Peccato non l'abbia scritto un italiano

"Coraggio", il manuale di Bousquet per una spietata guerriglia al pensiero unico

La guerra si combatte per la Patria, la guerriglia per riconquistare la Patria. Ed è proprio alla “Reconquista” dell’identità nazionale, contro il pensiero unico occupante, che l’intellettuale francese François Bousquet ha pubblicato nel 2020 “Coraggio”, appena tradotto in italiano e pubblicato per i tipi di Passaggio al Bosco. Saggista ed editore vicinissimo alla Nouvelle Droit di Alain de Benoist, Bousquet è esponente di una pregevole classe intellettuale di destra, determinata e agguerrita, di cui si sente la mancanza in Italia dove ancora indugiamo fra guenoniane conversioni all’Islam, urla primordiali, o timidezze all’acqua di Fiuggi.

“Coraggio” è un manuale tattico-operativo, scritto in modo elegante, appassionato e soprattutto ordinato. Per prima cosa, recuperare la virtù del coraggio: senza questo, nessun futuro. Fra poco, con la prossemica della Finestra di Overton potrebbero sdoganare perfino il cannibalismo, e l’autore ne traccia una gustosa e plausibile serie di tappe.

Il coraggio è l’affermazione regale della nobiltà dell’uomo: “Crepiamo di prudenza, soffochiamo di saggezza avvelenata, di carità malriposta” spiega l’autore, ma chi sono i carnefici contro cui ribellarsi?

“Animatori di talk show, addetti alla prevenzione nei trasporti pubblici, giornalisti in vista, ayatollah della risata, spacciatori d’emozioni, attori di spicco, studenti di sociologia, calciatori tatuati, giudici istruttori, null’altro che delle pappemolli e degli omuncoli, dei lillipuziani”. 


Sono i “Torquemada transgender, le Robespierre femministe, i Vyshinsky panafricani” che manipolano il linguaggio, in una sorta di conato psicomagico dove le parole hanno, di nuovo, il potere di operare il bene e il male.

Da un lato le virtù “morbide” si sono corrotte: la sensibilità è divenuta stucchevole emotivismo, la debolezza è stata innalzata a virtù, in un maremoto di buoni sentimenti sciropposi. Dall’altro lato, l’ethos maschile è stato smantellato dalla fine del servizio militare, dalla crisi della virilità operaia e contadina e dalla moltiplicazione delle famiglie monoparentali, ma il colpo di grazia è arrivato dagli attacchi congiunti del gender, del femminismo e delle minoranze sessuali.

Così, le fantasticherie massoniche e le utopie universaliste del ‘700 che hanno lavorato nel profondo delle società, sono alla fine uscite alla luce: l’avversario ha colonizzato tutto, respiriamo la sua atmosfera, utilizziamo il suo linguaggio, subiamo le sue milizie. Le idee di destra sono state espulse dallo spazio pubblico, non funzionano se non come concetti da respingere. Il Sistema utilizza quattro mezzi per nullificarle: 1) l’invisibilizzazione 2) l’inferiorizzazione, 3) la demonizzazione e, 4) la patologizzazione a colpi di metafore psichiatriche.

E così, “alla spirale del mutismo occorre contrapporre quella di prendere la parola in pubblico senza chiedere l’autorizzazione”. In tal modo, il coraggio si autoalimenta, diventa sempre più forte, si moltiplica, con effetti auto-trascinanti: la vittoria chiama la vittoria. 

“L’ora è quella della mobilitazione generale, quella in cui suona la chiamata a raccolta delle truppe, in cui si misura, nella massa, il numero dei coraggiosi e degli audaci. Chi è disposto ad arruolarsi? Perché chi non s’arruola di fatto diserta e quindi collabora”.

Paradossalmente Bousquet si rifà tanto al bellicismo intellettuale di Gramsci, quanto all’audacia dei gay che fanno coming out, ma specifica: “È il nostro turno di uscire allo scoperto e siamo ben più legittimati a farlo degli omosessuali, che hanno immesso la sfera privata in quella pubblica, mentre per noi è il momento di smettere di rinchiudere nel privato impegni che assumono tutto il loro senso solo negli spazi pubblici”.
Nonostante si tratti della difesa di una maggioranza silenziosa, chi vince sono le minoranze intransigenti, in questo caso contro un pensiero unico istituzionalizzato. E quindi la guerra non può che essere asimmetrica: molotov contro i carri armati, MAS contro le corazzate, commando mobili e micidiali all’attacco delle intruppate e bolse divisioni del nemico.

“Il coraggio non si pratica più sui campi di battaglia, ma nell’arena mediatica, in quella intellettuale e in quella politica. Non è più tanto nell’azione quanto nella parola. Il dire è l’azione, il fare è la parola”, anche attraverso i nuovi canali: fumetti, i videoclip, la moda, lo sport. Ma bastano anche i piccoli gesti quotidiani, come aprire orgogliosamente un giornale “maledetto” in un elegante e frequentatissimo caffè.

Il rifiuto biologico per la menzogna, il disprezzo verso gli indifferenti e l’abbandono di vetusti nostalgismi: questi i presupposti per avere mobilità, potere di logoramento, furtività, arte di arrangiarsi, il ricorso all’ironia, e soprattutto l’inventiva, l’ingegnosità, la reattività. “Noi siamo il fattore X, il cigno nero, l’imprevisto nella storia. Nessuno ci aspetta, non ci aspettano mai”.

Unico dispiacere dalla lettura di questo libro, che non l’abbia scritto un italiano.