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Funerali di Benedetto XVI: come papa Ratzinger ha diradato la nebbia

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Questi ultimi nove anni sono stati costellati da fenomeni atmosferici estremamente suggestivi che, in ottica di fede, apparirebbero come inequivocabili manifestazioni del Divino. Dal fulmine che colpì la cupola di S. Pietro il giorno della Declaratio, al vento che censurò Bergoglio quando disse che Dio si contamina col peccato QUI e che scoprì la tiara pontificia nell’addio (equivocato) da Castelgandolfo QUI , fino alla strana croce luminosa apparsa in cielo (la foto pare autentica) e la fitta nebbia - del tutto insolita a Roma - che ha avvolto la Basilica di San Pietro durante i funerali del Papa. La Magna Quaestio, per la maggioranza dei fedeli è in effetti ancora avvolta nella nebbia del dubbio e dell’ambiguità. Mons. Gaenswein sta “stressando” il codice Ratzinger facendo impazzire gli una cum con frasi super-anfibologiche del tipo:

“La rinuncia era valida, Benedetto non ce la faceva a guidare la Chiesa”.

Ovvero, la rinuncia a “fare” il papa era effettiva, (e questo non lo ha fatto certo smettere di “essere” papa).

“Alcuni fanno dietrologie attaccandosi alle parole e questo è stato un affronto per papa Benedetto”.

Le dietrologie sulle parole sono quelle di coloro che hanno pensato che ministerium potesse essere sinonimo di munus e che la rinuncia di Benedetto potesse valere come abdicazione. La cosa ha portato all’affronto di un conclave invalido e all’elezione di un antipapa con nove anni di trono petrino usurpato.  

“Il papa si chiama Francesco”.

Il papa lo si chiama Francesco, viene individuato in lui, ma non lo è.

“Benedetto ha rinunciato al pontificato”.

Benedetto ha rinunciato al pontificato, secondo l’altro significato della parola, come troverete QUI sulla Treccani: non “carica” di papa, ma periodo dell’esercizio del potere papale. Appunto, il solito ministerium.

Non è un caso come Mons. Gaenswein abbia twittato, poche ore fa, le parole di Benedetto: “Rimanete saldi nella fede, NON LASCIATEVI CONFONDERE!”. Eppure tanti, sono rimasti destabilizzati da questi pure ormai noti “pattern” del codice Ratzinger.

Notevolissimo come papa Benedetto abbia esplicitamente chiesto che alle sue esequie non venisse invitato Joe Biden, QUI  il turbo abortista (non a caso) amico di Francesco che ha da lui perfino ricevuto l’autorizzazione a ricevere l’Eucaristia.

E’ però il ROGITO che è stato chiuso nella cassa del Papa, preparato con ogni probabilità dallo stesso Benedetto, a parlare chiarissimo, soprattutto attraverso il non-detto: il solito “dum tacet clamatQUI 

Il testo ripercorre la biografia di papa Ratzinger finché arriva al punto nodale: “La mattina dell'11 febbraio 2013, durante un Concistoro convocato per ordinarie decisioni circa tre canonizzazioni, dopo il voto dei Cardinali, il Papa lesse la seguente dichiarazione in latino: «Bene conscius sum hoc munus secundum…”. Segue il testo intero della Declaratio, in latino. Poi, il rogito prosegue:  “Nell'ultima Udienza generale del pontificato, il 27 febbraio 2013, nel ringraziare tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui era stata accolta la sua decisione, assicurò: «Continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre». Dopo una breve permanenza nella residenza di Castel Gandolfo, visse gli ultimi anni della sua vita in Vaticano, nel monastero Mater Ecclesiae, dedicandosi alla preghiera e alla meditazione”.

Leggete qualche cenno sulla rinuncia al papato? Su abdicazione? No, niente, zero.

Viene solo citata la Declaratio tale e quale, in latino, proprio perché in essa è già scritto tutto, cioè che papa Benedetto, in sede totalmente impedita (can. 335) si sarebbe dedicato alla preghiera e alla meditazione continuando a esercitare il suo ministerium solo in modo immateriale, spiritualmente, “soffrendo e pregando”, come scrisse nella Declaratio. Ciò gli era consentito dal can. 333.2 dove si dice che il papa può fare il papa nel modo che preferisce.

