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Il Profumo di frode fiscale Indagato il banchiere rosso

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Il Tribunale di Milano ha sequestrato 245 milioni a Unicredit: sarebbe il profitto di una colossale truffa orchestrata tra il 2007 e il 2008

Andrea Tempestini
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Il Tribunale di Milano, riporta il sito del Corriere della Sera, ha sequestrato 245 milioni di euro a Unicredit con un provvedimento che, creando un precedente in Italia, li quantifica come profitto di una colossale frode fiscale che nel 2007 e 2008 l'istituto al tempo guidato da Alessandro Profumo, indagato, è accusato di aver attuato attraverso una complessa operazione proposta dalla banca inglese Barclays, secondo istituto al mondo per capitalizzazione. La truffa - Grossi, grossissimi guai insomma per il banchiere rosso, per quel Profumo da sempre vicino alla sinistra, così vicino da esternare la sua disponibilità a scendere in campo con il Partito Democratico. Secondo quanto si è appreso dalla Procura di Milano, e stando agli esiti della perquisizione effettuata il 12 giugno 2009 presso i server informatici di Unicredit, la truffa sarebbe staa finalizzata a far credere che Unicredit stesse investendo in un contratto di "pronti contro termine" su "strumenti partecipativi di capitale". Invece, con Barclays, tutto sarebbe stato costruito e concordato a tavolino in partenza affinché l'istituto di Piazza Cordusio in realtà facesse un investimento in un deposito interbancario presso l'istituto inglese. Questa discrepanza è fondamentale, perché mentre Unicredit avrebbe dovuto pagare le tasse sul 100% degli interessi del deposito interbancario, in base alla normativa fiscale italiana, grazie all'escamotage, ha potuto pagare soltanto il 5% sui dividenti dell'apparennte operazione "pronti contro termine", perché per legge essi sono deducibili al 95 per cento. Il danno all'erario - E proprio il trucchetto dei dividendi, che in verità erano interessi, secondo l'indagine del procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha generato a beneficio dell'istituto di Profumo un mostruoso e illecito risparmio di imposte Ires e Irap. Il danno per il fisco italiano è impressionante: sarebbero stati sottratti 745 milioni di euro di imponibile nelle dichiarazioni relative al 2007 e al 2008 di Unicredit Corporate Banking Spa e Unicredit Banca Spa, e in quelle del 2008 di Unicredit Banca di Roma Spa. Luigi Varanelli, il giudice per le indagini preliminari, accogliendo la richiesta della Procura ha calcolato in 245 milioni di euro il profitto per Unicredit, una cifra che corrisponde al danno per l'Erario: ai fini di confisca ne ha così autorizzato il sequestro preventivo, eseguito in Bankitalia sul conto di corrispondenza dell'istituto che fu presieduto da Profumo. La banca - al pari di molte altre e delle assicurazioni italiane che utilizzarono i pacchetti che venivano proposti sia da Barclays sia da Deutsche Bank, e che ora potrebbero essere passibili di analoghe ripercussioni se l'inedito provvedimento di prelievo dovesse protrarsi fino al definitivo ricorso al Tribunale del Riesame - prospetta l'irrilevanza penale e sostiene la liceità tributaria delle operazioni finite nel mirino, che vengono inquadrate nella categoria denominata "ottimizzazione fiscale" in arbitraggi tra giurisdizioni differenti, a caccia insomma dello scalino fiscale più conveniente nei diversi Stati coinvolti. Gli indagati - Come detto tra gli indagati per la maxi-frode figura il banchiere rosso Alessandro Profumo, che all'epoca dei fatti era l'amministratore delegato di Piazza Cordusio. L'ipotesi di reato che lo riguarda è "dichiarazione fiscale fraudolenta mediante altri artifici", che prevede una pena da 18 mesi a 6 anni di carcere, per aver dato il via libera con la propria firma alle richieste di approvazione dell'intricata operazione. Nell'inchiesta ci sono altri 16 indagati, tra i quali gli allora responsabili in Unicredit Spa dell'area Finanza, Luciano Tuzzi, dell'area Affari fiscali, Patrizio Braccioni, e della Direzione Programmazione-finanza-amministrazione, Ranieri De Marchis. Ci sono infine anche tre indagati che appartegono a Barclays, la banca inglese coinvolta: tra questi figura anche Rupack Chandra, vicepresidente dell'area Finanza strutturata. La replica - Unicredit è "molto sorpresa per questa iniziativa, che non cambia la convinzione della banca circa la correttezza del proprio operato e di quello dei propri dipendenti". Così un portavoce dell'istituto ha commentato l'inchiesta sulla presunta frode fiscale che coinvolge anche l'ex amministratore delegato Alessandro Profumo e il sequestro di 245 milioni di euro da parte del Tribunale di Milano.

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