Stile&stiletto

La riscossa della moda italiana: il rilancio delle aziende passa per la fusione delle griffe

C’è chi si lecca le ferite per aver perso il 20-30 per cento di fatturato e chi sceglie la fusione per rilanciarsi come le griffe Louboutin, Stone Island, Jil Sander. Il 2021 per alcuni gruppi italiani sarà un anno di shopping in Italia e all’estero. Un’inversione di rotta rispetto alla fuga di marchi del made in Italy del passato. Adesso lavorano per assicurare la permanenza nel nostro Paese alcuni dei nomi del fashion internazionale e allungare nel frattempo le mani sul mercato cinese, che si è velocemente ripreso. 
Sono almeno quattro le operazioni finite nella galassia delle acquisizioni tricolori: oltre al soulier degli stiletto dalle inconfondibili suole rosse, sul quale Exor ha puntato mezzo miliardo, la stessa holding quattro mesi fa è entrata nel gruppo cinese Shang Xia con un aumento di capitale riservato di Hermès International e un investimento di 80 milioni di euro. Gli Agnelli non sono i soli italiani a far leva sulla moda. Pure Renzo Rosso, patron di Otb (che nel suo portafoglio annovera già brand come Maison Margiela, Diesel, Viktor&Rolf, Marni, Staff International e Amiri), si sta dando un gran da fare. Venerdì scorso l’imprenditore veneto ha acquistato dai giapponesi di Onward il brand Jil Sander. 
Mentre la Moncler del comasco Remo Ruffini, a dicembre si è regalata, per 1,15 miliardi, Stone Island. Poi c’è Missoni, che da anni ha avviato una partership con il Fondo strategico italiano e Stefano Beraldo di Ovs, che ha messo in salvo Stefanel, marchio da danni in crisi, puntandoci sopra tutte le sue fiches. L’impressione è che, vista l’accelerazione degli investimenti nel lusso e il clima post-Covid, la campagna acquisti per molte altre realtà del settore possa riservare presto simili sorprese.
Insomma sono tante le griffe italiane ed estere che potrebbero cambiare padrone: le aziende che nei mesi della pandemia hanno tagliato i costi ora sono solide e pronte a nuove acquisizioni.</CF>