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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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C'era un volta il Parolaio rosso (copyright  Giampaolo Pansa), ovvero Fausto Bertinotti. Era il leader della sinistra più radicale, quella che strizzava l'occhio ai no global e ai giovani dei movimenti. All'occorrenza il Parolaio rosso li candidava al Parlamento, dando loro l'adeguata copertura politica, anche se gli aspiranti onorevoli  erano più adatti a menar le mani che ad alzarle per il voto. Divenuto presidente della Camera, l'ex segretario di Rifondazione comunista preferì calzare pantofole e in seguito alla disfatta di Prodi decise di lasciare Montecitorio. Da allora non lo si vede né lo si sente, se non in qualche rara occasione tipo la vertenza Fiat. In compenso ci ha lasciato un erede, che non è da meno sia per le parole che per il rosso. Si tratta di Nichi Vendola, il governatore della Puglia oltre che rifondatore dell'ennesimo partitino comunista. Il suo si chiama Sinistra, ecologia e libertà, un nome che è un programma, oltre che un simbolo delle convulsioni in cui si agitano quanti hanno scavalcato il Pd. Vendola pur essendo presidente di una Regione tra le più importanti del Sud, dove avrebbe da lavorare per evitare ad esempio che città come Foggia diventino una nuova Napoli, con la spazzatura sulla porta di casa, in realtà è impegnato quasi a tempo pieno nell'attività di capo popolo. Non c'è manifestazione o contestazione in cui egli non faccia sentire la propria voce. A Milano, dove prima s'era fatto vedere il meno possibile, non si è lasciato sfuggire il palco del vincitore, che essendo un suo ex compagno di partito gli ha consentito di cantar vittoria. È in quell'occasione che ha abbracciato i fratelli rom, esultando per aver espugnato finalmente la capitale del berlusconismo. Ovviamente un tipo così non poteva farsi scappare i no tav, la cui causa ha abbracciato con sollecitudine, sposando gli argomenti di chi si oppone ai treni ad alta velocità in nome dell'ecologia.  Dopo averne sostenuto la lotta, domenica il nuovo parolaio rosso ha però sentito l'urgenza di prendere le distanze dai più violenti tra i contestatori dei convogli. Centottanta poliziotti feriti negli scontri devono essere stati un po' troppi per chi a parole ha sostenuto i movimenti non violenti. Prima sulla sua pagina Facebook e poi più diffusamente con un'intervista a Repubblica, il governatore ha quindi rettificato il suo pensiero: gli estremisti vanno isolati, ma chi dissente va incoraggiato. Con questo bell'esempio di cerchiobottismo, il neo Parolaio rosso si è quindi lanciato in un'appassionata difesa di chi manifesta, riuscendo a ribaltare i ruoli, quasi che i violenti fossero contro gli oppositori alla tav, «mortificandone le ragioni». Nel profluvio di parole, il governatore giunge a immaginare «un'operazione subdola» che ha come scopo «di privare di legittimazione il diritto a manifestare» e oscura le ragioni della protesta. Più o meno come se avesse detto che i poliziotti si sono picchiati da soli per far passare dalla parte del torto chi è contrario ai lavori dell'alta velocità. Davanti agli agenti feriti dal lancio di pietre, Vendola spiega che «siamo di fronte a una gigantesca frustrazione inoltre, se non percepiamo  quanto profonda sia  la crisi di un vecchio paradigma di sviluppo».  Ma dopo aver lanciato il preoccupato allarme e suggerito a Beppe Grillo «un esercizio di pulizia del lessico» per evitare l'enfasi militaresca riguardo agli scontri in Val di Susa, il governatore ha pronta la soluzione del problema: bisogna aprire un confronto sulle opere strategiche e un approfondimento vero. «Serve un processo di condivisione e di partecipazione». Si deve offrire spazio ai «fermenti culturali» e alle «onde di dissenso». La ricetta insomma è la solita: serve un grande dibattito. Una discussione che coinvolga tutti e non faccia niente.  Nel puro stile  di un autentico Parolaio rosso. Secondo Vendola ventidue anni di chiacchiere non bastano, ne urgono altre. È necessario convocare un tavolo, forse anche un salotto, e ricominciare tutto da capo. Nonostante il progetto sia via via dimagrito, ridotto ad appena 28 chilometri sugli ottantuno previsti, invece di bucare la montagna serve tornare a parlare, come se bastassero le parole a scavare le gallerie. Il dibattito per l'affabulatore di Sinistra e libertà è la formula magica che risolve ogni problema. Basta diluire tutto nel tempo, evitando di prendere qualsiasi decisione che urti i contestatori. Il nuovo Parolaio rosso la sa lunga. Sa che «bisogna essere molto attenti per capire l'indignazione e la relativa domanda di cambiamento». Un cambiamento che non si sa in quale direzione vada. Di sicuro non viaggia in treno e non attraversa la Val di Susa.  Per questo c'è tempo. Forse altri ventidue anni o forse di più.  In attesa, non resta che munirci di pazienza e sperare che prima o poi ci sia qualcuno che spazzi via - applicando la legge - tutti i parolai rossi e i loro compagni. Sempre con un gran dibattito, però.

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