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Selvaggia Rinascente vende le sue commesse Che orrore il badge con la scritta ammiccante

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Le dipendenti costrette a indossare la targhetta con la scritta "Averla è facile" e "tvtb". Scoppia la rivolta: "Non siamo merce da comprare"

Giulio Bucchi
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«Averla è facile. Chiedimi come». No, non è una battuta pecoreccia dell'ultimo cinepanettone. È la scritta, sul badge appuntato sul petto delle commesse della Rinascente. Badge che è la perfetta riproduzione di quella Rinascentecard, che sarebbe poi il prodotto in promozione e a cui fa riferimento l'aulico slogan. L'azienda vuole anche obbligare le dipendenti a indossare tacchi alti e minigonne nei “giorni delle coccole”, quelli in cui  le commesse dovranno essere particolarmente carine con i clienti, dando consigli estetici e di stile. Capelli raccolti, foulard viola e sul petto un badge fucsia con scritto ”tvtb”.  La contestazione - La buona notizia è che le commesse  del punto vendita di Firenze si sono ribellate. Pare che qualche cliente malizioso, di quelli che proprio vogliono vedere il doppio senso anche dove non c'è, abbia fatto qualche battutaccia al cui confronto Ceccherini è una madre badessa e che alcune commesse abbiano deciso di togliersi la spilla, contestando il cattivo gusto dello slogan e le fastidiose conseguenze.  Vi dico la verità. Inizialmente ho avuto la tentazione di archiviare questa storia con un pensiero banale (vabbè, solito escamotage ammiccante e sessista per accalappiarsi un cliente in più), ma poi ho riflettuto più attentamente e sono giunta alla conclusione che no, non è affatto episodio banale. E per una serie di motivi. Intanto stiamo parlando della Rinascente, mica della ditta di caldaie di Milazzo che piazza una tizia in mutande su un manifesto con tanto di scritta «Montami a costo zero».  Stiamo parlando di un grande magazzino di fascia alta e con marchi di lusso, non del Carnevale dell'acrilico. Un grande magazzino in cui negli anni '50 le commesse si muovevano in un ambiente distinto, con le divise disegnate da Schiaparelli e il parrucchiere una volta la settimana. In cui le ragazze che lavoravano lì venivano formate con corsi di italiano, di storia, matematica, dattilografia e moda e rappresentavano una vera e propria categoria di lavoratrici: le chiamavano le «rinascentine». Le nuove rinascentine - Oggi, alle moderne rinascentine, chiedono di portare stampata sul petto una frasetta che non è solo sessista e volgarmente ammiccante, ma è anche e soprattutto uno slogan brutto, rozzo, inelegante. E non parlerei manco di giochino basato sul doppiosenso perché qui il senso è unico e non fraintendibile: quello della volgarità. Tu, maschio, mi passi davanti, mi noti perché sono caruccia, ho la gonna corta, il trucco impeccabile e un alone di profumo dolciastro intorno e mentre sei già lì che fatichi ad imbrigliare l'ormone, noti che sulla mia tetta destra campeggia la sobria scritta: «Averla è facile. Chiedimi come». Tu, maschio, a quel punto, la prima cosa a cui pensi, dopo l'Imu e il rinnovo polizza auto,  è la Rinascentecard, ovviamente. E se a qualcuno viene in mente il sesso è perchè c'è gente perversa in giro. C'è gente che vedrebbe un richiamo sessuale anche nei balletti di Belen ad Amici, figuriamoci. Gente malata. E qui entrano in gioco i creativi, che poi sono l'altro elemento interessante della faccenda. Chi è quel copywriter che nel 2012 può partorire un'idea tanto malsana pensando di rimanere impunito? Ma c'ha guardate bene, a noi femmine, il copywriter in questione o vive murato in agenzia tra brief e braistorming? Davvero era convinto che in un mondo di donne che lavorano, guadagnano, governano, sgomitano   non sarebbe capitata la commessa che non ci sta a fare il manichino scemo, la bambolina che strizza l'occhio, il sexy-specchietto per gli allocchi? E soprattutto.  La crisi del buongusto - Non vorrei eleggere a caso emblematico delle crisi della creatività nel mondo pubblicitario questo episodio specifico, ma della crisi del buongusto un po' sì. Perché di emblematico c'è il fatto che in termini di comunicazione la Rinascente abbia un passato glorioso. “La Rinascente” è un nome che scelse mica Fabri Fibra. Lo scelse  Gabriele D'Annunzio. E le prime campagne pubblicitarie le affidarono a Marcello Dudovich, quel raffinato pittore che creò i celebri manifesti per Campari e Pirelli. Una vetrina de La Rinascente affidata a Bruno Munari fu per molto tempo esposta al Moma di New York.  Oggi, dubito che il badge «Averla è facile. Chiedimi come», finirà al Guggenheim. E intendiamoci, non è che la spilletta becera sia un caso isolato. Potrei lanciare petizioni per l'abolizione di tutte le pubblicità di gelati in cui la signorina di turno non mangia il cremino come tutte noi altre cristiane, ovvero spargendo pezzi di cioccolata dal mento in giù e imbrattando il divano, ma risucchiando voluttuosamente lo stecco cremoso tanto per evocare altri nobili immagini:  l'idrovora per lo spurgo dei pozzi neri, naturalmente. Una medaglia al valore - Chiuderei questa storia spendendo due parole su quella commessa, la prima, la sovversiva del reparto profumeria destinata a rimanere senza nome, che s'è sfilata il badge e ha dato inizio alla rivoluzione.  A nome di tutte le donne, grazie. Fossi il presidente Napolitano, tolta quella spilletta scema, ti appunterei sul petto una medaglia al valore civile e militare. Nel frattempo io vado ad appuntare una spilletta sul petto del creativo che l'ha ideata. C'è scritto: «Avere un'idea non becera e sessista per una campagna non è facile. Chiedete come a una donna, io copro solo il target maschio medio/fesso». di Selvaggia Lucarelli

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