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Benedetto XVI "nomina" un ambasciatore, quasi come un papa regnante

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Totalmente ignorata dai grandi media, una rara visita è stata concessa lunedi scorso da Benedetto XVI al cav. Lorenzo Festicini, presidente di un’unione umanitaria chiamata Istituto Nazionale Azzurro, vicina al card. Comastri, conservatore, appena pensionato insieme al card. Sarah.

Il giornale Reggio Today ha pubblicato foto autorizzate dell’incontro, previamente diffuse dall’Istituto. 

Stupisce che il Corriere della Sera, il 21 marzo, non ne avesse pubblicate di relative all’ultima intervista di Massimo Franco, come fatto, invece, nella precedente del 2019. Un’insolita scelta editoriale del Corriere, o una mancata concessione dall’intervistato?

Comunque, Ratzinger appare in ottima forma: sorridente e ben lontano da quell’”agonia” di cui si scriveva in agosto, fasciato dalla talare bianca che porta fin dal 2013 giustificandosi col dire che all’atto della rinuncia non aveva altri abiti.

Ma la sorpresa è che Benedetto ha nominato Festicini “Ambasciatore di Pace in ogni parte del mondo“: come confermato dall’interessato, si tratta di “una nomina puramente spirituale, di una benedizione per la sua attività umanitaria in Benin”.

Tuttavia, il gesto di nominare un ambasciatore o un rappresentante (prerogativa del papa regnante) sebbene simbolico, arriva in un momento bollente: è appena uscito “Benedict XVI: pope emeritus?” un testo giuridico della avvocatessa Estefania Acosta che afferma come Benedetto sia l’unico papa perché ha mantenuto il munus, l’incarico spirituale, e che la sua rinuncia (con gravi errori di latino) sia stata scritta volutamente invalida per svelare il gioco dei “golpisti” e annullarli a tempo debito. QUI: E’ la tesi anche di autorevoli teologi e latinisti.

Benedetto, nella Declaratio del 2013, ha infatti rinunciato ad alcune funzioni pratiche (ministerium) ma non all’incarico spirituale (munus). Ora, siccome munus e ministerium, per il papa, sono indivisibili, le dimissioni sarebbero invalide.

Venerdi scorso abbiamo anche chiesto a 20 canonisti della Sacra Rota, se un atto di rinuncia così dubbio possa essere valido ai sensi del Canone 14, ma NESSUNO di loro ha risposto. Un segnale?  QUI 

La “nomina dell’ambasciatore” rientrerebbe dunque in quella velata e perfetta ambiguità mantenuta da Ratzinger fin dal 2013, tanto che incrollabilmente ha sempre dichiarato che “il papa è uno solo”, senza mai spiegare quale dei due.

Se, infatti, a un primo sguardo superficiale, l’incontro con Festicini può risultare solo un’innocua benedizione per un fedele benemerito,  a una lettura più approfondita e soprattutto in questi giorni, può sottolineare ancora una volta come lui nomini – spiritualmente – ambasciatori perché detiene il munus spirituale. Ma se munus e ministerium sono indivisibili e se il papa è uno solo, questi sarebbe Ratzinger.

Alcuni conservatori si innervosiscono per la costante ambivalenza dei gesti di Benedetto XVI che, se da un lato, per precisione chirurgica non può essere frutto di approssimazione o senilità, QUI  dall’altro contrasta con l’adamantina chiarezza del teologo tedesco. A pochi viene in mente che potrebbe essere una velata “richiesta di intervento” da comprendere attraverso il diritto canonico.

Se infatti – puta caso - Benedetto non si fosse validamente dimesso, la Chiesa cattolica sarebbe finita per sempre perché Francesco sarebbe un antipapa (come sostiene la giustista Estefania Acosta) e il prossimo conclave sarebbe invalido con una maggioranza di 80 "anti-cardinali" invalidi da lui nominati. Bergoglio, da parte sua, ha appena dichiarato a un grande quotidiano che “la crisi non va sprecata, ma usata per creare un nuovo ordine mondiale”, cosa che potrebbe condurre ad un’unica religione sincretista e pertanto anticristica.

Ecco perché, dati i rischi non da poco, i vescovi dovrebbero convocare alla svelta un sinodo per chiarire una volta per tutte chi ci sia “al timone” attualmente, tranquillizzando 1.285.000.000 cattolici. Del resto, nulla di nuovo sotto il sole: già nel 1046  fu convocato a Sutri (RM) un concilio per stabilire quale, fra ben tre papi, fosse quello legittimo. E uno dei tre si chiamava pure Benedetto (IX).

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