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Ratzinger modernista? “No – dice Fontana – ma incompiuto”. Sicuri che la partita sia finita?

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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“Panzer Kardinal”, “Pastore tedesco”, “Ratzweiler” sono solo alcuni dei nomignoli irrispettosi che la superficialità dei media e la malignità degli avversari affibbiò a papa Benedetto XVI, dipinto in tutto il mondo, durante otto anni di pontificato (attivo), come una sorta di pontefice medievale, reazionario e oscurantista. Uno dei più grandi intellettuali cattolici del secolo è stato osteggiato al punto tale che 67 docenti de “La Sapienza”, capitanati dal prof. Marcello Cini, gli impedirono di inaugurare l’anno accademico 2007 (una macchia indelebile nella storia dell’università romana fondata nel 1303, peraltro, proprio da un papa, Bonifacio VIII).

Oggi siamo all’opposto: Benedetto XVI viene accusato da certo “fuoco amico” conservatore di essere addirittura un “modernista”: il papa del Summorum Pontificum con cui “liberalizzava” la messa in latino e che oggi - ovviamente -  sta per essere smantellato da Bergoglio; il papa del camauro, del fanone, del trono e della croce pastorale di Pio IX; il pontefice dei paramenti splendidi indossati non per vanità o amore del lusso, come scioccamente gli è stato contestato, (anche perché erano quasi sempre accessori antichi usati dai predecessori) ma per esplicitare al mondo la continuità della Chiesa attraverso la Tradizione.

Insomma, oggi Benedetto XVI, da ultrareazionario viene fatto passare per modernista, soprattutto secondo i cosiddetti “sedevacanatisti” che non riconoscono alcun papa valido dopo Pio XII, vale a dire dal 1958. Comprensibile: otto anni di amministrazione bergogliana, pesantissimi per i conservatori, hanno inacidito gli animi e il rancore di alcuni si è appuntato inevitabilmente anche sul papa dalla cui (presunta) rinuncia tutto è partito.

E’ pur vero che in gioventù, all’epoca del Concilio Vaticano II, il teologo Ratzinger subì le influenze moderniste della temperie culturale dell’epoca, ma se ne emendò presto e pubblicamente; a riportarlo sulla strada della Tradizione fu “il grande teologo” (come da lui definito) Hans Urs von Balthasar, arcinemico del gesuita modernista Karl Rahner, vero vincitore del Concilio. Su von Balthasar, poi cardinalato da Giovanni Paolo II (anche se morì pochi giorni prima di ricevere la berretta) grava ancor oggi (anche per lui) l’accusa di modernismo e la trita attribuzione della frase “l’inferno è vuoto”: una sentenza mai proferita, che gli venne strategicamente attribuita da Rahner e dai suoi sodali per “farlo fuori”. E così avvenne, infatti, tanto che von Balthasar fu il grande escluso del Concilio.

Per trovare la “giusta temperatura” sulla figura di Joseph Ratzinger consigliamo il recente libro “Capire Benedetto XVI. Tradizione e modernità ultimo appuntamento”, (Cantagalli) del prof. Stefano Fontana, Direttore dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuân” sulla dottrina sociale della Chiesa.

Un saggio di agile lettura che esclude l’ipotesi di un Ratzinger modernista, evidenziando piuttosto la complementarietà o circolarità del suo rapporto tra fede e ragione, che si aiutano e sostengono a vicenda: la contrarietà di Ratzinger a ogni demitizzazione del Cattolicesimo, propria dei modernisti, lo mette al riparo da questa accusa insieme a varie altre questioni sostanziali.

Tuttavia, secondo il prof. Fontana, Benedetto XVI ha lasciato dei “cerchi non chiusi”, anche con le sue dimissioni, concedendo troppo spazio all’azione disgregatrice del modernismo.

Ma siamo sicuri che Benedetto abbia già esaurito la sua missione? O siamo solo all’inizio?

