Cerca
Logo
Cerca
+

Se t'ammazzi di risate con Abatantuono che fa Babbo Natale

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

Vai al blog
10 giorni con Babbo Natale Foto: 10 giorni con Babbo Natale
  • a
  • a
  • a

“I regali di Gesù Bambino, in realtà li porto io. Ma, anche voi. Come potete pensare che un neonato seminudo a temperature sottozero, possa consegnare dei regali? Dai, un po’ di realismo…”. L’unica volta che vedrete Babbo Natale incazzato sarà quella in cui l’omone paonazzo, risponde, in una taverna nel cuore della Lapponia, una famigliola bergamasca che gli confessa di credere non in lui, ma in Gesù Bambino.

Babbo Natale che rivendica fieramente l’efficienza del suo sistema di consegna pacchi tramite renne volanti (“una volta, nel ’45 fui abbattuto dalla contraerea tedesca, fortuna che mi diedero una mano quelli dell’aviazione inglese…”) è solo uno dei micidiali meccanismi comici come quello di cui sopra, che costellano 10 giorni con Babbo Natale, il nuovo film di Alessandro Genovesi che sta stracciando i record su Amazon Prime, superando l’affollata e zuccherosa produzione natalizia americana. Il Babbo in questione è un Diego Abatantuono strepitoso che, barba bianca e costumone rosso, viene investito in una serata di neve austriaca dal camper sfigatissimo della famiglia Rovelli fatta da papà Carlo Rovelli/Fabio De Luigi, mamma Giulia/Valentina Lodovini e i tre figli ognuno con problemi seri (il figlio di 9 anni è un fan di Hitler e insulta gli albanesi negli autogrill, la grande adolescente è ecosostenibile come Greta Thunberg, si salva solo la piccola di anni 4). I Rovelli sono diretti a Stoccolma dove Giulia, da supermanager, dovrà sostenere un colloquio di lavoro che probabilmente sgretolerà del tutto la famiglia già incasinata di suo. Aver messo sotto il camper un Santa Claus che perde la memoria col volto e la parlata milanese ed averlo accompagnato alla sua casa/fabbrica ai confini del mondo,be’ riunirà la stessa famigliola sotto la neve e nella colonna sonora di Al Bano e Romina Power. Questa è più o meno la trama di una commedia cui non avrei dato due euro, ma che in realtà ha fatto contorcere sul divano dalle risate la mia intera famigliola, bimbetti rockettari compresi. A parte la regia accurata, la sorpresa di questo film/gioellinino è la sceneggiatura che sembra scritta da Mario Monicelli. Cito alcune battute, random.   In famiglia: “A che ora è la recita dei bambini oggi?” “Alle 5 e mezza” “Ok e cosa fanno?” “Gesù contro Godzilla, Bianca (la piccola, ndr) fa Godzilla”. La figlia sinistrorsa che bigia: “Oggi non vado a scuola c’è sciopero, per l’estinzione del gorilla del cross- river”. Oppure colloquio tra Carlo e il  Babbo appena investito: “Ha un documento d’identità?” “Ma come documento, sono Babbo Natale; ha mai visto chiedere le generalità a Buddha o Che Guevara?...”. Oppure il padre che fa la morale alla figlia: “Gli adulti sono adolescenti coi capelli brizzolati e che pagano l’IMU”. Il tutto condito da situazioni paradossali, come quando per rianimare il Babbo che ogni volta perde la memoria evocando un ristorantino di Stoccolma specializzato in baccalà portoghese, papà Carlo usa i cavi della batteria del camper a mò di fibrillatore cardiaco.

Tra l’altro 10 giorni con Babbo Natale che è il sequel del fortunato 10 giorni senza mamma. Lì, il padre, prendeva una decisione estremamente femminista e paritaria scegliendo di rimanere a casa per badare alla famiglia, lasciando alla moglie la possibilità di fare carriera. Qui, invece, la situazione si ribalta: in modo politicamente scorretto, è la moglie che deve scegliere tra l’avviatissimo lavoro e la deriva della famiglia. Altri temi sono le mordacchie dell’adolescenza, un figlio nottambulo che ogni sera prende a sberle il papà e se ne torna aletto, il razzismo, un larvato senso di patria. Genovesi il nostro Frank Capra?...

 

Dai blog