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Blitz di agosto, vogliono spegnere le radio

Francesco Fredella
Francesco Fredella

Francesco Fredella è nato nel 1984. Pugliese d'origine, ma romano d'adozione. Laureato in Lettere e filosofia a pieni voti, è giornalista professionista. Si occupa di gossip da sempre diventando un punto di riferimento nel jet-set televisivo. Collabora con Libero, Il Tempo, Nuovo (Cairo editore). E' uno degli speaker della famiglia RTL102.5, dove conduce un programma di gossip sul digital space. E' opinionista fisso di Raiuno e Pomeriggio5.

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Stanno per ammazzare le radio. Adesso è arrivato il momento di alzare il volume perché la battaglia al nuovo Tusmar, il Testo Unico pieno di tecnicismi e sottigliezze, è iniziata. C’è poco tempo, bisognare fare presto. Il Tusmar sembra quasi una “supercazzola” poco chiara per chi non conosce il settore. Ma i radiofonici sono preoccupati e sul piede di guerra perché adesso la radio rischia di scomparire per davvero. Non era mai accaduto prima. 

Facciamo un piccolo passo indietro. La spegnimento dell’FM a favore del DAB (la radio digitale) è un vero pericolo per tutte: superstation (cioè le radio extraregionali) e le piccole. Ci sono due date da segnare. La prima è il 5 agosto, quando il Testo Unico arriva in Cdm, che potrebbe licenziarlo o modificarlo (ipotesi difficile per mancanza di tempi); la questione, in questo caso, da tecnica potrebbe diventare politica. E poi l’8 agosto: si tratta di una data chiave e molto importante per dare seguito alla Legge di Delegazione Europea (il Governo italiano sarà chiamato ad adottare i decreti legislativi). Intanto, quel Testo Unico, pieno di tecnicismi, rischia di far perdere ai radiofonici il treno della grande opportunità della riforma del settore, voluta da anni. 

C’è davvero troppo poco per fermare in qualche modo lo spegnimento veloce e improvviso dell’FM a favore del DAB. L’Italia, tra l’altro, non è ancora pronta ad un passaggio improvviso e per niente graduale: potrebbe ripetersi quello che accaduto con le tv, qualche anno fa, che sono passate dall’analogico al digitale in poco tempo nella confusione più totale del pubblico a casa. E in tutto questo marasma generale, chi paga potrebbero essere gli editori (imprenditori privati) che hanno raccontato il Paese negli ultimi 50 anni con le radio grazie agli investimenti privati. Servirebbe uno switch over: un passaggio graduale e parallelo. Una transizione soft attraverso sovrapposizione delle modalità di ricezione, per capirci. 

C’è da fare una riflessione: nel momento in cui l’FM sarà spenta le radio private, superstation o piccole che siano, subiranno un duro colpo. Eccetto, probabilmente, la Rai che è da sempre controllata dal Governo (non è sicuramente una novità). E sullo spegnimento dell’FM interviene Roberto Sergio (RAI) che su Newslinet.com addirittura frena sul concetto di “radiofonici” promuovendo il principio guida dell’ibridazione. Assurdo. “La convergenza di radio, produttori e distributori sul mondo digitale utile per stimolare mondo politico a fissare spegnimento della Fm. Modulazione di frequenza sarà solo infrastruttura di distribuzione streaming. Stop concetto di “radiofonici”: siamo tutti produttori di contenuti”, dice Roberto Sergio. Sembra la morte annunciata delle radio a favore di grandi gruppi stranieri (Amazon, Spotify, Facebook, Google ad esempio) che potrebbero prendere piede ancora più di quanto abbiano fatto finora. Solo qualche anno fa Spotify, con ricavi pari a 9 milioni, ha pagato soltanto 69 mila euro di tasse in Italia. Facebook, invece, sta galoppando con la raccolta della pubblicità locale (come anche Google). In questo modo verrebbero favoriti gli OTT. Strano, ma vero. 

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