Spiega, intanto, l’autore sulle pagine de La Nuova Bussola Quotidiana: “Capire Benedetto XVI è un’esigenza del pensiero e della fede. In lui tradizione e modernità si sono date come un ultimo appuntamento. Egli ha trattenuto (come un Katéchon) la dissoluzione della fede cattolica, difendendo quanto andava difeso e ribadendo quanto andava ribadito, ma non è riuscito a chiudere il cerchio e a mettere in sicurezza la nave dalla tempesta. Chi dice che è stato sconfitto su tutti i fronti e che il modernismo (con Bergoglio n.d.r.) alla fine ha prevalso, chi dice che l’esito era inevitabile dato che anche il suo pensiero, in fondo, anche se non in tutto, dipendeva dalle res novae di una modernità negatrice della tradizione.

C’è chi pensa invece - come il sottoscritto - che Benedetto XVI abbia indicato molti punti fermi in chiaro contrasto con la tendenza del modernismo a sciogliere la Chiesa nel mondo e la trascendenza nella storia, ma che non abbia completato l’opera che quegli stessi punti fermi da lui posti richiedevano per coerenza interna. Ha detto molto, ma non ha detto tutto. Il suo pontificato è rimasto INCONCLUSO non solo per le dimissioni, ma anche dal punto di vista del pensiero teologico. Ha illuminato molti problemi ma non è arrivato ad indicarne la soluzione”.

Bisogna ammettere che il processo iniziato da papa Ratzinger sembra aver completamente fallito, dato che il modernismo ha dilagato come uno tsunami: oggi in Germania i preti benedicono disinvoltamente uno dei quattro “peccati che gridano vendetta al Cielo”; si intronizzano migranti e idoli pagani; il culto mariano è ai minimi storici; viene osannato Lutero; Giuda è andato in Paradiso; non ci si inginocchia più davanti all’Eucaristia, si auspica apertamente il Nuovo Ordine Mondiale e il quotidiano dei vescovi appoggia il ddl Zan. E’ oggettivamente in corso un’inversione totale dei principi base della fede cattolica, con situazioni surreali che paiono tratte dal mondo alla rovescia della Coena Cypriani o da una tela di Hjeronymus Bosch.

Ma – ripetiamo  - siamo sicuri che la partita sia finita

e che Benedetto XVI abbia davvero fallito?

Il prof. Fontana, come molti altri intellettuali, purtroppo, non prende in considerazione un’ipotesi nata già nel 2013, ripresa poi due anni fa e denominata "Piano B", poggiante su dati oggettivi e consolidata da diversi studi giuridici, secondo la quale Benedetto XVI non ha mai rinunciato validamente al trono di Pietro. Sono tanti gli indizi che hanno consentito una ricostruzione completa e coerente che nessuno ha saputo finora mettere in discussione QUI

Perché Benedetto XVI si sarebbe dimesso invalidamente? Lo illustriamo QUI

In breve: ormai esautorato e privo di potere effettivo, (avevano perfino silurato il presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi a sua insaputa), pressato da fronde intere e poteri esterni, per salvare la Chiesa avrebbe accontentato i suoi nemici con un “falso bersaglio”, dimettendosi solo dalle funzioni pratiche, ma senza abbandonare il munus petrino, il titolo di papa. In questo modo avrebbe consentito che la Chiesa modernista, per alcuni una “falsa chiesa”, si palesasse appieno, scandalizzando larga parte di quegli stessi cattolici che nel 2012 erano all’oscuro di quanto covava mentre oggi, consapevoli, sono invece sull’orlo di una crisi di nervi.

Come si legge, quanto sarebbe stato verosimilmente preparato da Benedetto XVI non è semplicissimo, immediato, anche se logico. Per essere ben compreso richiede due risorse: molta fede e molta ragione. Solo avendo fiducia nel papa e nell’assistenza soprannaturale a lui accordata dallo Spirito Santo questo disegno può svelarsi, emergendo dalle nebbie di un caos apparente, come logico e credibile. Da un punto di vista razionale fila tanto che nessuno fino ad oggi è stato in grado di proporre un’interpretazione alternativa e completa che sappia coniugare tutti i dati di fatto, le coincidenze e le incongruenze.

Se non si ha stima di papa Ratzinger e fiducia in lui non si potrà mai comprendere il suo “Piano B”. Non è solo una questione psicologica, ma anche teologica, dato che, per i credenti, lo Spirito Santo avrebbe dovuto assistere Benedetto XVI in una scelta così difficile.

