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Gli ultimi codici Ratzinger di papa Benedetto XVI e Mons. Gänswein (a Repubblica)

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Le ultime parole di papa Benedetto sono state “Gesù ti amo”. Una nostra lettrice, Anna Maria A., ha colto in esse un dettaglio fondamentale: queste sono le parole di San Pietro in risposta a Gesù (Gv 21 15-23). Papa Benedetto ci ha lasciato l’ultimo messaggio per farci capire che è sempre rimasto il solo papa esistente, il solo successore di San Pietro legittimo, fino all’ultimo. Non a caso, verrà sepolto nel sarcofago che fu di Giovanni Paolo II. Nessuno si è chiesto: ma se era abdicatario, che diritto avrebbe ad essere sepolto nella cripta dei papi? Ma ormai il pensiero logico è un lusso per pochi e tutti ingollano a grandi cucchiaiate la narrativa mainstream che insiste in modo ossessivo-compulsivo su quello che avrebbe dovuto essere l’atto più importante di tutto il pontificato di Benedetto XVI: le “dimissioni”.  Come ha ben evidenziato Giuseppe De Lorenzo sul sito di Nicola Porro QUI  , non gliene importa a nessuno delle cose enormemente significative compiute da Benedetto XVI, ma tutti insistono sulla narrativa del papa abdicatario perché il diktat-velina che circola per le redazioni è: “proteggere Bergoglio a tutti i costi”. Se crolla lui, crolla il deep-tutto e buonanotte ai suonatori.

Da un certo punto di vista, che le dimissioni di papa Benedetto siano state l’atto più importante del suo pontificato, è vero, perché con la sua rinuncia fattuale al ministerium,  al “fare” il papa, permettendo che la sede romana venisse totalmente impedita (can. 335) , papa Benedetto ha finalmente purificato la Chiesa dal marciume e dall’apostasia.

Ora è bene fare un veloce ripasso di come funziona il Codice Ratzinger prima di illustrarvi gli ultimi messaggi contenuti nella recentissima intervista di Mons. Gaenswein a Repubblica. Questo stile di comunicazione, che si serve di anfibologie, silenzi eloquenti, o fraintendimenti voluti, serve a celare una lettura “B” dietro una lettura “A” facile-facile e bergoglianamente corretta. Naturalmente, papa Benedetto ha adottato questo stile sia perché, essendo impedito, non poteva parlare chiaramente, sia perché voleva “separare i credenti dai non credenti” secondo una tecnica di selezione di cui abbiamo già scritto QUI  : solo chi ha orecchie per intendere viene “arruolato” nel suo esercito. Il Papa, come Colui di cui era il Vicario, vi ha lasciato la libertà di credere, o non credere.

Per questo motivo, vi elencheremo una serie di frasi-tipo, usate spesso da papa Benedetto o da Mons. Gaenswein che, sulle prime, vi sembreranno suffragare la favola del Benedetto abdicatario e del legittimo papa Francesco. Subito dopo vi illustreremo cosa vogliono dire a una seconda, più approfondita lettura.

Poi, se la seconda lettura affatica troppo qualcuno che si vuole accontentare della “strada larga bergogliana”, faccia pure.

“Papa Benedetto, nel 2013, ha liberamente rinunciato al suo ministero e oggi è, senza alcun dubbio, il papa emerito”.

Verissimo: Papa Benedetto, nel 2013, ha liberamente rinunciato al suo ministero-ministerium, (e non al ministero-munus) cosa che lo mandava in sede impedita, ed oggi resta, senza alcun dubbio, il papa emerito, cioè colui che merita di essere papa, che ne ha il diritto (da emereo), anche se privo del potere pratico.

“Nessuno lo ha mai costretto a compiere questo passo, ci ha pensato a lungo e lo ha fatto in piena consapevolezza. Chi dice che la rinuncia è stata forzata dice un’assurdità”.

Certo: nessuno lo ha mai costretto a compiere questo passo, (il ritiro dal ministerium) mentre invece lo volevano far abdicare a tutti i costi rinunciando al munus. Ci ha pensato a lungo, era un passo difficile, ma necessario per purificare la Chiesa. Chi dice che la rinuncia è stata forzata dice un’assurdità, in quanto qualsiasi rinuncia, essendo un “volontario abbandono di qualcosa”, non può che essere libero.

“Benedetto veste ancora di bianco perché è stata la cosa più pratica in quanto non aveva altri abiti disponibili, ma porta comunque la veste bianca in modo diverso da quello del papa”.

Giusto: non aveva un altro abito perché non esiste una veste da papa impedito, ma porta comunque la veste bianca diversa da quella classica da papa, senza la fascia e la mantelletta, in modo che si riconosca il suo nuovo status di papa impedito.

