunque un bagno nel cinismo cui può arrivare la battaglia politica. Non importa in realtà delle donne e dei bambini affogati. Importa molto più usarli contro il governo, strumentalizzando il dramma pur di dare addosso al Cavaliere e ai suoi alleati. Del resto, tragedie analoghe a quella accaduta tra martedì e mercoledì non suscitarono simili reazioni. Pochi infatti ricordano che il giorno di Natale del 2006 una nave di disperati colò a picco al largo di Porto Palo con tutto il suo carico umano. Morirono in centinaia e per anni  nessuno si preoccupò di recuperare i corpi né di addossare una qualche responsabilità al governo. Si capisce. Allora a Palazzo Chigi si era da poco insediato Romano Prodi e la stampa di sinistra non aveva alcun interesse a usare gli immigrati contro la maggioranza. Neppure l'affondamento di un barcone con un centinaio di albanesi, avvenuto mentre una nave militare italiana tentava di respingerlo, suscitò violente reazioni. Ma come si diceva, altri tempi e altra bandiera politica. Chi è di centrodestra deve assumersi anche la responsabilità del mare in burrasca, mentre ai progressisti è concesso tutto, anche di affondare un barcone che non si ferma. In realtà, sciagure come quelle accadute l'altro ieri dovrebbero essere messe in conto alla politica lassista praticata fino a ieri da chi predica l'accoglienza. È  la cultura delle frontiere aperte, dei permessi di soggiorno senza limite, delle sanatorie, che spinge masse di disperati a imbarcarsi su fragili vascelli in cerca di fortuna. Fino a che ci sono stati i respingimenti coordinati con Paesi da cui prendevano il largo i profughi non vi è stato naufragio, giacché i pattugliamenti scoraggiavano ogni partenza. La linea dura probabilmente ha in questo modo salvato vite umane. Mentre il buonismo dei nostri progressisti le ha condannate.

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