Chi considera Benedetto un modernista è portato, naturalmente, a giudicarlo uno sciattone, un approssimativo, uno che ha commesso tanti errori nella Declaratio di dimissioni e, casualmente, altrettanti negli otto anni successivi, compresa la sua “scientifica” ambiguità. I più possibilisti ritengono che in buona fede volesse dimettersi, ma lo abbia fatto maldestramente. Non si spiega allora, perché dopo gli errori giuridici non abbia MAI rimediato verbalmente chiarendo che il papa è uno ed è Francesco, ma invece abbia continuato a seminare il panico indossando la veste bianca e a godere di altre prerogative pontificie. QUI

Questi stessi critici non sono in grado di fornire una risposta nemmeno leggendo le abbacinanti parole di Ratzinger “Nessun papa si è dimesso negli ultimi mille anni e anche nel primo millennio è stata un’eccezione”. Una frase patente che indica come lui si sia dimesso dall’esercizio pratico, ma non abbia mai abdicato, visto che in duemila anni si sono dimessi ben 10 papi QUI

Eppure, anche gli antiratzingeriani – di solito, intellettuali di alta caratura - riconoscono che le sue dimissioni sono dubbie e irrituali, e qualcuno si spinge a ravvisare un “disegno intelligente” (ma casuale) che ha coordinato magicamente una serie di coincidenze per otto anni di “emeritato” tanto da non far mai dire a Ratzinger che “il papa è uno ed è Francesco”.

Ma siccome manca la fiducia e l’apertura emotiva verso Ratzinger, siccome viene considerato un pasticcione e un incompetente di diritto canonico, nessuno si applica, nessuno si concentra con attenzione, nessuno cerca di capire il suo “piano B”.

Citando il prof. Fontana, è il caso in cui la mancata tensione verso la verità autolimita la ragione, inibisce la fede, e viceversa: il “mito” di un Ratzinger modernista impedisce di cogliere il suo geniale sistema di riscatto della Chiesa anche perché questa agnizione condurrebbe inevitabilmente a una difficilissima marcia indietro sui propri giudizi.

C’era un film di avventura dove il protagonista, sul ciglio di un burrone, ripeteva a se stesso: “Solo l’uomo penitente potrà passare”. In questo caso, solo l’uomo che ha fede e ragione fino in fondo potrà comprendere l’ultima grande opera di Benedetto XVI. Chi lo detesta non vorrà e non potrà capire mai nulla.

Se qualcuno un giorno avrà il  coraggio e la lucidità di applicarsi alla questione, la chiesa “turbomodernista” di Bergoglio potrebbe essere completamente annullata. Svanirebbe tutto in un soffio, secondo una prospettiva che da secoli prevede un’ultima prova, una annunciatissima fase di apostasia e di aggressione al Papato dall’interno.

Si compirebbe, allora, quanto già intuito dal filosofo Giorgio Agamben che si dice convinto del fatto che la vera ragione delle sue dimissioni sia stata la volontà di risvegliare la coscienza escatologica  (riguardante i destini ultimi dell'uomo n.d.r.): “Nel piano divino della salvezza, la Chiesa avrebbe anche la funzione di essere insieme «Chiesa di Cristo e Chiesa dell’Anticristo». Le dimissioni sarebbero una prefigurazione della separazione tra «Babilonia» e «Gerusalemme» nella Chiesa. Invece di impegnarsi nella logica del mantenimento del potere, con la sua rinuncia all’incarico Ratzinger ne avrebbe enfatizzato l’autorità spirituale, contribuendo in tal modo al suo rafforzamento”.

In sintesi, il volume del prof. Fontana offre un ritratto di Joseph Ratzinger lucido ed equilibrato, che fa piazza pulita delle accuse di oscurantismo quanto di quelle di modernismo, ma la storia potrebbe radicalmente ribaltare i suoi giudizi circa l’incompiutezza dell’azione del papa teologo.

Lo ripetiamo per la millesima volta: LA CHIAVE DI TUTTO E' NELLA VALIDITA' DELLA RINUNCIA.

Staremo a vedere, o forse, vista la disperante indifferenza per la questione, vedranno i nostri nipoti.

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