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Benedetto XVI implora Maria, nella Declaratio nuovo Codice Ratzinger

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Finalmente l’incantesimo è spezzato:  domenica 31 luglio,  la recensione di “Codice Ratzinger” sulla pagina culturale di Libero QUI ha interrotto l’embargo mediatico, almeno cartaceo, sul “caso del millennio”. Grazie all’interesse e alla partecipazione di Voi lettori, il libro dell’inchiesta condotta su questa pagina web, pubblicato da Byoblu appena due mesi fa, è già fra i bestseller nazionali. Lecito stupirsi del silenzio eloquente della stampa mainstream, ma, per dirla papale papale, si può comprendere: una volta smascherata la massima impostura, crollerà tutto il resto. 

L’articolo di Gianluca Veneziani è riuscito nell’impresa di condensare in poche colonne una vicenda estremamente complessa nella sua attuazione, sebbene semplicissima nelle conclusioni: papa Benedetto non ha mai abdicato, “il papa è uno solo”, come ripete da nove anni, ed è lui stesso.

Il Cattolicesimo, spiritualmente, è salvo perché papa Benedetto ha portato con sé il munus petrino, l’investitura divina di papa, e ha separato le linee successorie, la sua, da quella antipapale di Bergoglio. Per questo antipapa Francesco non si dimette, nonostante paventi continuamente tale prospettiva: per farlo dovrebbe rinunciare al munus, che non ha, e così verrebbe fuori tutto l’”inguacchio”. Ma la questione materiale, sulle proprietà della vera Chiesa, è ancora tutta da decidere.

Caso ha voluto che le acute domande poste dal collega Veneziani abbiano contribuito a farci scoprire un ultimo, drammatico codice Ratzinger contenuto nel paragrafo finale della famosa  Declaratio dell’11 febbraio 2013.

Per capirlo, un breve riepilogo dei passaggi-chiave: Benedetto XVI invece di rinunciare in modo simultaneo e formalmente corretto al munus, come richiesto per l’abdicazione dall’art. 332.2 del Codice di diritto canonico, fa l’esatto opposto: rinuncia in modo differito, fattuale e non ratificato al ministerium, cosa che lo manda in sede impedita e lo fa restare papa. Egli annuncia che dalle ore 20.00 del 28 febbraio “la Sede di Roma, la Sede di San Pietro” (che non ha personalità giuridica per essere lasciata “vacante”) resterà VUOTA (corretta traduzione del verbo vacet). Infatti, alle 17.30 del 28 febbraio, papa Ratzinger prende l’elicottero, lascia il Vaticano vuoto proprio per le ore 20.00.

Così aggiunge, in un’altra frase oggettiva: “E dichiaro che dovrà essere convocato, DA COLORO A CUI COMPETE, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice”.*

Perché Benedetto non dice più banalmente “dai cardinali”? Chi sarebbero questi “coloro a cui compete”? L’accorgimento non è casuale. Papa Ratzinger  in sostanza specifica: “io lascio la sede di San Pietro vuota, voi fate come vi pare, ma sappiate che il prossimo vero papa dovrà essere eletto:

1. dai VERI CARDINALI di nomina PRE-2013 nel caso in cui la vera Chiesa torni a riappropriarsi del Vaticano cacciando gli usurpatori.

2. Oppure, se questo non dovesse accadere, l’elezione del successore di Benedetto toccherà AI FEDELI STESSI, come nei primi secoli cristiani. Questo sarà il triste caso in cui i cattolici dovranno “abbandonare la Sinagoga” per far rinascere la vera Chiesa in modo catacombale, rifondandola altrove.

In ogni caso, il successore di Benedetto XVI dovrà comunque essere eletto proprio “da coloro a cui compete” e non certo da un conclave spurio con 95 falsi cardinali nominati dall’antipapa, come vogliono regalarci gli “una cum”, i conservatori legittimisti di Bergoglio, di fatto suoi collaborazionisti.

Così, durante l’intervista del collega Veneziani, abbiamo colto un senso ben preciso del paragrafo finale della Declaratio:

“Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero (ministerium), e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna I PADRI CARDINALI nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio”.

Oltre all’apparente significato “politicamente corretto” smentito da tutto l’impianto giuridico della Declaratio, l’accorata implorazione finale del papa è che la Madonna ASSISTA I PADRI CARDINALI nell’elezione del pontefice E NON ALTRI, ad esempio  i comuni fedeli, come avverrebbe nel caso più tragico. Capite il dramma? Il papa in sede impedita affida la Chiesa a Cristo (e non a un altro papa eligendo a stretto giro) e implora Maria perché l’elezione del prossimo vero papa tocchi ai veri cardinali, cioè affinché la vera Chiesa, alla sua morte, non debba rinascere nelle catacombe, ma si possa riappropriare della sede. In altre parole, Benedetto prega perché la Santa Vergine faccia in modo che il prossimo vero papa possa essere eletto canonicamente in un contesto di recupero della legalità, dopo il "pontificato d'eccezione" nel quale ogni ordinamento giuridico è sospeso, senza lasciare la sede in mano agli usurpatori e senza quindi dover abbandonare tutto: Vaticano, chiese, palazzi, proprietà, etc.

Questa è l’unica interpretazione coerente con l’impianto giuridico-linguistico del resto della Declaratio e che spiega il particolare uso dell’espressione “coloro a cui compete”.

Come vedete, papa Benedetto è riuscito, come sempre usando il suo linguaggio super-trasparente, a scrivere una dichiarazione perfetta, del tutto coerente e veritiera, ma comprensibile solo da chi ha orecchie per intendere.

Ciò che emerge in questo ultimo paragrafo è il cosiddetto “scenario del cuculo”, di cui abbiamo parlato QUI . Papa Benedetto, in senso spirituale, ha già vinto, perché ha separato le linee successorie, quella sua, da quella dell’antipapa. Infatti, non sono pochi i fedeli e i sacerdoti che già celebrano più o meno clandestinamente la messa “una cum papa BenedictoQUI   e che non riconoscono Bergoglio, il quale, partito del tutto per la tangente, partecipa ormai pubblicamente a rituali negromantici QUI  .

Tutta la sfida, ora si gioca sull’aspetto materiale, sul possesso finale della sede vaticana. L’antipapa Francesco, infatti, è come l’uovo di un cuculo deposto nel nido dei passeri. Il piccolo cuculo si appropria del nido e getta fuori i pulcini legittimi. Quindi, o si riconosce per tempo il cuculo, e lo si butta fuori, oppure lo stesso si approprierà del nido petrino, lasciandolo in eredità agli antipapi-cuculi suoi successori.

Non rilassatevi, quindi: la guerra spirituale è vinta, ma quella materiale è appena cominciata. E tutto dipenderà da Voi lettori, da come saprete mobilitarvi per diffondere questa verità.

Seguiteci su Twitter, @cionciandrea; Telegram, gruppo “Non praevalebunt”, Facebook, gruppo “Codice Ratzinger”. Per le traduzioni in inglese e tedesco degli articoli: www.papstundgegenpapst.de

 

* Ad essere più precisi, dato che a convocare il conclave è solo il cardinale decano, la corretta traduzione dal latino, come verificato dai latinisti Gian Matteo Corrias e Davide Li Greci è, visto il plurale: “dovrà essere convocato il conclave per l’elezione del nuovo pontefice da parte di coloro a cui compete”. E’ proprio la grammatica a non supportare il collegamento di "ab his quibus competit" a "convocandum esse", che è una perifrastica passiva e regge un complemento d'agente al dativo semplice, non ab + ablativo. Ab his quibus competit va invece collegato a "ad eligendum".

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