L'Editoriale
di Vittorio Feltri
Anche il Papa si è messo a rispondere alle domande in tivù. Domande ingenue, vorrei dire sciocche, ma non oso. L'umanità soffre da sempre e non si adatta alla realtà,che è tanto più brutta quanto più la si rifiuti cercando consolazione dove non c'è. I problemi esistenziali non si risolvono sul digitale o via satellite. Non li risolve la fisica né la filosofia né la religione: insolubili. La fede aiuta? Certo che aiuta. Ma bisogna averla. Chi non ce l'ha si regoli di conseguenza e non si illuda di trovare responsi soddisfacenti. Noi stiamo coi piedi ben piantati sulla terra, anche se è Pasqua, e non comprendiamo perché a Roma i rom occupino la basilica di San Paolo e i musulmani protestino sotto l'Altare della Patria, reclamando l'apertura di nuove moschee. Che diritto hanno di turbare la quiete del venerdì e del sabato santi? I nomadi sono furenti perché il “loro” campo abusivo è stato sgomberato. Cosa pretendevano, che il sindaco Alemanno sorvolasse sulla legalità? Non c'è verso di convincerli che il nostro Paese, come tutti, ha un codice penale da rispettare. L'amministrazione comunale è disarmata contro certe soperchierie e cerca un accordo: diamo mille euro a ogni zingaro che si rassegni ad andare “foe ra di ball”. Spesa a parte, non è un bel modo per dirimere il contenzioso, però forse è l'uni.Va bene, paghiamoli. Ma se ritornano? Ci rendiamo conto che una bella carica della polizia non sarebbe apprezzata dalle anime pie, eppure quando ce vo' ce vo'. Identico discorso va fatto per i musulmani, ricordando loro che in Italia non è vietato pregare, ma occorre farlo senza calpestare chi li ospita. Che saremmo poi noi, tolleranti e pazienti. Fino a un certo punto. Come fino a un certo punto si possono sopportare le celebrazioni del 25 aprile. Ogni anno la stessa solfa. I fascisti veri non i fasciocomunisti alla moda sono morti e sepolti, tranne rare e innocue eccezioni. I partigiani veri - non quelli dell'ultim'ora sono pure estinti per analoghi motivi di età. Che senso ha ora inneggiare alla Liberazione? Liberazione da chi? Da mio nonno camicia nera? Chi non ha avuto un famigliare - anzi, tutta la famiglia - che ha creduto nel Duce, nella vittoria, nell'impero e bischerate simili? La nostra è stata una guerra civile, sporca e odiosa come ogni guerra civile, e non è il caso di commemorarla. Non ci si venga più a dire che è servita per toglierci il giogo nazista, perché a questo rimediaronogli angloamericani, e se non fosse stato per loro saremmo ancora qui irrigiditi nel saluto romano. Si è parlato e si parla tanto di rappacificazione. Di cui non si sente affatto l'esigenza, dato che fascisti e antifascisti godono ormai della pace eterna; non si menano né polemizzano più. E noi che c'entriamo con le loro vecchie beghe? A meno che qualcuno sia così imbecille da pensare che sul ring il posto dei neri e dei rossi sia stato preso - nel segno della continuità - dai berlusconiani e dagli antiberlusconiani. Ci mancherebbe solo una riedizione riveduta e scorretta di piazzale Loreto. Solo all'idea che domani in ogni Comune italiano si consumerà per la sessantacinquesima volta, e con i consueti discorsi di bassa retorica, il rito dell'eroica resistenza (a chi?), viene la nausea. Ma da bravi resistenti, resisteremo all'ennesima scocciatura. Massì. Resisteremo addirittura al 1° maggio, altro appuntamento annuale col nulla avvolto nella bandiera rossa, simbolo del più grande fallimento della storia: quello del comunismo. Come si fa a festeggiare il lavoro astenendosi dal medesimo? Difatti, in questo giorno consacrato alle attività che nobilitano l'uomo, tutto si ferma: anche i tram. Si cambi almeno la denominazione della festa: non più del lavoro bensì dello sciopero, che tra l'altro è la specialità in cui i compagni riescono meglio. Braccia conserte, pisolino postprandiale, fiaschi di vino sotto le frasche. Quest'anno comunque c'è una novità. I sacerdoti del 1° maggio stanno già litigando su una questione vitale: i negozi e gli esercizi pubblici devono rimanere rigorosamente serrati oppure, contrariamente alla consolidata tradizione, vanno tenuti aperti? I sindacati, un tempo uniti dal vincolo della solidarietà tra lavoratori, adesso si azzuffano. La Cisl sostiene che la decisione non va assunta sul piano nazionale, ma su quello territoriale, cioè locale. Ogni Comune o ogni Provincia - non è stato specificato - si comporti secondo i desiderata dei cittadini. La Cgil invece è del parere che chi non abbassa la saracinesca crumiro è. Ma qualcunodubita si tratti di stretta osservanza del dogma numero uno della Camera del lavoro (santificare la festa del lavoro riposando), e avanza una ipotesi profana: nessuno faccia concorrenza, in alcun modo, al sacro concerto organizzato a Roma. Tutti i compagni sono convocati in piazza per applaudire i chitarrini. È l'evoluzione del socialismo. Avanti popolo, alla riscossa. Ché alla riscossione provvede la Cgil.