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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Caro direttore, sono un fedele lettore di «Libero» e quasi sempre condivido i suoi editoriali, sia quando fustiga la sinistra sia quando non lesina critiche al centrodestra. Da qualche giorno però mi capita di non essere d'accordo: non mi piacciono, per intenderci, le critiche preventive al nuovo governo. Ancora non si erano presentati e lei già sparava contro i ministri. Le rammento che il pregiudizio non è mai una buona cosa. Pietro Berardi Caro lettore, se Libero fosse pregiudizialmente contro Mario Monti e i suoi collaboratori, lei avrebbe ragione a tirarci le orecchie, ma si dà il caso che il nostro giornale a priori non abbia nulla contro l'ex rettore della Bocconi e tanto meno contro i tecnici che compongono il nuovo governo. Anzi. Di alcuni di loro, per quanto  mi riguarda, mi posso definire se non amico almeno estimatore. Il nuovo presidente del Consiglio ho avuto modo di incontrarlo in occasioni ufficiali, come dibattiti e convegni universitari, ma anche cene. Ne ricordo una che credo risalga ad almeno tredici anni fa e, guarda caso, si svolse a Macherio, nella residenza di quello che all'epoca era il capo dell'opposizione. Non so se Monti fosse ancora commissario europeo: a naso direi di sì. Sta di fatto che era estate e nell'aria giravano delle zanzare così grandi che parevano elicotteri.  Mentre io e le signore davamo segno di non resistere, due soli si mostravano imperturbabili al salasso: il primo era Berlusconi, il secondo Monti. Ripensandoci, forse la sopportazione dei fastidiosi insetti è una delle prove in cui si manifesta l'attitudine a guidare un Paese. È sicuro che già allora Monti dimostrava una certa  tempra: ad esempio non gli scappò neppure un sorriso quando il Cavaliere raccontò di avere pronta la mossa a sorpresa per vincere le elezioni: i cori di Forza Italia. Mentre noi alzavamo gli occhi al cielo, l'attuale presidente del Consiglio non mosse un muscolo. Rimase imperturbabile, dando prova di straordinario autocontrollo. Come si fa dunque a non stimare un tipo così, che anche nei momenti più comici sa rimanere serio? Pure Corrado Passera lo conosco bene: dibattiti (uno anche in Bocconi, alla presenza di Monti), convegni, pranzi. Lui a casa di Berlusconi non l'ho mai visto, ma si dà il caso che fin dai tempi della Mondadori, quando cioè il nuovo ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture lavorava per conto di Carlo De Benedetti, tra il banchiere e il presidente del Consiglio non corresse buon sangue. Non che si detestassero: per niente, tanto è vero che sull'Alitalia hanno anche collaborato. Diciamo però che appartengono a mondi diversi.  Che poi io non abbia pregiudizi nei suoi confronti né lui nei miei, lo dimostra il fatto che alcuni anni fa, quando a Palazzo Chigi governava Prodi, Passera mi concesse la sua prima intervista. Sembrava il preannuncio di una discesa in campo, una specie di programma di cose da fare per rilanciare l'Italia. La conversazione non era tenera con il governo di centrosinistra e dimostrava che il pallino di cambiare mestiere già lo aveva in testa. Potrei continuare citando anche altri nomi fra i tecnici che da mercoledì compongono il governo, ma non vorrei compilare l'elenco del telefono. Ho fatto riferimento a Monti e Passera perché sono i due esponenti del nuovo esecutivo su cui di più pesa la responsabilità di rispettare il mandato loro affidato. Come ha spiegato il nuovo premier, il governo ha una missione chiara ed è di fare quelle riforme necessarie a far crescere il Paese. Il compito è difficile e, per quanto Monti sia un economista e Passera un banchiere, tirar fuori l'Italia dalle secche non è facile. Soprattutto se non si dispone di un'investitura elettorale ma si deve usare i voti degli altri. I quali, ovviamente, li presteranno fino che a loro conviene o vi sono costretti dalla situazione, cioè quando non avranno la pistola dei mercati puntata alla tempia. È questa fragilità che ha lasciato me e i colleghi di Libero scettici sulla durata e sul successo dell'operazione. Non solo: da subito abbiamo segnalato che tra i ministri che compongono il nuovo gabinetto ve ne sono molti di chiara tendenza sinistra, tra questi ad esempio il ministro della Salute che risulta aver ispirato i Dico, cioè quella specie di contratto matrimoniale tra persone dello stesso sesso. C'è il rischio che alcuni fra loro sentano il richiamo della foresta, in particolare sul tema delle pensioni e del mercato del lavoro e in tal caso c'è il pericolo di dover dire addio alle modifiche richieste dall'Europa per modernizzare il nostro Paese. In sostanza, caro Berardi, noi non abbiamo nulla contro il nuovo governo. Se farà bene e terrà fede agli impegni  anzi lo segnaleremo. Nel caso applicasse alla lettera le richieste della Bce, non avremmo problemi a riconoscere che ha operato da vero esecutivo liberale, facendo ciò che neppure i predecessori sono riusciti a realizzare. Ma se strizzerà l'occhio alla sinistra e ai sindacati, limitandosi a tosare i contribuenti, come spesso in questo Paese è accaduto con il consenso della buona stampa e dei poteri forti, lo denunceremo.  Nelle prime mosse, come abbiamo scritto, abbiamo visto finora solo le tasse e un certo numero di promesse. Un modo furbo di presentarsi senza disturbare il can che dorme dei sindacati. Speriamo che arrivi presto il resto. Diversamente saremo qui a raccontarlo.          di Maurizio Belpietro

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