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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Mentre gli occhi di tutti sono concentrati sulla riforma del mercato del lavoro, un'altra e ben più dannosa riforma sta per essere varata dal governo. In tv e sui giornali se ne parla poco, anzi quasi per nulla, ma il progetto di revisione degli estimi e di istituzione di un sistema misto di catasto reddituale e patrimoniale rischia di costare agli italiani assai più di quanto toccherà il loro portafogli la modifica dell'articolo 18. Il cambiamento del sistema di imposizione sulla casa potrebbe infatti rivelarsi una botta capace di tramortire gran parte dei contribuenti e le rassicurazioni distribuite dai ministri per tranquillizzare i tartassati non tranquillizzano affatto. Del resto, che il provvedimento in discussione nella giornata odierna possa essere a somma zero, cioè a costi invariati per le famiglie, non crede nessuno. Certo non gli esperti del Sole 24 Ore, che nell'edizione domenicale, hanno definito l'aspettativa una pia illusione. «Oggi i valori catastali non hanno nulla a che fare con quelli di mercato e quindi il risultato della riforma sarà che tutti pagheranno in relazione al reale valore e al reale reddito dei propri immobili, senza le attuali distorsioni. Ma è probabile che tutti, o quasi tutti, pagheranno di più». In pratica, avere una casa rischia di essere un'aggravante, una colpa da scontare rinunciando a una quota del proprio reddito, guadagni per altro che non sono esentasse, ma sui quali è già stato corrisposto il dovuto in termini di imposte. Già, perché Monti non si appresta a rivedere gli estimi catastali, in modo che i valori siano adeguati a quelli di mercato, ma vuol mettere mano anche al sistema, recuperando almeno in parte una vecchia idea di Vincenzo Visco, il Dracula fiscale della sinistra, il quale provò a introdurre un catasto patrimoniale già nel passato ma per fortuna fu fermato in tempo. Ora, con la scusa della crisi e con il bisogno di fare cassa, ci riprova l'ex rettore della Bocconi, probabilmente con il sostegno di alcuni partiti, a cominciare dal Pd che così spera di addolcire le reazioni degli iscritti per la faccenda dell'articolo 18. Nella sostanza si tratterebbe di tassare il valore di un immobile invece della rendita, introducendo una patrimoniale su appartamenti e case. Già ora, per la verità, gli italiani pagano l'imposta patrimoniale sugli immobili. L'Ici prima e l'Imu poi nei fatti non sono altro che una tassa sul valore che però si chiama fintamente rendita, la quale si paga anche se la rendita non c'è, ovvero se l'abitazione non è affittata e dunque non si percepisce una pigione. Che sia sfitta oppure occupata al Fisco interessa poco: all'Agenzia delle Entrate basta incassare. Semmai gli ispettori delle Finanze busseranno a quattrini quando ci sarà da pagare l'Irpef sui redditi e dunque anche sui canoni di locazione. Tuttavia se passerà la riforma che hanno in mente i tecnici, avere un appartamento costerà di più, perché i valori saranno aggiornati: insomma, sulle nostre case pagheremo nuove tasse dopo averne già pagate molte all'atto dell'acquisto. Qualcuno potrà obiettare che i provvedimenti colpiranno gente ricca o per lo meno benestante, che si può permettere di possedere immobili. In realtà la casa non è un lusso di pochi, ma il piccolo patrimonio di molti, non a caso le statistiche parlano di più dell'80 per cento degli italiani proprietari dell'alloggio in cui vivono. Ma neanche chi di case ne possiede due è da considerarsi un Paperone. Secondo uno studio pubblicato sulla Voce.info, il sito su cui scrivono molti bocconiani, un quarto delle famiglie italiane è proprietario di un'abitazione oltre a quella principale. Tutte seconde case al mare e in montagna? Niente affatto. Probabilmente si tratta di appartamenti ereditati, oppure della casa da cui si è emigrati per trovare un lavoro. Non a caso il 16,5 per cento di questi immobili è detenuto da persone con fasce di reddito tra le più basse: tutti evasori? Oppure gente che ha una modesta dimora al paesello? E su questa il governo conta di ricavare un nuovo gettito? Anche se sono sfitte e appena abitabili? Insomma, il rischio che la riforma degli estimi e del catasto si trasformi in un pesante salasso è assai concreto nonostante le parole tranquillizzanti del governo. Né possono rincuorare le promesse di rivedere le imposte sui trasferimenti. Pagare meno di quanto si versa oggi al momento dell'acquisto di un appartamento è una magra consolazione. Chi ha una casa di questi tempi fa fatica a mantenerla e di certo, con le tasse in arrivo, non pensa a comprarsene un'altra. Risultato: le rassicurazioni dei ministri più che un conforto appaiono una presa in giro.  di Maurizio Belpietro [email protected]

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