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Gaffe e stravaganze della "nuova chiesa"

L'ultima è il prete che benedice con lo spazzolone del bagno. E nessuno dice niente.

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Sulle elettrizzanti note di Gloria Gaynor si vede il prete che, dall’altare, lancia un rotolo di carta igienica e poi brandendo uno spazzolone del water asperge di acqua “benedetta” (?) i fedeli. Il rotolo passa a un altro prete con gli occhiali da sole che nel confessionale beve birra, poi salta tra le mani dell’organista e infine viene portato in processione fino all’altare da alcune chierichette. Non è un film dei Monty Python: tutto questo è successo veramente, ad opera del prete cattolico tedesco don Peter Leick che due giorni fa ha pubblicato il video ripreso in Italia da Gloria Tv.

La cosa ancor più affascinante è come nessuno abbia detto nulla, né dal mondo laico, dove il caso è stato accuratamente evitato dall’informazione mainstream, né tantomeno dalle gerarchie ecclesiastiche.

Eppure l’occasione è straordinaria dato che ci si trova di fronte a un vero UNICUM antropologico: fin dalla notte dei tempi, i riti religiosi compiuti dall’uomo sono stati celebrati nelle forme e nelle intenzioni più varie. Ve ne sono stati di ascetici, sacrificali, espiatori, iniziatici, persino cruenti e orgiastici …  ma MAI ridicoli o desacralizzanti.

In tutta la storia umana nessun sacerdote, di qualsiasi culto, anche il più esotico, ha mai OSATO mettere in ridicolo la divinità che adorava, né sminuire il valore sacrale della propria opera rituale.

Invece, il clero cattolico “turbomodernista” dell’era bergogliana ha regalato al mondo anche questa novità portando allo zenith una tendenza peraltro già seminata negli anni ’60 con il Concilio Vaticano II.

Durante l’emergenza Covid il fenomeno ha poi raggiunto un parossismo dai tratti sulfurei: preti che battezzano con pistole ad acqua (santa), altri che usano lo spruzzatore agricolo o che fanno gavettoni ai fedeli. Un prete ha celebrato la messa in piscina, su un altare galleggiante, con i fedeli a mollo. (Forse, per fare prima, aveva già benedetto tutta l’acqua della vasca?).

Da menzionare Don Pasquale Irolla, parroco di Piano di Sorrento che, durante la funzione, corre i cento metri nella chiesa vuota; don Roberto Fiscer a Genova che, a messa, anima cori da stadio; Padre Alessandro Cossu che canta i tormentoni dell’estate parodiandoli con testi cristiani e organizza coreografie durante la funzione.

Qualche giorno fa un prete sudamericano ha interrotto la celebrazione perché lo chiamava al telefono papa Francesco: come se il “vice” fosse più importante del “titolare”.

Inquietanti le performances di vescovi bergogliani come quello di Chieti, Bruno Forte, al quale, durante la processione, il Crocifisso si è capovolto nelle mani ruotando sul chiodo dei piedi, con un effetto atroce da film horror. Quello di Palermo, Corrado Lorefice, da parte sua, ha reinventato le parole dettate dalla Madonna di Fatima - evidentemente troppo politicamente scorrette - cambiandole da “preservaci dal fuoco dell’Inferno”  a “ preservaci dall’esilio eterno”. 

Del resto, lo stesso Bergoglio, nel giro di poche settimane, ha inanellato una serie di gaffe che hanno fatto il giro del mondo: dallo schiaffo alla cinese, al “non mordere” alla suora di colore, al whisky festeggiato come “vera acqua santa”, all’aver paventato l’inferno a un ragazzo autistico, fino alla semidistruzione del crocifisso 300esco lasciato sotto la pioggia durante la messa di Pasqua, e via così.

A parte gli ultimi due mesi, sono anni che la creatività liturgica, unita all’accoglientismo immigrazionista e ai pruriti delle lobby catto-gay,  regala perle come i preti vestiti da pagliacci o da uova di Pasqua, porchette arrostite in cattedrale, sfilate di moda e islamici che pregano Allah in chiesa,  funamboli durante la messa, e poi tanti preti-soubrette che, celebrano cantando con acute vocette   canzoni profane, dimenandosi e ancheggiando.

