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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Visto che con la legge del processo breve le più immediate faccende giudiziarie di Berlusconi sono sistemate, sarà bene occuparci di un'altra questione che nelle prossime settimane rischia di nuocere gravemente alla sua leadership e dunque alla causa del centrodestra. Negli scorsi mesi, mentre tutti erano concentrati sulle manovre anti-Cavaliere, pochi nel Pdl si sono accorti di ciò che bolle in pentola a Milano, patria del berlusconismo e anche dei suoi più acerrimi nemici con la toga. Non si tratta dell'ennesima indagine con cui si punta a processare il premier,  ma delle elezioni. Il 15 e il 16 maggio nel capoluogo lombardo si vota per eleggere il nuovo sindaco ed è una consultazione che il Popolo della libertà  rischia di perdere. Ovviamente i sondaggi danno in vantaggio il partito del Cavaliere e dunque finora nel Pdl si è fatto mostra di tranquillità, convinti che la candidata al reincarico, la sindachessa Letizia Moratti, ce l'avrebbe fatta al primo turno. Con il passare dei giorni, al contrario si comincia a dubitare e un po' di irrequietezza trapela, al punto che qualcosa sarebbe arrivato all'orecchio di Berlusconi, il quale, guarda caso, ha invitato i suoi a impegnarsi  un po' di più nella campagna elettorale, annunciando che a Milano si candiderà capolista per attrarre consensi. In pratica le ultime rilevazioni escluderebbero la possibilità di una vittoria secca, costringendo la candidata del Pdl al ballottaggio. Il che rischia d'essere una catastrofe, in quanto, come è noto, gli elettori di centrodestra si presentano puntuali alla prima chiama, ma al secondo turno invece del voto preferiscono la vacanza, soprattutto se questa cade a ridosso di qualche ponte estivo. Il merito di tale situazione peraltro non sarebbe da attribuirsi all'appeal dell'esponente scelto dalla sinistra. Giuliano Pisapia è un avvocato di Rifondazione comunista che fa storcere il naso perfino a parecchi esponenti progressisti, in particolare a una parte del Pd che non ha nessuna voglia di avere un sindaco iscritto al partito dell'orecchino di Nichi Vendola.  Se il Pdl rischia dopo decenni di regalare il capoluogo lombardo ai post comunisti, è tutto e solo merito del Pdl. La sindachessa ci ha messo del suo: pur avendo molti pregi, tra i quali quello di pagarsi la campagna elettorale, non è riuscita a diventare simpatica a molti milanesi, i quali la giudicano un po' troppo fredda e ombrosa. Ma oltre alla petroliera un contributo determinante lo hanno dato pure i vari capi e capetti del centrodestra. I quali non solo combinano spesso pasticci, ma  litigano fra di loro come oche starnazzanti in un recinto troppo stretto. Baruffe da ballatoio, in cui la questione più importante pare la poltrona, presente o futura. Risultato, se l'aria non cambia nelle prossime settimane, il rischio di veder sventolare la bandiera rossa su Palazzo Marino si fa concreto.  Chi abita a Padova o a Napoli riterrà che la faccenda sia di scarsa importanza, giudicandola un fatto locale che può riguardare al più i milanesi, i quali dopo anni proverebbero l'ebbrezza di un sindaco comunista. In realtà così non è. Quel che accade a Milano non è solo affare di chi ci abita o lavora, ma riguarda pure il resto d'Italia e non solo perché qui è nata Forza Italia e Berlusconi vi ha gettato le basi della sua discesa in campo. Il capoluogo lombardo è da sempre il laboratorio di movimenti politici e di cambiamenti che poi hanno contagiato l'Italia. Pur senza scomodare il fascismo, che in città vide la luce il 23 marzo di 92 anni fa, basti ricordare che a casa del milanesissimo industriale dell'acciaio Enrico Falck nacque la Democrazia cristiana e in precedenza furono fondati il Partito operaio  e la Lega socialista milanese, che poi una volta fusi tra loro diedero vita  al Partito dei lavoratori italiani, cioè a quello che poi sarebbe stato il Partito socialista.  Ma anche senza far ricorso alla storia, in ambito più recente Bettino Craxi, che a Milano aveva il suo quartier generale e le sue truppe, per rifondare il Psi partì da qui. E all'ombra della Madonnina è nata pure Mani pulite, ovvero il partito dei giudici che ha abbattuto la prima repubblica e ha portato Antonio Di Pietro in parlamento. Perfino la Lega, che pure ha avuto i natali a Varese, si è sviluppata da queste parti, diventando quel che è diventata solo nel momento in cui conquistò la città ed elesse un sindaco del Carroccio. Insomma, ciò che capita in città è da tener d'occhio e non da liquidare con un fatti loro. Se il centrodestra perdesse Milano sarebbe una brutta botta per il governo e per lo stesso Berlusconi, il segno che il vento sta cambiando. Dunque, fossimo in lui e nei suoi colonnelli, ci rimboccheremmo le maniche (possibilmente per davvero e non come fa Bersani cui basta farsi fotografare in camicia) e messe da parte le rivalità lavoreremmo senza sosta allo scopo di far riguadagnare voti al centrodestra. Non per fare un piacere alla Moratti, che non ci è neppure molto simpatica, ma per evitare di consegnare la città o, peggio, il Paese  alla sinistra.

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