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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Allora, vediamo di riepilogare. Il 28 giugno del 2005 Bruno Binasco, braccio destro di un imprenditore molto attivo nel settore delle autostrade, parlando di una sconosciuta operazione Serravalle dice che il problema non è Filippo Penati, in quel periodo presidente Ds della Provincia di Milano, ma Gabriele Albertini, all'epoca sindaco del capoluogo lombardo. La conversazione è intercettata, ma a quanto pare nessuno approfondisce la storia. Il 30 giugno dello stesso anno Pier Luigi Bersani, all'epoca europarlamentare dei Ds, dice a Marcellino Gavio, l'imprenditore di cui Binasco è braccio destro, che ha parlato con Filippo Penati. La conversazione è intercettata, ma nessuno si chiede di che cosa abbiano parlato Bersani e Penati che possa interessare a Gavio. Il 5 luglio l'allora presidente della Provincia di Milano telefona a Gavio e così esordisce: «Buongiorno, mi ha dato il suo numero l'onorevole Bersani», poi fissa un appuntamento con l'uomo d'affari. La conversazione è intercettata, ma non viene intercettata la  successiva, quella che Penati e Gavio faranno di persona. Il 18 luglio la Sias, società del gruppo Gavio, e Unipol siglano l'accordo con cui la prima mette a disposizione dell'Unipol di Consorte le azioni Bnl in suo possesso, che equivalgono allo 0,5 per cento: presidente della Sias è Bruno Binasco.  Il 29 luglio la Provincia di Milano acquisisce dal gruppo Gavio il 15 per cento delle azioni della Milano Serravalle, ossia della società che gestisce l'autostrada per Genova, le tangenziali meneghine e tutti i progetti di sviluppo   viario della Lombardia. L'imprenditore di cui Bruno Binasco è braccio destro realizza così una plusvalenza di 180 milioni di euro, vendendo a quasi nove euro l'una le azioni che un paio d'anni prima aveva comprato a tre. Anni dopo la Corte dei Conti stimerà un danno erariale di 80 milioni di euro. Il 3 agosto 2005 una delle società del gruppo Gavio che ha ceduto le azioni della Serravalle alla Provincia di Milano versa 14 milioni di euro alla Banca Popolare di Gianpiero Fiorani, in quel momento impegnato a sostenere Giovanni Consorte, amministratore delegato di Unipol, la compagnia d'assicurazione delle Coop, nella scalata alla Banca Nazionale del Lavoro. Altri 31 milioni la società di Gavio li versa alla Banca di Roma. Il 16 settembre Gabriele Albertini, sindaco di Milano, sul Corriere della Sera invita i pm lombardi a indagare sui rapporti tra Gavio e le Coop. Il 22 ottobre Albertini presenta una denuncia in procura, sostenendo che Penati ha pagato la scalata di Gavio a Bnl, in accordo con Unipol: dell'esposto dopo un po' si perde traccia. Il 20 dicembre gli ispettori di Bankitalia esprimono perplessità sull'operazione e fermano Unipol, adombrando dubbi sui conti della compagnia di assicurazione. Natale 2005, si parla di guadagni sospetti di Giovanni Consorte e addirittura di conti esteri. Il 2 gennaio 2006 il Giornale pubblica un'intercettazione - relativa al 17 luglio, dunque prima che la scalata prendesse ufficialmente forma -  in cui, riferendosi alla scalata alla Banca Nazionale del Lavoro, il segretario dei Ds Piero Fassino dice a Giovanni Consorte: «Abbiamo una banca», dimostrando di essere al corrente da tempo dell'operazione patrocinata da Unipol. Il 20 marzo 2007 i pm di Milano chiedono di poter utilizzare le intercettazioni telefoniche in cui alcuni parlamentari parlano con Giovanni Consorte della scalata a Bnl. Si viene così a sapere che, oltre a Fassino, a intrattenere rapporti con l'amministratore delegato di Unipol erano anche Nicola Latorre (Ds) e Massimo D'Alema. L'allora presidente dei Ds, in una conversazione con Consorte, allude anche a problemi di comunicazione e qualcuno, maliziosamente, ne deduce che parli del rischio di intercettazioni telefoniche. Il 20 luglio 2007 il giudice per le indagini preliminari Clementina Forleo invia a Camera e Senato la richiesta di utilizzare le telefonate fra Consorte e i vertici dei Ds ai tempi della scalata Unipol-Bnl. Il gip intende valutare se ci siano reati quali aggiotaggio informativo e insider trading e ipotizza che i parlamentari non fossero semplici tifosi, ma sostenitori del progetto di Consorte. Il 10 settembre Fassino e D'Alema  attaccano apertamente la Forleo, parlando di «tratti anomali» nell'inchiesta: il presidente dei Ds addirittura accusa il gip di «acrimonia». Il 19 settembre  la Camera si ricorda che all'epoca delle intercettazioni D'Alema era europarlamentare, dunque l'autorizzazione dev'essere richiesta a Strasburgo: gli atti vengono rinviati al gip. Per Fassino invece l'autorizzazione è concessa, ma i documenti vengono girati, anziché al gip, alla procura, la quale dopo un paio di mesi, assente per pochi giorni Clementina Forleo, rimanda tutto a un altro gip. Alla fine per Fassino e Latorre non si procede. Quanto a D'Alema, l'Europarlamento nega l'autorizzazione all'utilizzo delle conversazioni. Il 27 agosto 2008 la Procura generale della Cassazione chiede il trasferimento di Clementina Forleo per la richiesta di utilizzo delle intercettazioni di D'Alema e Fassino. Il Csm respinge la richiesta, ma di lì a qualche mese la gip viene accusata di ritardi nello svolgimento del proprio lavoro e di incompatibilità ambientale e per questo trasferita d'ufficio a Cremona. Il 25 maggio 2010 viene arrestato Fabrizio Favata. È partner di una società specializzata in intercettazioni, accusato di aver portato a Silvio Berlusconi e suo fratello Paolo il nastro con la telefonata tra Fassino e Consorte. Agosto 2011: la procura di Monza, dopo aver indagato Filippo Penati, Bruno Binasco e altri per tangenti, iscrive nel registro degli indagati l'ex presidente della Provincia di Milano per l'operazione Serravalle: il sospetto è che l'acquisto delle azioni che costò all'ente pubblico 80 milioni in più nascondesse delle tangenti. La procura ipotizza inoltre che il gruppo Gavio, tramite Binasco, abbia finanziato i Ds. Peraltro Bruno Tabacci, attualmente assessore al Bilancio della giunta milanese di centrosinistra, ribadisce quanto già altre volte sostenuto: «I soldi della Serravalle servivano per finanziare la scalata di Unipol a Bnl». Il 15 settembre 2011 il gip di Milano chiede il processo per Silvio Berlusconi, nonostante la richiesta di archiviazione della Procura. L'accusa è di concorso in rivelazione di segreto d'ufficio a proposito della telefonata Fassino-Consorte. Nell'ordinanza il gip si occupa anche del sottoscritto, in quanto direttore responsabile de Il Giornale quando l'intercettazione venne pubblicata. E, nonostante il pm non lo avesse neppure ipotizzato, chiede la mia iscrizione nel registro degli indagati per concorso in rivelazione del segreto d'ufficio. Berlusconi sarà processato con l'accusa di aver rivelato i dettagli di un'inchiesta. Penati e compagni, sospettati di aver preso tangenti, non si sa. Ogni commento lo lascio ai lettori.

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