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Vincenzo Mollica? Se Arbore, Pausini e tutti gli altri concedono l'onore delle armi

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Come per il ritiro dei Pooh o l’abbandono ai campi di Pelè, il fatto che Vincenzo Mollica - inviato leggendario del Tg1- andasse in pensione è sempre stato, per il mondo dello spettacolo, una sorta di inganno di Fata Morgana.

Sono anni che Vincenzo annunciava di ritirarsi, ma poi lo vedevo sempre esplodere dagli anfratti del tg: e rimaneva la mia solida certezza in questo mestiere. Mollica per me, oltre che un amico, è sempre un maestro, una specie di Obi Wan Kenobi; la sua spada laser erano la profonda cultura e un’agenda siderale ereditata da Lelluccio Bersani. E’ stato uno dei primi colleghi che pazientemente mi accompagnò, da ragazzo, nei meandri del mestiere. Lo percepivo quasi come un’entità astratta. 

Però quando Amadeus e Fiorello, nell’ultimo Sanremo gli hanno tributato -col pubblico dell’Ariston- la standing ovation, be’, lì ho capito che era davvero finita. Il decano dei cronisti di spettacolo a cui la Rai aveva concesso l’ultima inviatura, lasciava definitivamente il campo. Dalla tv avrei voluto abbracciarlo e dirgli grazie. Evidentemente la stessa sensazione è venuta a Chicco Mentana. Il quale, l’altro giorno, è comparso a sorpresa negli studi de La vita in diretta condotto da Lorella Cuccarini e Alberto Matano, proprio per omaggiare i 40 anni di carriera dell’amico col quale iniziò il 25 febbraio del 1980.Ora, considerando che il mondo dei giornalisti trasuda, di solito, livore e ipocrisia, il gesto di Mentana mi ha spiazzato. Eppure, l’avrei fatto anch’io. Come d'altronde l'hanno fatto, qualche giorno dopo alla Domenica In della Venier, Pausini, Arbore, Carrà, Ferilli, Nannini e Ligabue, tutte le grandi star -per dirla alla Andrea Pazienza- che Mollica hanno conosciuto e stimato.

Il cuore di Mollicone è immenso quanto la sua professionalità. Nessuno ne parli mai male. Anzi,  qualcuno lo critica perché Mollica stesso non parla mai male di nessuno, fatta salva una sfuriata contro uno sciacallo sul letto di morte di Fellini; ma l’ignorare i mediocri è sempre stata una sua cifra stilistica. Lo ripeto. Ogni volta che vedo la politica prendere il sopravvento sul giornalismo, mi torna in mente Vincenzo che rifiuta la vicedirezione del Tg1 per fare l’inviato a Sanremo; che, piuttosto che infilarsi candidato in una lista elettorale, preferisce diventare un cartoon della Disney (“Vincenzo Paperica”); che continua a leggere il mondo con gli occhi -seppur oramai malconci- di un fanciullo. Albino Longhi mi diceva che Mollica era il migliore della sua generazione, solo che lui, immerso nell’arte del popolo, fingeva di non saperlo…

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