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"Montalbano non deve morire!", ma lo surclassano gli altri poliziotti del sud (come Lolita Lobosco)

La Sicilia insorge per Montalbano. Ma il Commissario ora è surclassato dagli altri sbirri del sud . il vicequestore Lobosco, per esempio...

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Luca Zingaretti e Luisa Ranieri Foto: Luca Zingaretti e Luisa Ranieri
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Quando Conan Doyle, ormai schiavo del suo eroe letterario, decise di far morire Sherlock Holmes nelle cascate di Reichenbach, i lettori si sollevarono in quadrata falange, con una forza d’urto tale che lo scrittore fu costretto a resuscitare il detective. Ora, il Commissario Montalbano non è Holmes.

Eppure, qualcosa del genere sta accadendo negli assolati territori del ragusano e del siracusano, tra i sindaci, gli amministratori locali, i semplici lettori: un popolo in rivolta, alla conferma che quello del prossimo 8 marzo su Raiuno -Il metodo Catalanotti- sarà l’ultimo episodio della saga tv di Montalbano. Lo vuole l’interprete Luca Zingaretti, lo sottoscrive il regista storico Alberto Sironi, e soprattutto lo desiderava, per disposizione testamentaria, lo stesso Andrea Camilleri: “Il commissario Montalbano finirà con me”. E amen. Ma le genti sicule temono il contraccolpo turistico: i dintorni di Vigata sono per i visitatori quel che Baker Street è per Sherlock Holmes, un luogo dell’anima e un solido investimento. Un grido di dolore per tutti è quello del sindaco di Noto Corrado Bonfanti: “È impensabile ed oltremodo irriverente nei confronti della memoria del grande maestro Andrea Camilleri, pensare di non realizzare un’ultima e definitiva puntata della straordinaria serie tv”. E gli aficionados, qui, evocano un fantomatico progetto di riduzione televisiva di Riccadino (Sellerio) romanzo conclusivo della saga di Montalbano e pubblicato postumo per volere di Camilleri. Ma,  nulla: Montalbano pare destinato all’oblio catodico. D’altronde i tempi cambiano, gli eroi invecchiano, le trame imbiancano. E si levano all’orizzonte altri sbirri emblemi di un Meridione romanzesco, terra d’orgoglio, ricettacolo di intelligenze e d’efferati delitti. Molti di questi indagatori che ridisegnano le scene del crimine sono donne. Per esempio, c’è il vicequestore Lolita Lobosco che nella nuova fiction di Raiuno con Luisa Ranieri  (che nella vita, guarda il destino, è la moglie di Zingaretti) strega il pubblico con un ascolto pari al 31.8% di share (7.535.000 spettatori), ma portandosi dietro qualche perplessità. Qualcuno segnala che la splendida Ranieri, femminone d’accecante beltà direbbe Vittorio De Sica, è esattamente la “poliziotta con la quinta di reggiseno, il tacco dodici, single e con una squadra di maschi da domare” dei romanzi di Gabriella Genisi; ma con quella straripante presenza rischia di offuscare la trama. Così come forse troppo marcato -dicono- è quell’accento barese, mai così cantilenante dai tempi delle commedie di Lino Banfi o della caricature di Sergio Rubini. Eppure, la Ranieri è bravissima. E per chi conosce le stradelle di Bari Vecchia che avvolgono la Basilica di San Nicola (compresi i furgoncini di verdure che danno un passaggio alla protagonista sul lungomare), le location sono assolutamente naturali.

Ma la vicequestora Lobosco non è l’unica ad offuscare Montalbano nella mitopoietica moderna del sud che rialza la testa. C’è anche la procuratrice Imma Tataranni di Valeria Scalera. Una detective straordinaria che, a differenza di Lolita, non ha le phisique du role: veste orribili pelliccette da mercatino dell'usato; sembra una di quelle casalinghe che negli anni 70, per arrotondare, facevano i porta-a- porta dei cosmetici dalle amiche. E, in più, sfodera una capigliatura magenta passata alla galleria del vento che mi ricorda un po' Davide Mengacci un po' Gene Simmons dei Kiss. Eppure, anche lei straordinaria. Altri poliziotti iperattivi e a volte decadenti in una Napoli dalle epoche diverse sono gli eroi usciti dalla penna di Maurizio De Giovanni: il Commissario Ricciardi (uguale non tanto alla versione dei libri ma in quella dei fumetti della Sergio Bonelli) interpretato da un Lino Guanciale sbirro che vede i morti in epoca fascista, e il gruppo dei poliziotti dei Bastardi di Pizzofalcone, senza regole sotto il Vesuvio d’oggi ma anch’essi ricettori d’ascolti. Tutti figli del sud che hanno superato il padre. Montalbano è morto, viva Montalbano…

 

 

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