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Fabrizio Frizzi, la vecchia intervista e quella scena al semaforo che non dimenticherò mai

Francesco Fredella
Francesco Fredella

Francesco Fredella è nato nel 1984. Pugliese d'origine, ma romano d'adozione. Laureato in Lettere e filosofia a pieni voti, è giornalista professionista. Si occupa di gossip da sempre diventando un punto di riferimento nel jet-set televisivo. Collabora con Libero, Il Tempo, Nuovo (Cairo editore). E' uno degli speaker della famiglia RTL102.5, dove conduce un programma di gossip sul digital space. E' opinionista fisso di Raiuno e Pomeriggio5.

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Due anni esatti senza Fabrizio. L’Italia senza una colonna portante della tv è più sola. Quel suo suo sorriso, in un momento così difficile per il nostro Paese, avrebbe rassicurati tutti. E in questi giorni di crisi per tutti noi gira sui social un video di Fabrizio Frizzi che racconta la storia di quattro candele in una stanza buia. “Non spegnete la speranza” è la frase finale che Fabrizio  pronuncia nello studio de I fatti vostri su Rai2 quando racconta al pubblico una metafora  che oggi fa commuovere tutti. Grandi e piccoli.

A due anni dalla sua morte la tv lo ricorda con particolare affetto. Decine e decine di post sui social dai colleghi che l’hanno sempre amato e stimato, ma anche dalla gente comune. Il suo pubblico. La sua famiglia. Io ricordo personalmente una scena, vissuta in prima persona quando dovevo intervistare Fabrizio. È la serata di Telethon, il gran galà su Rai1. Dicembre mancano pochi giorni al Natale. Sono dietro le quinte. Fabrizio mi dà appuntamento dopo la diretta. Strano, ma vero: dopo ore e ore di maratona non è stanco di parlare con uno dei tanti giornalisti che lo inseguono qua e la. Attendo e seguo Telethon come uno dei più felici spettatori: avrei portato all’indomani un’intervista “fresca fresca” al mio direttore.

Appena parte la sigla di coda mi precipito in studio. “Fabrizio, ti devo intervistare. Ricordi?” Lui risponde con il sorriso sulle labbra: “Certo, vieni. Seguimi”. Camminiamo per lo studio del Foro italico. Per percorrere cento metri fino all’uscita impieghiamo più di un’ora. Fabrizio si ferma a parlare con tutti: pubblico, macchinisti, fonici, operatori. Ad ognuno che lo chiama dedica un pensiero, una parola. Ascolto i suoi racconti. Scrivo e prendo appunti. Trascorro un’ora con lui a braccetto come se fossimo amici da sempre. Arriviamo al cancello. Sono stanchissimo, lui è fresco come una rosa nonostante la diretta lunga ore ed ore. Ad un certo punto mi dice: “Allora, cosa vuoi chiedermi? Facciamo questa intervista”. Guardo l’orologio. Segna l’1.30. Gli dico:“Fabrizio, ho ascoltato i tuoi racconti, ho visto i tuoi sorrisi dedicati mentre parlavi con tutte quelle persone. Hai raccontato aneddoti e storie. Mi basta questo”.

Lui mi guarda e continua a sorridere. Quella scena non la dimenticherò mai. La porto nel mio cuore insieme al selfie che ci siamo fatti prima di andare via. Lui sale in auto. Mette in moto e parte verso casa. Io mi metto in sella al mio scooter. Ci incontriamo all’uscita dello studio Rai, fermi al semaforo. Fa freddissimo. Fabrizio dalla sua auto mi lampeggia, mi saluta di nuovo. Gli rispondo con un colpo di clacson ed un sorriso. Io non sono nessuno. Lui è Fabrizio Frizzi: un grande uomo. Punto. 

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