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Si può essere licenziati per aver offeso il proprio capo sui social?

Cristiano Cominotto
Cristiano Cominotto

Sono Presidente di A.L. Assistenza Legale, sono nato e cresciuto a Milano, dove sono diventato avvocato cassazionista e giornalista. La mia professione è anche la mia passione. Amo difendere le persone e credo sia importante che ognuno abbia la consapevolezza dei propri diritti e delle possibilità che ha di difendersi dalle ingiustizie quotidiane. Mi considero un innovatore, non riesco mai a guardare le cose dallo stesso punto di vista. Ho creato degli studi legali completamente nuovi e diversi da quelli tradizionali i miei studi sono stati infatti inseriti dal Financial Times tra i top 50 Innovative Law Firm. Mi piace spiegare il diritto in modo semplice, se ci fosse una frase che sintetizza il mio pensiero sarebbe questa: "Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna" (Albert Einstein)

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I social sono diventati parte della vita quotidiana di molti di noi. Questo ci porta a utilizzarli con una confidenza tale che a volte non ci soffermiamo troppo a pensare alle conseguenze che i nostri commenti su Facebook o sui gruppi di WhatsApp possono avere. Si è già sentito parlare di svariati casi di dipendenti che hanno postato dei commenti non esattamente positivi sull'azienda o sul proprio datore di lavoro. Proprio a causa di questi commenti, ritenuti offensivi, alcuni di questi dipendenti sono stati licenziati. 

Uno degli ultimi casi ha visto come protagonista una dipendente che ha postato su un gruppo WhatsApp dei commenti che erano stati considerati offensivi dal suo datore di lavoro, e per questa ragione era stata licenziata. La domanda che viene da porsi è: le offese social al datore di lavoro possono configurare giusta causa di licenziamento?  Cosa prevede la legge in merito? Se si fosse licenziati a causa dei commenti negativi o addirittura offensivi, postati su una chat dove sono presenti altri colleghi la giurisprudenza vede due diritti scontrarsi fra loro. 

Il primo è il diritto dei lavoratori di esprimere le proprie opinioni e i propri pensieri. Dall'altra parte vi è il diritto e l'aspettativa del datore di lavoro di essere rispettato dai propri dipendenti, cioè il concetto fiduciario alla base di ogni rapporto di lavoro. Ogni caso dovrà quindi essere valutato singolarmente, ma quello che possiamo affermare è che solitamente, per arrivare a un licenziamento, le offese devono essere decisamente pesanti e infondate. Se per esempio si dovesse affermare che il proprio datore di lavoro è un disonesto perchè sono mesi che non paga gli stipendi, questo potrebbe essere un commento non individuabile dai giudici come offesa grave e ingiustificata. 

E' inoltre importante ricordare che il licenziamento, nel Diritto del Lavoro, è l'ultimo dei provvedimenti che si possa prendere nei confronti di un dipendente. In ogni caso preso in esame sarà quindi importante valutare il comportamento del dipendente nel periodo prima del licenziamento e contestualizzare i commenti del lavoratore per valutarne la reale gravità.

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