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Ricostruito dal nulla il primo carro armato italiano

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Ricostruire DAL NULLA un gigantesco carro armato, in dimensioni e peso originale, per giunta motorizzato: uno di quei sogni folli che vengono inevitabilmente accolti con una risata beffarda. Eppure, l’incredibile impresa, da primato mondiale, è diventata realtà in soli due anni grazie alla passione e alla ferrea volontà di un pugno di uomini: il FIAT 2000 è finalmente ultimato e Libero lo ha presentato oggi in esclusiva, sul cartaceo, in questa giornata speciale per la Nazione.

Occorre prima fare un salto indietro nella storia. Intorno al 1917, per sbloccare lo stallo della guerra di trincea e superare il sistema infernale reticolati-mitragliatrici, i Britannici inventarono i Mark IV, primi carri armati detti “tank”. Seguirono i Francesi con il Renault FT 17 e i tedeschi con l’A7V.

Quasi nessuno sa che anche l’Italia aveva iniziato a progettare un carro pesante fin dal 1916 tanto che l’anno dopo produsse il suo prototipo, il Fiat 2000, disegnato dagli ingegneri Giulio Cesare Cappa e Carlo Cavalli. Per l’epoca era un gioiello tecnologico: 36 tonnellate di acciaio sviluppate in sette metri di lunghezza e quattro di altezza; sette mitragliatrici Fiat 14 e un cannone da 65 mm posto per la prima volta nella storia in una torretta girevole. Dato l’ampio settore di tiro in elevazione, poteva sparare anche a tiro curvo, come un obice. I suoi alti cingoli da territorio montano, gli consentivano di superare ostacoli fino a 1,10 m, di abbattere alberi e di travolgere vari ordini di reticolato. Le blindature laterali, dello spessore di 2 cm, proteggevano i dieci uomini di equipaggio dal fuoco delle armi leggere. Fu anche il primo carro armato a separare il vano motore da quello dell’equipaggio: un accorgimento essenziale dato che i fumi, come succedeva a volte negli altri carri armati stranieri, potevano asfissiare gli occupanti.

Ne furono prodotti solo due esemplari perché, con il trionfo di Vittorio Veneto, il 4 novembre 1918, l’Italia fece terminare l’intera Grande Guerra un anno prima rispetto alle previsioni dell’Intesa. Dei Fiat 2000, solo uno ebbe il battesimo del fuoco, nel 1919 in Libia, dove ebbe facilmente ragione – con la sua sola deterrenza -  dei ribelli arabi nella zona di Misurata. Poi rimase lì, abbandonato fra le sabbie africane. Il secondo carro, invece, era rimasto in Patria e nel ‘36 troneggiava ancora, come monumento, in una caserma di Bologna. Poi sparì: nel dopoguerra affamato di metallo, probabilmente, finì in fonderia.

Passano 80 anni e, nel 2017, un gruppo di soci dell’Associazione Nazionale Carristi Italiani (A.N.C.I.) e di restauratori di veicoli militari d’epoca del “Raggruppamento Spa” di Fabio Temeroli leggono un articolo - firmato dallo scrivente - dedicato proprio al Fiat 2000 nel centenario della sua prima realizzazione. Il pallino di questi cultori era sempre stato quello di ricostruire un carro armato e il colosso perduto, pietra miliare nella storia industriale e militare italiana, fornisce l’ispirazione definitiva. Subito parte la caccia ai progetti. Si rintraccia il discendente del conte Bennicelli, padre del carrismo italiano, si fanno ricerche presso gli archivi Fiat e Ansaldo. Niente: si trovano solo uno spaccato longitudinale e varie fotografie d’epoca. Così, l’esperto progettista Mario Italiani, ex pilota di carri armati M 47 e oggi presidente della sezione A.N.C.I. di Zeccone, comincia a ricostruire virtualmente il carro con un programma di modellazione in 3D.

“Sono partito con due schizzi generici – spiega Italiani -  e non è stato facile dover interpretare qualcosa che non esiste più. Solo da poco, negli Stati Uniti, sono stati ritrovati alcuni progetti originali e ho potuto constatare con soddisfazione che le quote e i livelli corrispondono. Se per l’esterno possiamo parlare di un 100% di aderenza all’originale, per l’interno e le funzionalità meccaniche siamo all’85%. E’ stato emozionante entrare in contatto con l’intelligenza dell’ing. Cappa, uno dei più grandi progettisti dell’epoca”.

