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Capitol Hill, è impossibile superare caricature e stereotipi?

Stereotipi ammanniti come pop corn dai media generalisti. Nessuno che si ponga delle domande

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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“Trump è un bambinone infantile e cattivo: siccome non sa perdere, ha aizzato sulla base del nulla la parte peggiore del suo popolo - che antropologicamente è composta da animali razzisti e suprematisti bianchi - per assaltare violentemente il Campidoglio e rovesciare la democrazia americana, cercando di impedire al mite e canuto Biden, che pure è un buon cattolico (anche se appena un filo pro-aborto n.d.r.) di insediarsi come legittimo nuovo presidente”.

Ormai questo è il menu fisso servito dai media generalisti,  perfino con l’adesione di osservatori acuti che, fino a qualche tempo fa, dimostravano un certo equilibrio e senso critico.

Per via di quel vecchio discorso sul narcisismo, qui, anche il solo cercare un poco di obiettività nella intricata questione delle elezioni Usa è diventato qualcosa di terribilmente dequalificante.

Eppure, facendo salva ogni censura e critica verso l’illegalità e le violenze (peraltro subìte in larga parte dai trumpiani che conterebbero quattro morti, da quanto viene riferito) a quasi nessuno dei commentatori tv è venuto il sospetto che, magari, questa tornata elettorale non si sia svolta proprio nel massimo della limpidezza.

E certo: i ricorsi di Trump sono stati respinti e quindi, nonostante gli esempi nostrani, è pacifico considerare magistratura e media americani come attori neutrali e disinteressati. Perfetto.

E quindi è del tutto impensabile che 75 milioni di elettori repubblicani, inferociti come api, possano poggiare su qualche tenue base di verità i loro nervosismi. No, no: è The Donald che esercita un malefico ascendente sui suoi elettori.

Così come nessuno si è meravigliato del fatto che il popolo americano, pure così avvezzo alla democrazia, proprio questa volta si sia fatto saltare la mosca al naso … Perché?

Potrebbe essere che si siano ribellati non tanto perché ha vinto un avversario politico, ma perché, piuttosto, temono che siano saltate le regole del gioco? Chi lo sa.

Forse la crisi della democrazia americana, prima dell’irruzione a Capitol Hill, magari affonda le radici in qualche precedente? E se fosse vero quanto afferma Trump, a monte dei disordini potrebbero esserci fatti un po’ preoccupanti?

Poniamo domande, senza purtroppo essere ancora in grado di fornire risposte, ma il privilegio di vivere in Italia, lontano da quel caos, avrebbe potuto consentire all’informazione nostrana un occhio più distaccato, più critico, una ricerca più accurata – e anche ben più avvincente – sulle cause che hanno prodotto questo grave smottamento in una nazione che, quanto a democrazia, può dare alcune lezioni.

E invece no: tifo da stadio e stereotipi pronti da scaldare al microonde come i popcorn.

Ovviamente, il manifestante a petto nudo vestito da Buffalo Bill è diventato l’ossessiva icona del trumpismo bestiale, bovino e inferocito che ingolosisce tutti i canali di informazione anche per il facile dileggio che ci fa sentire tutti migliori di lui.

Vero è che, in un’estenuante atmosfera da “Deserto dei Tartari” il pubblico mondiale si attende ancora prove certe, documentate e inequivocabili di quanto asserito da Trump sui mostruosi brogli che sarebbero stati perpetrati, e che pure, in piccola parte sono stati accertati.

Tuttavia un’analisi corretta da parte dell’informazione avrebbe dovuto porre alcuni interrogativi: ma da dove vengono queste vociferazioni? Quanto c’è di solido? E’ vero che hanno buttato schede a quintali, che hanno fatto votare persone morte o inesistenti, che hanno cambiato le regole elettorali in vari stati ad hoc?

Ora, per quanto Trump possa essere ritenuto un pazzo mitomane, come fa a sollevare 75 milioni di americani senza avere uno straccio di carta in mano? Quantomeno sarebbe interessante capire come e perché gli Stati Uniti si siano spaccati radicalmente in due sulla base di tali questioni.

E invece no. Meglio il Babau col ciuffo arancione a capo della sua masnada di barbari con la testa di bisonte.

Va bene, che vi dobbiamo dire.

L’unica cosa:  non abbiamo visto questi furenti moti di sdegno quando quelli del Black Lives Matter mettevano a ferro e fuoco città intere, quando sfasciavano le vetrine dei negozi, incendiavano edifici e chiese, distruggevano monumenti e picchiavano la gente.

In quel caso le riflessioni giustificazioniste si sprecavano, con le analisi sociali, i toni pacati, le indagini sulle cause antropologiche, i precedenti storici e il profumo di un antico refrain: “Poverini, sono compagni che sbagliano”.

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