Insomma, una Coena Cypriani, un “carnevale dei folli” che si presta al dileggio social e lascia inorriditi molti fedeli portando alla luce non solo la mancanza di un’autorità  ecclesiastica intenzionata ad arginare  questi abusi, ma anche evidenziando un filo rosso che lega lo sperimentalismo liturgico (peraltro perfino incoraggiato dalle gerarchie), alle gaffe più ridicole, alle blasfemie involontarie e alle eresie volontarie.

Probabilmente si tratta solo di noia da parte di religiosi che hanno perso la fede e si trincerano dietro l’ipotesi che, desacralizzando il culto, si possa attirare più persone in chiesa. Una assurda illusione: se l’officiante è il primo a prendere il rito come una barzelletta, cosa ci si può aspettare dai fedeli?

Con lo sfaldamento della forma e della liturgia, si assiste a un conseguente sfaldamento del senso del sacro, del ridicolo e della dignità che impone il ruolo sacerdotale e il degrado arriva a spingersi fino alle soglie di quello che per i credenti è il più inaccettabile dei sacrilegi, da scomunica immediata.

Negli ultimi giorni, con l’Eucaristia ci hanno fatto di tutto: somministrata con le pinze, coi bicchieri di carta, consacrata nella bustina di plastica, confezionata a portar via, manipolata con l’uso imposto dei guanti in lattice, che un autorevole scienziato come Giulio Fanti ha appena dimostrato come disperda un’infinità di frammenti del Corpo di Cristo. Uno spettacolo da far pietà persino al presidente dell’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti.

Come diceva don Leonardo Maria Pompei: “Già è difficile credere che quel pezzo di pane si possa transustanziare nel Corpo di Gesù, cosa per la quale ci vuole un salto di fede, figuriamoci poi se  viene anche trattato così”.

Quei fedeli e quei vescovi che fino a qualche giorno fa hanno pestato i piedi per terra per riavere subito la Comunione, non si chiederanno ora se, a questo punto, visti i degradanti compromessi cui sono stati obbligati, non sarebbe stato meglio aspettare qualche settimana in più?

Il grande teologo Hans Urs von Balthasar (1905-1988) lo aveva preconizzato: sarebbe giunta una “neo-chiesa dilettantesca e smemorata”, che avrebbe prodotto pesanti ripercussioni sul piano pastorale e liturgico.

Per questo, Papa Benedetto, durante il suo pontificato, aveva cercato di frenare questi abusi anche liberalizzando la celebrazione della messa "vetus ordo", ovvero quella antica, in latino. Se qualcuno ha mai avuto l’occasione di assistervi, avrà potuto notare che è come se si trattasse del rito di una religione completamente diversa. Un altro pianeta, dove regna il silenzio, la percezione fisica di un sacrificio che si sta compiendo, di un prodigio che si sta consumando tra il fumo inebriante dell’incenso, l’armonia possente dell’organo e la venerabile salmodia in latino. Una cerimonia che perfino nell’animo dei non credenti mette in vibrazione delle corde ancestrali, quel reverenziale timore di fronte a una realtà trascendente (vera o presunta che sia) che ha accompagnato l’uomo fin dalla sua comparsa sulla terra. L’evidenza più curiosa è il silenzio attento dei bambini. Puri e sensibili, essi sono i primi a cogliere l’atmosfera di contemplazione per qualcosa di misterioso che sta per rivelarsi. Potrà piacere o meno, annoiare, forse, o risultare incomprensibile, ma sulla superiore sacralità e serietà della messa antica non vi sono discussioni.

E’ anche vero che proprio intorno al rito tradizionale, rigidamente codificato – e per questo amato – si coagulano le realtà cattoliche tendenzialmente critiche verso il nuovo pontefice. Non a caso Bergoglio ha messo subito nel mirino le congregazioni che lo celebravano, tipo i Francescani dell’Immacolata e Familia Christi, commissariati tout court per non meglio specificate ragioni.

Ora, che si possa essere laici, cattolici bergogliani o ratzingeriani (perché tanto lo scisma è già in corso, non prendiamoci in giro) una cosa è certa: un rito o lo si fa bene, seriamente, con tutti i crismi e seguendo un protocollo codificato, oppure è meglio che non lo si faccia. Lasciare spazio alla libera iniziativa espone a dei rischi enormi: il passo dal sublime al ridicolo è breve. 

E mettere in ridicolo Dio non è proprio il massimo, tanto che quelli più “all’antica” citano San Tommaso d’Aquino: “Quos vult deus perdere, dementat prius” – “Quelli che Dio vuole distruggere, li fa prima impazzire”.

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