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Ispirata da "Libero" la petizione al MIUR per il recupero della scrittura manuale

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Quando un articolo di giornale riesce a mobilitare la società civile, si può dire che sia uno dei momenti più appaganti della nostra professione. E’ il caso dell’articolo di Libero del 23 agosto scorso che ha ispirato l’archeologo-scrittore Carlo Di Clemente e il blogger Stefano Molini per stilare una petizione al Ministero dell’Istruzione. Obiettivo: tornare a far scrivere a mano, in corsivo, i nostri ragazzi. Come spiegano illustri pedagogisti, tra cui Daniele Novara e Federico Bianchi di Castelbianco, si tratta di una pratica insostituibile per lo sviluppo cognitivo e manuale dei bambini.

“Come si evince dal testo della petizione – spiega Di Clemente – ci siamo dichiaratamente ispirati all’articolo di Libero, sintetico ed esaustivo, per significare agli insegnanti di ogni ordine e grado la necessità di far riprendere in mano la penna a scuola. Non ci aspettavamo un successo tale: in pochi giorni abbiamo raccolto oltre 5.500 firme, molte delle quali provenienti proprio da insegnanti, intellettuali e docenti universitari. Speriamo che questa iniziativa porti una ventata culturale volta al ripristino di alcune buone pratiche di una volta nel mondo scolastico, frettolosamente – e incautamente – abbandonate nel passato”.

Qui il link alla petizione

Riportiamo di seguito ampi stralci dal nostro articolo.

Sui banchi a rotelle che si vorrebbe far adottare a scuola già è stato detto di tutto e sui social si è vista circolare un’interessante, seppur maligna insinuazione: lo spazio ristretto per scrivere sarebbe voluto apposta per imporre l’utilizzo esclusivo di tablet e pc, in modo da rendere i nostri ragazzi sempre più citrulli, tecnologicamente dipendenti e quindi facilmente controllabili.  A pensarci, qualcuno voleva addirittura implementare l’uso di questi dispositivi in classe, come se bambini e adolescenti già non annegassero, ormai, in un parallelo mondo digitale, denso di messaggi diseducativi, perdendosi tristemente quello reale.

Di scientificamente provato c’è che l’esercizio della scrittura a mano, soprattutto in corsivo, produce enormi benefici per lo sviluppo cognitivo del bambino accendendo aree del cervello deputate al pensiero, al linguaggio, alla manualità e alla memoria, tanto che gli scolari ben educati a questa pratica hanno dimostrato di possedere una capacità neuronale superiore agli altri. Battere le dita su una tastiera non è neanche lontanamente paragonabile ai movimenti fini richieste dalle volute del corsivo sul foglio. A proposito,  meglio la stilografica: tale stile grafico fu elaborato, fin dal ‘500, per l’elasticità del pennino che la biro non possiede.

Eppure, nella scuola di una volta c’era l’”ora di calligrafia”, peraltro gradita ai bambini, ma venne abolita negli anni ’70 poiché si riteneva che obbligare i piccoli a scrivere bene “mortificasse la loro personalità creativa”. Confrontando temi composti alle elementari negli anni ’50 con quelli contemporanei si nota però che riguardo ai contenuti, i primi erano spesso più ricchi rispetto ai secondi, che, per tutto guadagno, risultano illeggibili e disordinati.

La calligrafia è una disciplina così importante che i giapponesi ne hanno fatto addirittura una via di illuminazione mistica, lo “Shodou”, per sviluppare perseveranza, resistenza, forza, armonia interiore, dato che il movimento del pennello passato sulla carta di riso, richiede molta concentrazione e coordinazione.

Vi è poi la questione della comunicazione. Tutti noi possiamo fare un semplice esperimento: invece di mandare un’email a un caro amico, proviamo a scrivergli su carta, come una volta. Noteremo subito un totale cambiamento di atmosfera: tornano i sentimenti veri, i ricordi, le cose meno urgenti e più profonde. Un altro pianeta: scrivendo su carta esprimiamo ciò che non esprimeremmo via Whatsapp o via email, e la difficoltà nel cancellare impone sincerità e immediatezza. Le lettere, poi, si conservano e possono essere rilette anni e anni dopo.

Così, ci sentiamo di lanciare una proposta a Poste Italiane: offrite un francobollo speciale, a metà prezzo, per chi scrive una lettera a mano. Per ottenerlo, basterà semplicemente chiudere la busta davanti all’impiegato dopo avergli fatto constatare che si tratta di scrittura manuale. Un modo per ricucire affetti, per ritrovare le radici di una comunicazione autentica, per sviluppare le capacità cognitive dei nostri bambini, ormai schiavi del digitale. Che ne dite? Anche se non sarà una svolta per il bilancio, la facciamo una cosetta per questa povera Patria?

   

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