“Se Papa Benedetto celebra la messa in unione con papa Francesco? Egli non ha mai menzionato nessun altro nome nel canone della messa, né ha mai nominato il suo nome”.

Sacrosanto: infatti la formula liturgica recitata dal papa è “in unione con me, Tuo indegno servo”. Così papa Benedetto, celebrando in comunione con se stesso, non citava né il suo, né nessun altro nome.  

“Papa Francesco è oggi l’unico papa regnante. Benedetto ha passato più anni da emerito che da regnante”.

E’ vero, Francesco è stato per nove anni l’unico papa regnante, sebbene illegittimo: infatti, per via della sede impedita e della conseguente usurpazione del trono petrino, abbiamo avuto due papi, uno legittimo-contemplativo (Benedetto) e uno illegittimo attivo, (Bergoglio) che sta regnando. (Vedasi discorso del ministero allargato” QUI  ). Papa Benedetto è vissuto più anni da papa impedito che da regnante.

“Benedetto aveva una sincera amicizia personale con Francesco”.

Verissimo. Era solo sua, “personale”, monodirezionale, non corrisposta, dando realizzazione al comandamento di Cristo “Ama il tuo nemico e prega per il tuo persecutore”.

A questo punto, se avete scaldato le “orecchie per intendere”, siete pronti per comprendere le frasi più significative della recente intervista di Ezio Mauro a Mons. Gaenswein.

D. Lei era accanto al Papa nel 2009 all’Aquila, davanti alla teca dov’è custodito il corpo di Celestino V, l’unico pontefice che, come Ratzinger, fece liberamente la rinuncia nel 1294; e lei aiuta Benedetto che si è sfilato il pallio a deporlo sulla teca di Celestino V. Perché quel gesto che sembra un’autoprofezia?

R. «Mettere sulla tomba della Chiesa distrutta di Collemaggio il pallio papale era un gesto di grande onore a Celestino. Ma non c’entra niente con un atto di rinuncia che diventerà realtà alcuni anni più tardi. Escludo un collegamento».

Questo concetto è stato ribadito varie volte anche dallo stesso papa Ratzinger: egli non aveva nulla a che spartire con Celestino V perché questi aveva abdicato, e lui no, ovviamente.

D. Alle 11:46 la notizia (delle “dimissioni” n.d.r.) fa il giro del mondo. E in qualche modo è l’assoluto che deve fare il conto con il relativo, l’universale che si scontra con la debolezza umana denunciata in pubblico. In questo senso è anche l’irruzione della modernità di un’istituzione che ha 2 mila anni di vita, con il Pontefice, rappresentante di Cristo in terra, che rivela la sua fragilità di fronte al peso di reggere la Chiesa universale e anche la responsabilità che ne consegue. È d’accordo con questa lettura?

R. «Non è una spiegazione completa, ma sono totalmente d’accordo».

Non è completa perché Benedetto ha rinunciato solo a “fare” il papa ma non a “esserlo”.


 D. Perché Benedetto ha scelto per sé la formula di Papa Emerito, sollevando discussioni?

R. «Ha deciso così lui, personalmente. Penso che davanti a una decisione così eccezionale tornare cardinale sarebbe stato poco naturale. Ma non c’è nessun dubbio che c’è stato sempre un solo Papa, e si chiama Francesco».

Di fronte alla decisione di farsi totalmente impedire la sede con la rinuncia al ministerium, tornare cardinale non sarebbe stato naturale, nel senso che Benedetto manteneva la sua natura di papa. C’è sempre stato un solo papa (Benedetto) e lo si chiama Francesco. Attenzione: Gaenswein non dice “ed è Francesco”, come papa Benedetto non ha mai voluto dire per nove anni. L’arcivescovo dice  “si chiama”, il che può voler anfibologicamente significare sia “è Francesco”, sia “lo si chiama Francesco”, “viene individuato con Francesco”. Ma non è detto che lo sia davvero.


D. Non crede che dopo la rinuncia di Ratzinger il sacro sia diventato più umano?

R. «Il sacro è il sacro, e ha anche aspetti umani. Io credo che con la sua rinuncia Papa Benedetto abbia anche dimostrato che il Papa, se è sempre il successore di Pietro, rimane una persona umana con tutte le sue forze, ma anche con le sue debolezze».

Qui c’è l’ammissione finale: la rinuncia al ministerium ha mantenuto Benedetto XVI papa: “E’ sempre il successore di Pietro.


Non siete convinti? Padronissimi. Ricordiamo le parole di papa Benedetto-Gaenswein alla Lumsa: “Potete credere, o non credere. Se non credete, la risposta è nel libro di Geremia, non vi dico dove”.

E in Geremia si legge: “Io sono impedito”.

Poi se volete considerarla una coincidenza, fate pure. E’ quello che ha voluto il Papa: o di qua, o di là.

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