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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
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Pur non avendo una laurea in economia, la bocciatura del debito pubblico italiano da parte di Standard & Poor's  l'avevamo messa in conto. Non perché pensassimo che l'agenzia americana di rating fosse un covo di comunisti o di antiberlusconiani. Più semplicemente perché immaginavamo che la manovra per riequilibrare i conti non avrebbe passato l'esame dei tecnici. Inutile fare nel dettaglio l'elenco delle misure dubbie o sbagliate: basti ricordare che in gran parte non è composta da tagli di sprechi ma da aumenti di tasse. Ora, se un Paese ha speso troppo e il suo livello di indebitamento è guardato con sospetto, quale reazione avranno gli esperti finanziari alla notizia che invece di ridurre le uscite si è inventato alcuni espedienti per aumentare le entrate? La risposta è scontata e puntualmente è ciò che è avvenuto.  Del resto, se gli analisti di S&P hanno bocciato gli Stati Uniti, come si poteva pensare che avrebbero promosso noi? Sgombrato dunque il campo da qualsiasi teoria complottista anti-italiana e anche da un vittimismo un po' piagnone che tende ad attribuire le colpe sempre agli altri e non a se stessi,  è utile leggersi ciò che scrive l'agenzia americana. Se non ci si limita ai titoli ma si approfondisce la relazione, si capisce che il report più che una sua stroncatura, come sostengono le opposizioni, è un assist al governo. Anzi: un atto d'accusa contro la sinistra e i suoi protetti. E questo forse qualcuno lo dovrebbe dire a Palazzo Chigi. Addentrandosi  nelle ragioni per cui l'economia italiana cresce poco e rischia di non poter pagare gli interessi sui titoli di Stato o, per lo meno, di pagarli a caro prezzo, Standard & Poor's ha fatto un elenco che pare copiato direttamente da Libero. Per gli esperti americani Berlusconi e soci sono impossibilitati ad agire con efficacia a favore dello sviluppo economico dalle istituzioni politiche italiane, dagli incombenti monopoli, dai lavoratori pubblici e dai sindacati. A proposito, il rapporto  cita anche qualche esempio.    Il fallimento per colpa della Cgil della trattativa per cedere l'Alitalia alla compagnia aerea francese e le resistenze alla liberalizzazione dei servizi e delle professioni.  Oltre alle barriere che impediscono gli investimenti stranieri. In pratica, pur declassando il nostro debito, S&P non boccia il governo, ma l'opposizione. Sono Bersani e compagni infatti che hanno sfilato insieme con la Cgil nel giorno dello sciopero. Loro che si oppongono a qualsiasi modifica dello statuto dei lavoratori. Sempre loro (in questo caso spalleggiati dalla Lega) che impediscono una riforma delle pensioni scontata e attesa da anni.  Standard & Poor's dice che i Btp e i Cct italiani sono un po' meno sicuri di prima (e dunque il Tesoro deve alzare i rendimenti  in quanto aumentando il rischio deve aumentare anche la remunerazione del capitale investito) non perché al governo c'è il Cavaliere, ma in quanto l'Italia è un paese ingessato che non vuole o non riesce a cambiare. I critici obietteranno:  che il nostro paese si muova con le stampelle non è una novità, perché dunque questi cerberi di americani se ne accorgono ora? Forse ad attirarne l'attenzione sono stati i festini del  Cavaliere? No. Al massimo i bunga bunga hanno attirato la morbosità dei giornalisti, ma agli analisti finanziari interessano più i dati di chi l'ha data.  Ed è proprio qui il problema: nonostante gli indici non promettano nulla di buono, sindacati, sinistra e poteri forti si sono chiusi a catenaccio contro ogni cambiamento.  La bufera economica sta scuotendo il mondo, ma loro sono imperturbabili nel difendere il loro piccolo mondo antico, fatto di privilegi, sussidi e sprechi.  Al Pd, alla Cgil e a chi è vissuto incassando il sostegno dello Stato non importa nulla che questo paese rischi di andare a ramengo. Interessa solo di non perdere il potere acquisito, condannando l'intero paese alla bancarotta. È questo che dicono gli americani, i quali sono assai più pragmatici di quanto si pensi. Come Berlusconi paga le ragazze di cui si circonda a loro importa un fico secco. Son più interessati  a sapere se l'Italia fra un anno sarà ancora in grado di pagare gli interessi sui titoli di Stato che ha emesso. Dunque il Cavaliere invece di criticarli, visto che dicono le stesse cose che lui ripete da anni, a questi super esperti dovrebbe dare  un premio.  E magari, qualche volta, provare anche a seguirne i consigli. 

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