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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Il lettore Alberto Conti si lamenta e mi invita a cambiare tiro. «Lei si è messo decisamente contro Monti e  secondo me non va bene».  Il perché è spiegato in una riga: «Si poteva fare meglio, ma l'attuale governo è l'ultima spiaggia». Non so se siano in molti a pensarla come il nostro Conti: di lettere di dissenso rispetto alla linea di Libero non ne ho ricevute altre. Immaginando però che ci sia una quota di persone che pur non scrivendo la pensa alla stessa maniera, ho deciso di rispondere. Premetto: io non ce l'ho con il presidente del Consiglio né con i ministri. L'ex rettore della Bocconi lo conosco e stimo, altrettanto potrei dire di diversi dei suoi  principali collaboratori. Né li rimprovero di aver preso il posto di Silvio Berlusconi: non sono un orfano del Cavaliere. Pur avendo creduto nella sua promessa di modernizzare il Paese, so che ogni stagione ha un  termine.  Certo mi ha stupito come si è arrivati alla nascita di questo governo, senza cioè passare per un'elezione. Ma se la nomina servisse a rimettere in sesto il Paese digerirei anche questo. Il problema è che io non penso serva. Mi spiego:  se la medicina fosse amara ma debellasse la malattia, io non esiterei un istante a tracannarla. Ma ahimé temo che la cura rischi di far crepare il paziente. Perfino quotidiani progressisti che fin dal primo giorno hanno tessuto le lodi del premier e cantato le sue doti taumaturgiche ora cominciano a vacillare. Prendete ad esempio la Repubblica di ieri. Sotto al titolo  da ufficio di propaganda  («Fisco, la caccia agli evasori. Via ai controlli su 15 milioni di italiani»), la testata diretta da Ezio Mauro segnalava in prima pagina che senza crescita l'Italia rischia cinque punti di Pil. Ancor più esplicita la pagina interna. «Fmi: effetti shock dai piani di austerità. In Italia a rischio 5 punti di Pil in tre anni».  Ma se qualcuno non avesse capito che effetto produrrà la manovra Monti sulla nostra già provata economia, ecco di fianco un titolo dedicato ai Paesi che si sono sottoposti alla terapia prima di noi. «Più tasse e tagli a pensioni e stipendi: così si è fermata la crescita dei Pigs (cioè Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, nda)». Tutto ciò supportato da uno studio degli economisti della Voce.info, cioè il trust di cervelli liberal che tanto piace a Repubblica. Ma  cosa succederebbe in pratica se il Prodotto interno lordo calasse di cinque punti in tre anni? Semplice. La disoccupazione aumenterebbe perché le aziende che non producono chiudono, le entrate diminuirebbero per effetto della mancata produzione, il debito pubblico salirebbe e noi tutti ci troveremmo peggio di prima. Siamo al punto che ieri un banchiere mi ha confidato che brinderebbe a champagne, anzi a spumante visto il momento, se con questa manovra il Pil si assestasse a meno 1,6, come dice il ministro dello Sviluppo Corrado Passera. Ha capito caro Conti? Non ce l'ho con Monti perché mi sta sui cosiddetti e neppure mi auguro che fallisca. Al contrario mi auguro che rinsavisca e decida di cambiare cura perché questa non soltanto non dà giovamento, ma peggiora la situazione. Lei dirà: ma che si può fare più di quel che ha fatto Monti? Tassate la prima casa, la benzina e le sigarette non resta molto altro. Ma è proprio questo il punto. Il presidente del Consiglio dovrebbe rinunciare ad aumentare le imposte, perché l'aumento della pressione fiscale nuoce alla crescita. E al tempo stesso dovrebbe iniziare a tagliare. Le spese delle autorità regionali e locali, quella degli enti, delle municipalizzate. Soprattutto dovrebbe intervenire sulla pubblica amministrazione, bloccando il turn over, cioè la sostituzione di chi va in pensione, e aumentando l'efficienza. Il governo invece che fa? Nonostante ci sia la crisi e lo Stato - come ha ammesso lo stesso Monti durante Porta a Porta - abbia rischiato di non pagare gli stipendi ai suoi dipendenti, continua ad assumere. È di ieri la notizia che il ministero dell'Istruzione sta preparando un concorso per 12.500   insegnanti. E se ci si informa, come hanno fatto i nostri cronisti, si scopre che dalle università meridionali alla Banca d'Italia è un fiorire di bandi per nuovi professori e impiegati. Nonostante abbia al suo servizio poco meno di 3 milioni e mezzo di persone (il lieve calo è dovuto al Berlusconi quater), la pubblica amministrazione si prepara ad assumerne altre. Insomma, con una mano Monti ci tassa, con l'altra spende. Altro che rigore. Qui l'unico rigore che ci può assicurare il professore è il rigor mortis della nostra economia.   

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