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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Probabilmente ha ragione Silvio Berlusconi: la norma che autorizzava le aziende a non aprire il portafogli fino a che non fossero condannate da una sentenza definitiva  è sacrosanta. Probabilmente una simile legge eviterebbe a  una società d'essere costretta a sborsare soldi non dovuti per poi faticare a riaverli indietro nel caso fossero riconosciute le sue ragioni. Probabilmente dunque è giusto il fine che si intendeva raggiungere infilando il cavillo dentro la manovra finanziaria. Ma il modo in cui lo si è fatto e il momento in cui si è deciso di farlo sono decisamente sbagliati e infatti hanno suscitato un tal baccano da costringere il governo a una marcia indietro. Il risultato è una figuraccia che non serve a nessuno o, peggio, serve a chi ha interesse a mandare a gambe all'aria questa maggioranza. Non sappiamo chi siano i consiglieri che hanno suggerito al premier il provvedimento, ma nei suoi panni li licenzieremmo subito in quanto non gli hanno reso un buon servizio, ma lo hanno esposto soltanto a una pessima mossa.  Avessero avuto davvero intenzione di  fargli un piacere non avrebbero infilato il comma tra una piega e l'altra della manovra, ma l'avrebbero presentato senza imbarazzi, cercando di estenderlo non solo alle multe più salate - quelle da 20 milioni in su -, ma a tutte, anche a quelle da poche migliaia di euro dovute all'amministrazione finanziaria. Soprattutto dei consiglieri un po' più svelti non si sarebbero messi a pasticciare con la legge a una settimana da una sentenza che potrebbe condannare il Cavaliere a pagare parecchie centinaia di milioni al suo avversario. Era ovvio che i giornali di Carlo De Benedetti non gliel'avrebbero fatta passare liscia, ma, vedendosi sfuggire il bottino, avrebbero montato un can can. E così è stato. Le bocche di fuoco della stampa progressista  hanno sparato a raffica, facendo sentire i colpi fin sul Colle del Quirinale, con il risultato di costringere Palazzo Chigi a rimangiarsi la misura. Una mossa di cui in questi tempi non si sentiva la mancanza e che ci saremmo francamente risparmiati. E a proposito di cattive figure, non si può tacere neppure quella che ieri ha riguardato mezzo arco costituzionale. Chiamato ad esprimersi sull'abolizione delle province il Parlamento ha bocciato la proposta.  Nonostante fosse una delle promesse contenute nel programma elettorale del centrodestra . E nonostante gli esponenti del Partito democratico si riempiano la bocca con le battaglie contro la Casta. Avessero  voluto, avevano a portata di mano l'occasione per  tirare una bella riga su qualche migliaio di  poltrone occupate dai politici. Uno stipendificio in meno per i funzionari di partito. E invece no. La maggioranza grazie all'astensione degli uomini di Bersani ha potuto evitare la soppressione di enti le cui funzioni spesso si sovrappongono a quelle di Regioni e comuni.  In fondo sarebbe bastato trasferire le competenze ad altri organi e il risparmio sarebbe stato netto. Probabilmente approvando una tale misura sarebbe stato possibile evitare la tassa sulle auto di grossa cilindrata oppure i fissati bollati o il prelievo sui depositi titoli. Ma destra e sinistra hanno preferito tenersi le poltrone, evitando di dare un piccolo dispiacere ai loro quadri e dandone uno grosso ai contribuenti. Anche in questo caso si tratta di una figuraccia e non sappiamo dire se migliore o peggiore della prima, quella del cavillo salva aziende. Ma se in Parlamento e dintorni non c'è motivo di stare allegri visto le magre rimediate, anche dalle parti dei tribunale c'è poco da ridere. Nonostante l'impegno profuso da i magistrati quando c'è di mezzo Berlusconi (o forse proprio per quello), la giustizia fa acqua da tutte le parti. L'ultimo episodio di ciò che può accadere a un onesto cittadino se finisce nelle grinfie di qualche toga d'assalto lo ha raccontato ieri il Corriere della Sera, rivelando che uno spagnolo è stato sbattuto in galera per otto mesi pur essendo innocente. Si dirà: capita, di errori giudiziari sono piene le galere. Vero, ma questo è particolare. Lo spagnolo, stimato osteopata, è stato processato a sua insaputa. Condannato con sentenza definitiva è stato estradato dal suo paese e rinchiuso in carcere con la prospettiva di rimanervi 15 anni per traffico di droga. Peccato che nessuno si fosse preoccupato di fare un controllo, anche solo fotografico, tra l'arrestato e il vero colpevole. O anche solo di chiedersi come fosse possibile che il narcotrafficante fosse chiamato «el gordo», cioè il grassone, quando quello finito in cella era magro come uno stecchino. Per di più non era mai stato in Italia e soprattutto non era colombiano come il vero delinquente. Non aveva un figlio ma una figlia e via con altre mille cose che non tornavano.  Risultato: solo per caso il medico innocente è stato tirato fuori dalla tomba con le sbarre in cui l'avevano seppellito. Lo stato italiano gli ha presentato le sue scuse con un assegno da 85 mila euro per ingiusta detenzione, i magistrati che l'hanno messo dentro non si sa. Per ora si contentano della figuraccia rimediata, che senza dubbio in Spagna farà ben giudicare la nostra giustizia. Consoliamoci, comunque.  Dei tribunali non c'è da aver paura solo da noi. Basta vedere cosa è accaduto a Dominique  Strauss Khan in America. L'ex direttore del Fondo monetario sarà anche un vecchio porco, come abbiamo appreso nelle ultime settimane rovistando fra le sue lenzuola, ma a quanto pare non ha stuprato  nessuno e il giudice si prepara a proscioglierlo con tante scuse, in quanto la cameriera che l'aveva accusato voleva semplicemente spillargli un po' di quattrini. Il servizietto in camera all'uomo ricco e potente doveva diventare il suo fondo pensione e forse anche qualcosa in più. Pur di alleggerire la sua posizione, Strauss Khan avrebbe sganciato. O così almeno pensava la donna delle pulizie. Ma il castello di bugie è crollato sotto il peso delle indagini condotte dagli avvocati difensori, i quali non si sono bevuta la storiella come ha fatto la procura, ma hanno cominciato a passare al setaccio la vita e le frequentazioni della signora. Le balle emerse sono state così numerose che il procuratore è stato costretto a rimettere in libertà il politico francese e ora si appresta a chiudere il caso con un non luogo a procedere.  Oltre ad essere stato sputtanato in mondovisione, aver trascorso qualche giorno in cella e alcune settimane ai domiciliari, l'ex direttore del Fondo monetario per un'accusa falsa ci ha rimesso il posto e nessuno glielo restituirà. La sola cosa con cui potrà consolarsi è che dei suoi accusatori non sentirà più parlare. Dopo una magra del genere il procuratore e si suoi collaboratori saranno infatti costretti a cambiare mestiere. Purtroppo la stessa cosa non si può dire degli altri protagonisti delle figuracce che vi abbiamo raccontato.

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