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Esercito, gli Allievi Marescialli e il "mantenimento della capacità operativa"

Marco Petrelli
Marco Petrelli

Nato a Terni 37 anni fa, viaggiatore per vocazione, è giornalista e fotoreporter. Nel corso della sua attività di "penna" si è occupato un po' di tutto, anche del Burlesque. Poi l'approdo al mondo militare narrato seguendo gli addestramenti in prima persona. Porterà sempre con sé il ricordo del reportage dal Libano, un Natale trascorso con i militari italiani della Missione UNIFIL. Ha due lauree in Storia, una Moto Guzzi ed una grande passione per la fotografia. Di recente ha pubblicato il suo primo libro "importante": I partigiani di Tito nella Resistenza Italiana (Mursia, 2020). È Ufficiale della Riserva Selezionata dell'Esercito Italiano.

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Lago di Vico, Viterbo, ore 18. La compagnia allievi marescialli del Capitano Stefanoni è schierata in una strada secondaria, asfalto alternato a strada bianca appena sotto la Cassia e non distante dalle sponde lacustri. 

Notte, silenzio, nebbia. Dopo alcuni mesi di stop imposti dalla pausa estiva e dalle normative Covid-19, gli allievi della Scuola Sottufficiali dell’Esercito Italiano riprendendo le attività. 

“Mantenimento della capacità operativa” la chiamano gli istruttori che ci tranqullizzano: 

 

“Una normale attività di orienteering”

 

Ma lo sappiamo, la Scuola Sottufficiali ha una idea di “normale” diversa dalla nostra… 

La compagnia è divisa in tre team che abbiamo chiamato Tango 1, Tango 2, Tango 3. 

Ciascun Tango conta 14 militari che si muovono scaglionati, venti minuti l’uno dall’altro. 

Ciascun allievo ha sulle spalle circa 20 chili di zaino, senza contare gilet tattico, armamento individuale (Beretta ARX) ed elmetto calato in testa. La pesa, prima della partenza, serve a sapere che tutti - senza distinzioni - abbiano lo stesso peso addosso. 

Assunta la formazione a riccio, Tango 1 riceve l’ordine di partenza: in pochi secondo lo vediamo scomparire nella nebbia. 

 

 

 

 

 

 

Vanno di corsa gli allievi, cosa che imparano sin dal primo anno per imparare a tenere i tempi, stretti, della vita che hanno scelto. Loro, sul campo, quella fase l’hanno passata ma il ritmo è rimasto e le aspettative, alte, dei loro istruttori anche. Gli allievi del XXIII Corso “Osare” dovranno infatti percorrere in circa un’ora una distanza di 8 chilometri, orientandosi con bussola e cartina. 

Il tratto iniziale sembra essere più semplice: pur malandato, il manto d’asfalto è illuminato qua e là da qualche luce che permette di orientarsi in un buio via via più fitto. 

Poi, come nelle migliori trame d’avventura, il bivio: dove andare? L’analisi della mappa e la bussola indicano di attraversare uno sterrato che, peraltro, parrebbe l’unica via davvero praticabile. L’asfalto è finito, intorno solo noccioleti. Unica via libera il tratturo. 

 

“E’ stata la parte più impegnativa, dove abbiamo dovuto metterci un po’ più alla prova sia per la poca visibilità sia per il terreno… non certo ideale!” spiegherà a fine attività un allievo. 

Non ideale perché davanti a loro restano tre chilometri decisamente… paludosi. Un ampio tratto di percorso è disseminato di larghe buche, subito riempite dalla pioggia pomeridiana e circondate dal fango. E in una marcia di orientamento può capitare di perdersi o di uscirne completamente bagnati, cosa non da poco: l’equipaggiamento, l’arma e lo stato di salute del singolo possono risentirne…

 

Il lontano rumore delle auto indica che il percorso è quasi terminato. Tango 1 consegue un buon risultato, completando la marcia in un’ora. Si schiera di nuovo a riccio e comunica posizione e raggiungimento del “traguardo”.

Tango 2 e Tango 3, partiti in ordine per secondo e terzo, li distanziano di 20’ e 40’. Non è una gara di velocità anche se la velocità ha un suo peso nell’esercizio per valutare, appunto, l’efficienza operativa. 

 

E’ ormai sera quando la compagnia risale sui mezzi per fare ritorno alla Scuola. 

Domani otto ore di lezioni universitarie (gli Allievi lasciano la Scuola con il grado di Maresciallo ed una laurea triennale in tasca), attività fisica, istruzione formale. Una giornata niente male che inizia alle 06.30

Stressante da immaginare, “normale” per loro. 

 

Al rientro ci scappa anche una battuta per il fotografo. Ogni compagnia ha il suo “soldato Joker”. Un buon modo per salutarsi. 

 

 

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