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paoli cronaca fli

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paoli cronaca fli

Andrea Tempestini
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Di Futuro e libertà si può fare a meno. Di Pier Ferdinando Casini ancora no. Per quanto possa apparire sorprendente, la lista delle priorità di Gianfranco Fini che esce dalla kermesse di Pietrasanta questa è. Ed è indice della confusione che regna sotto il cielo futurista. Dove infatti ormai si va d'accordo solo sui fondamentali: «Con il Pdl mai più» («Spiegalo a Bocchino», urla però un solitario contestatore dal fondo della sala del teatro Comunale). Del resto, bisogna discutere. A partire dal modo in cui stare all'interno del terzo polo. Il fedelissimo Carmelo Briguglio sostiene che nella foto scattata a Palazzo Chigi da Pier Ferdinando Casini «non ci siamo tutti» e la pancia di Fli, malissimo disposta nei confronti del leader dell'Udc che qua e là (come a Palermo) flirta col Pdl, applaude a scena aperta.  A costoro, però, «occorre dare una vera linea politica», come sibila Barbara Contini all'eurodeputato Potito Salatto. E in effetti, a leggere tra le righe il «possiamo cambiare l'Italia ma non possiamo farlo da soli» di Fini, la sensazione è che Fli a tenersi stretto Pier abbia interesse. E  allora la convenzione nazionale di Futuro e Libertà rischia di trasformarsi per Fini  nell'inizio di un rompicapo e non nella bandiera a scacchi per le amministrative. Al punto che, più d'uno anche fra i big, inizia a sospettare che il presidente della Camera, se sarà necessario, è pronto a sciogliere Fli, come ha fatto con Alleanza nazionale. Per una ragione molto semplice. Essendo Fini irresistibilmente attratto dal maggioritario, e visto che il terzo polo deve ancora nascere, e bene aver chiaro che quanto verrà fuori «non si può definire di centro». Applauso moscio, più di cortesia che per convinzione. Perché «non si può definire di centrò la nuova aggregazione», spiega il leader Fli, che «sarà centrale ma non centrista. Avrà una cospicua componente del centro cattolico, ma sarà un'aggregazione delle culture liberale, socialista, nazionale». Insomma un accroccchio senza troppe bandiere, ma con una sola idea. E Fli rischia di essere di troppo così com'è. Difficile da credere? Difficile pensare che Fini stia pensando alla terza uscita da casa? Difficile forse, verosimile certamente. Com'è altrettanto verosimile il dato di fondo emerso da questa convenzione nazionale. Futuro e Libertà, al di là di una ragione sociale appena appena spendibile, non ha peso specifico dal punto di vista politico tale da mettere Fini in condizione di dire a Casini: non sei più l'azionista di maggioranza del terzo polo ma solo l'amministraotre delegato. E per tenere buona la base, allora è meglio restare sul vago: «Le amministrative saranno importanti, ma non decisive» dice Fini sapendo che i sondaggi danno Fli a livelli di analisi del sangue, «sarà il trionfo delle liste locali e delle aggregazioni civiche, il trionfo della credibilità dei candidati sindaci». Ecco, appunto Fli è tagliata fuori. E allora non resta che attaccare a testa bassa il Pdl e la Lega, vero collante di questa base senza linea politica.  «Il Pdl è al momento senza bussola, ma ha capito che non basta più il cesarismo, il leaderismo assoluto, il carisma», dice Fini, in quanto alla Lega in versione solo  opposizione «sarà sempre più una Lega radicale che ostenta una diversità solo presunta perché, in quanto a malaffare, non è diversa da altri». E Giù altri applausi. Il resto del copione è tutto da copione. Dal commissario per la Rai, da fare subito nonostante il tatticismo di Casini, alla legge elettorale con il ritorno alle preferenze, passando per la cittadinanza agli immigrati e ai diritti civili a tutti, ma proprio tutti, finendo con le ricette economiche per uscire dalla crisi. Insomma, il solito rosario di buone intenzioni, roba da libro Cuore, ma senza Garrone però. Meno scontato, ma non per questo più esaltante, il capitolo relativo al governo, segno che gli occhi puntati sul premier Mario Monti sono trasversali. «Dobbiamo continuare in un'azione di sostegno convinto per dare efficacia ai provvedimenti che il governo ha preso riportando concretezza dopo mesi e mesi di sbornie collettive», dice Fini, «al di là delle riforme che, in alcuni casi, possono essere giudicate frutto di compromessi, timide, il governo ha il merito di aver indicato una strada univoca, quella della concretezza». A proposito di sbornie. L'ubriacatura per la platea arriva quando Fini, senza mezzi termini , dice che Berlusconi e il berlusconismo è finito che  a decretarne il “The end” è stato lui, Fini,  con il dito alzato. Ma è davvero sicuro? Oppure, come lui stesso ha ammesso dal palco, sarà la storia a dire chi ha torto e chi ha ragione ? Di sicuro c'è  che nessuno vuole più guardare nello «specchietto retrovisore». A volte, però, a far così si finisce fuori strada. di Enrico Paoli

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