Ma ciò che balza agli occhi con lapalissiana evidenza è che se avesse davvero compiuto quel raro e inedito da secoli atto di abdicazione, nel rogito sarebbe stato ovviamente esplicitato a chiare lettere: “L’11 febbraio 2013 rinunciò al papato”. Ovvio, no? Vi pare che in un testo biografico così sintetico si possa lasciare ai posteri il peso di scervellarsi su cosa volesse dire la Declaratio?

Notevolissima poi la scelta delle letture nella messa, che non sono quelle del giorno, ma sono state scelte dallo stesso papa Benedetto, come conferma Repubblica QUI   Infatti, non fanno parte né del Lezionario dei defunti né dell'ordo Exequiarum.

Innanzitutto la prima lettura è da Isaia, il libro che viene citato insieme a quello di Geremia da Benedetto tramite Mons. Gaenswein in uno dei più clamorosi codici Ratzinger di qualche mese fa, alla Lumsa. In Geremia, come ricordate, si legge “Io sono impedito” QUI  .

In questa lettura da Isaia c’è invece scritto:

“Ancora un po’ e il Libano si cambierà in frutteto, e il frutteto sarà considerato una selva. Udranno in quel giorno i sordi le parole del Libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre gli occhi dei ciechi vedranno”.

E il salmo: “Davanti a me prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici”.

Poi la Seconda Lettura da San Pietro apostolo: “…ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova … torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà”.

Per non parlare del Vangelo, anche quello scelto ad hoc dove si legge: “Il velo del tempio si squarciò a metà”.

Tutto rimanda a un cambio radicale della situazione, (frutteto che si cambia in selva, e viceversa) dopo un periodo di sofferenza che mette alla prova la fede, grazie a una rivelazione che squarcia il velo.  Tutto ciò è lla portata della comprensione di chiunque.

Ci ha messo del suo - come sempre - anche Bergoglio per farci capire la verità. Della sua predica, recitata di malavoglia, in modo incomprensibile – almeno dalla piazza - Il Tg1 ha detto che alcune parti erano state tratte dalle encicliche di Ratzinger, ma Bergoglio non lo ha citato. Conferma Repubblica: “Francesco ha citato quattro volte Benedetto - l'enciclica Deus Caritas est, l'omelia della messa crismale e quella della messa di inizio pontificato - SENZA BISOGNO DI ESPLICITARE IL RIFERIMENTO”. Come la chiamate voi la citazione non esplicita di parole altrui? A casa nostra si tratta di un “copia incolla” abusivo per fare contenti gli amici di Benedetto lì presenti. Avvilente, poi, come su 4874 battute di omelia, appena 168 (il 3,4%) fossero esplicitamente dedicate a papa Benedetto. L’ennesimo passo falso per l’antipapa che, già avendo dovuto cedere sulle ultime volontà del Pontefice circa le esequie papali, strategicamente, avrebbe almeno dovuto fingere per lui grande affetto e devozione. Invece si è vista tutta l’insofferenza, l’ostilità e la paura - ben riposta - verso il Vicario di Cristo defunto. Aveva ragione il Santo Padre Ratzinger a parlare della propria “amicizia personale” con Francesco: personale, monodirezionale, solo sua e non condivisa.

Non vorremmo sembrare irriverenti, ma di fatto siamo passati dal Segreto di Fatima al Segreto di Pulcinella: tutti sanno, tutti hanno capito, perfino molti blog “una cum” che ora si affannano a cercare di farsi trovare dalla parte giusta, pur conservando i soliti toni sprezzanti verso lo scrivente. Restano solo i poveri giornaloni e telegiornaloni a tagliare e cucire le interviste di Mons. Gaenswein per tentare di annullare i suoi codici Ratzinger, per esempio quando gli fanno dire “il papa è Francesco” tagliando quello che c’era prima, probabilmente qualcosa come “Non c’è nessun dubbio che…” o “Tutti sanno che…” espressioni che conferiscono il significato anfibologico alla frase.

Il mainstream spinge come un disperato sulla narrativa, ormai esausta, del papa abdicatario, ma sarà tutto inutile: in tanti, troppi hanno compreso che sta per verificarsi un cataclisma. Finalmente.

 

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