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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
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I giovani industriali hanno invitato i politici a girare al largo da Capri, dove fra qualche settimana si svolgerà l'annuale convegno dei pulcini di Confidustria. Per il governo è il terzo schiaffo, dopo il discorso di Emma Marcegaglia e i fischi ad Altero Matteoli all'assemblea dei costruttori. Dire che gli imprenditori sono incavolati, a questo punto è un eufemismo. E, come abbiamo scritto ieri, qualche ragione ce l'hanno. Le riforme che il centrodestra aveva promesso in campagna elettorale sono rimaste promesse e basta. A cominciare dalla riduzione delle tasse per finire al processo civile. Sulle imposte c'è la giustificazione che l'economia va male e alleggerirle non si può. Ma sui giudizi non ci sono scuse di alcun tipo, se non quella di essersi distratti con altre faccende. Non saremo dunque noi a dire che gli imprenditori fanno male a protestare e a chiedere al governo di mantenere gli impegni. Però, se da un lato non possiamo dar loro torto, dobbiamo anche ricordare che prima  di reclamare il rispetto della parola data,  chiedendo rigore  e maggior serietà, sarebbe il caso di tornare a fare gli imprenditori e non soltanto i prenditori. Molti industriali infatti sono bravi a lamentarsi dello Stato spendaccione e inefficiente, ma poi contribuiscono a farlo spendere di più e a ridurne l'efficienza incassando miliardi sotto forma di sussidi. Comodo rischiare il capitale se è pubblico e non proprio. Ovviamente non alludiamo solo al caso Fiat, che ormai è storia e può essere studiato a scuola. Ci riferiamo ai mille rivoli che per vie traverse arrivano alle imprese, non sempre, anzi quasi mai, per creare un'economia sana, che dà nuovi posti di lavoro e produce ricchezza. Per rendersi conto del fiume di denaro che dalle casse dello Stato passa in quelle private, basta leggersi un libro appena uscito per Chiarelettere. Marco Cobianchi, giornalista di Panorama, ha ricostruito finanziamenti a fondo perduto, sconti a tassi da beneficenza e semplicemente soldi buttati che anno dopo anno giungono ad aziende note e meno note. Alcune delle quali addirittura riconducibili alla mafia. Che bisogno c'è di regalare quattrini ai campi di golf in Sicilia? E a cosa servono i fondi concessi agli alberghi di lusso? Domande senza risposta. O, meglio: la risposta esiste. C'è chi ha trovato il sistema per fare l'imprenditore con i soldi degli altri. Vale a dire con i nostri. È giusto criticare la politica e chiedere agli onorevoli di tagliarsi lo stipendio e le prebende. Ma le forbici bisogna usarle anche per gli aiuti a pioggia che generosamente la politica distribuisce ad amici e clienti. Qualcuno vuole aprire un'impresa? Bene, si accomodi, ma non con i soldi pubblici. Al massimo si può concedere un aiuto per avviarsi, ma il rubinetto poi va chiuso. Da noi invece si sta ancora finanziando lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, una fabbrica che pur avendo bruciato montagne di miliardi non è ancora in grado di camminare con le proprie gambe. Avessimo pagato i dipendenti per restare a casa, avremmo risparmiato. Che il risanamento del Paese debba partire dal contenimento della spesa pubblica e dunque anche dalla fine di aiuti e aiutini è cosa pacifica. Ce lo hanno detto tutti, dal Fondo Monetario alla Bce, passando per  Standard & Poor's. Ma la sinistra e i sinistrati, in questa nazione, da quell'orecchio non ci sentono. Preferiscono pensare che la colpa di tutti i mali sia di Berlusconi e dei suoi bunga bunga. Quando il governatore della Banca europea scrisse al governo sospettarono chissà quale mistero. Ora che la lettera è stata rivelata e dice quello che noi sosteniamo da anni, immaginiamo le reazioni. Anziché aderire all'invito di alzare l'età pensionabile, abolire l'articolo diciotto e ridurre le spese del pubblico impiego, continueranno a ripetere che il Cavaliere se ne deve andare. Ormai sono un disco rotto. Purtroppo gli italiani non si sono ancora rotti. Ma di questo passo non c'è da disperare. Prima o poi è facile che si infurino con fannulloni e chiacchieroni e li mandino tutti a quel paese. Così, finalmente, ci sarà chi potrà occuparsi di cose serie, come, ad esempio, amministrare questo Stato. Speriamo. di Maurizio Belpietro

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