Dopo un’avvincente avventura antiquaria, viene rintracciato il “modellino” (1,5 m di lunghezza) in legno del 1917 che restituisce dettagli preziosi come la rivettatura delle piastre, le maglie dei cingoli e le grandi ruote a razze. Dopo 1500 ore di lavoro (gratuito) il progetto è pronto, ma, piccolo dettaglio, mancano i fondi. Di questo si occupa un apposito comitato sotto l’egida del Presidente Nazionale dell’A.N.C.I che, dopo aver bussato a molte grandi aziende, fa partire una sottoscrizione - sponsorizzata soprattutto dalla sezione A.N.C.I. di Firenze - rivolta a tutti gli ex carristi e appassionati.

Spiega il Generale Sabato Errico, presidente dell’Associazione d’Arma: “La decisione di patrocinare l’iniziativa, che pure si profilava di realizzazione molto difficile, è stata presa dal mio predecessore Generale Salvatore Carrara. Il nostro impegno come Associazione si è concretizzato oltre che con il metodico lavoro di riprogettazione, effettuato a titolo gratuito da appartenenti all’Associazione, anche da una intensa attività di coordinamento e di promozione del progetto. Significativa è stata l’adesione da parte dei carristi associati e simpatizzanti che hanno effettuato cospicue donazioni per sostenere parte dei costi. Desidero ringraziare tutti quelli che hanno offerto generosamente idee, dedizione, passione, lavoro e contributi volontari per aiutare la ricostruzione del primo carro armato italiano”.      

La sottoscrizione ha raccolto finora 35.000 euro, ma ancora non bastano tanto che la stessa è rimasta ancora aperta: per chi volesse contribuire al finanziamento del Fiat 2000 e lasciarvi impressa la propria firma,  è possibile “acquistare” la maglia di un cingolo. Il nome del donatore verrà inciso su una targhetta magnetica da applicare sul pezzo mentre il carro è in esposizione. Per info: www.museostorico.com.

Ad anticipare le spese e a risolvere la situazione, ci ha pensato l’industriale Giancarlo Marin, titolare della Svecom PE S.r.l. e fondatore del Museo delle Forze Armate 1914-1945 che a Montecchio Maggiore (VI) accoglie gratuitamente 10.000 visitatori l’anno.

“Al posto del sangue abbiamo olio idraulico - scherza Giancarlo Marin -  Noi costruiamo macchinari per cartiere, caldaie ed alberi espansibili. Quando mi hanno proposto il progetto del Fiat 2000 l’adrenalina è andata a mille e siamo partiti subito. L’idea era quello di ricostruirlo nel peso e dimensioni originali, con le blindature da 20 mm per i lati e da 12 mm per la parte superiore. Abbiamo riprodotto i modelli delle maglie dei cingoli che abbiamo poi fatto colare in fonderia. Per il motore ci siamo orientati su un bel Fiat da 140 cavalli a 6 cilindri, degli anni ’50. Avremmo potuto sceglierne anche uno coevo, ma poi sarebbe stato un problema per i pezzi di ricambio. Questo si avvicina comunque molto all’originale. Le prove sono state soddisfacenti: il carro è riuscito a superare facilmente alcuni ostacoli. Preso lo collauderemo in campo aperto.  Ora ci piacerebbe che le Forze Armate ci concedessero qualche modello storico o in dismissione per documentare l’evoluzione della specialità Carristi che annovera circa 1800 decorazioni al Valor Militare e metterli gratuitamente a disposizione dei visitatori. Auspichiamo infatti che il Fiat 2000 possa essere il primo carro armato per il nuovo Memoriale dei Carristi, che affiancato all'esistente  Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio, sarebbe completamente dedicato ai corazzati italiani. Questo Museo, nato con qualche immancabile scetticismo di natura ideologica, ha poi convinto tutti nella zona, perché si limita a documentare il sacrificio di uomini che erano i nostri padri, nonni e bisnonni”.

A fine novembre 2018 parte così la costruzione: in un baluginare di scintille si assembla lo scafo, vengono ridisegnate e fuse le piastre dei cingoli, montate le balestre e riprodotte in simulacro le mitragliatrici. Il Museo della Guerra di Rovereto dona il cannone originale da 65 mm, residuato ormai inerte. Mentre nel mondo le altre riproduzioni di carri armati d’epoca sono generalmente realizzate con motori elettrici, o scafi già esistenti riprodotti in lamiera leggera o vetroresina, il Fiat 2000 è l’unica ricostruzione fatta ex nihilo, senza progetti originali, in peso, dimensioni e corazzature reali, mossa da un vero motore a benzina.

Non si tratta, quindi, solo della restituzione di un pezzo della nostra storia: è un simbolo di quello di cui sono capaci gli italiani, della loro eccellenza tecnica, oltre che della loro generosità e amor di Patria.

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