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Per Penati le manette sono vietate. Chi è di sinistra non può essere arrestato

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Per il giudice di Monza le esigenze cautelari non bastano. Caso Falck, le mazzette per lui sono cadute in prescrizione. Altri 2 in cella

Andrea Tempestini
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Le tangenti ci sono, eccome, ma sono cadute in prescrizione. Così il giudice per le indagini preliminari di Monza, Anna Magelli, ha respinto la richiesta d'arresto che la Procura aveva formulato nei confronti del dimissionario vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia, Filippo Penati, e del suo ex collaboratore Gioradno Vimercati. La motiviazione è che, pur essendoci "gravi indizi di reato" e nonostante le "esigenze cautelari", le tangenti vanno riqualificate non in concussione, come suggerito dai pm, ma in corruzione, i cui termini di prescrizione, però, sono più brevi. Le motivazioni - Poiché le tangenti che furono pagate a Penati e Vimercati da Giuseppe Pasini (per l'area Falck) e da Piero Di Caterina (per la sua azienda di trasporto urbano) risalivano al 2001-2002, i fatti risultano per il giudice ormai prescritti e non possono quindi sorreggere una misura cautelare. "Un solo elemento non basta" - Al contrario, il gip ha chiesto l'arresto di Pasqualino Di Leva, il dimissionario assessore all'edilizia del Comune di Sesto San Giovanni nella giunta di sinistra del sindaco Giorgio Oldrini; chiesto l'arresto anche per l'architetto Marco Magni. L'accusa è quella di corruzione, ma per episodi più recenti, compresi tra il 2006 e il 2008. Infine, ancora per quel che riguarda Penati, il giudice ha ritenuto che un solo elemento d'accusa - l'assegno di una caparra da 2 milioni di euro concessa nel 2008 dall'imprenditore Bruno Binasco a Di Caterina per un'opzione immobiliare - non sia sufficiente a sostenere l'imputazione di illecito fianziamento al partito di Penati, che i pm avevano intuito in quella triangolazione.

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