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Se la Ricciarelli in diretta vuole il vaccino da Zaia

La cantante esasperata sollecita a Domenica in l'intervento del governatore. Il gesto disperato è lo specchio dell'Italia pandemica

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Ricciarelli e Venier Foto: Ricciarelli e Venier
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Il pianto di Katia è un pianto d’opera: fragoroso, di petto, alla naturale ricerca dell’applauso, come quando, sul palco, interpretava la Lucrezia Borgia di Donizetti.

Di prim’acchito, le lamentazioni della rovigotta Katia Ricciarelli a Domenica in, il suo strattonare la Regione Veneto (“Io canto da 50 anni. Pensavo che qui fossimo all’avanguardia!”) per averla privata del vaccino nella tempesta pandemica ed emotiva; be’, suscitano nello spettatore medio una certa stizza. Uno dice: questa signora, per quanto sola, soprano, depressa col cagnolino in braccio, ha soltanto 75 anni. E sfrutta le sue conoscenze vip per far chiamare in diretta il governatore della sua Regione, Luca Zaia reclamando al più presto la sua dose di Astrazeneca. Meglio che la Katia taccia per pudore. E si metta in fila, dietro ai vecchi pazientissimi come mia suocera vedova di 84 anni con 4 figli, cardiopatica, e che aspetta il legittimo vaccino da un mese in Lombardia. Per dire, anche lei, ligia, canta sotto la doccia; ma non è un buon motivo per rompere le balle in tv. Sicché, quando la Venier risponde alla poaereta Katia: “Tu sei una donna forte, devi ritrovare la forza. Dai adesso vediamo se riusciamo a contattare Luca Zaia”; be’, di primo acchito viene da metter mano ad un mitragliatore leggero. Il presidentissimo Zaia, a stretto giro, ribatte che la Ricciarelli ha 75 anni “e sa benissimo che arriveremo a farle la vaccinazione ma quando toccherà a lei. Prima di allora vi sono le persone più anziane”.

E, da lì, ecco che le ovvie reazioni sul web, specie dei veneti, diventano dirompenti. La più educata è “Ognuno deve aspettare il proprio turno al di là se è cantante o operaio”.  La più tecnica spiega che “nel Lazio sono state consegnate 1.118.2000 dosi di vaccino, somministrate 950.141 pari all'85% della popolazione mentre nel Veneto sono state consegnate 894.580 dosi e somministrate 782.091 pari all’87%. Motivo per cui mi chiedo come mai lei e la sua amica Venier non vi trasferite nel Lazio”. Più qualche “va in mona”, qua e là, che si aggiunge come nota a margine. Questo, di prim’acchito.

Ma l’appello della soprano in diretta tv, la sua disperazione, richiedono una seconda lettura. Lo stesso Zaia spiega deciso: “Capisco lo sfogo della grande artista, ma io ho l’obbligo di difendere la qualità del lavoro sul fronte delle vaccinazioni che il Veneto sta facendo”. Ma usa il tono educato di chi ha la sicurezza di aver fatto il possibile, e conosce come i lati oscuri della campagna vaccinale in atto. E sono tanti. Sono quasi un milione - un quinto del totale- gli italiani che risultano vaccinati pur non avendo 80 anni, né risultano appartenere alle categorie “fragili” o a quelle privilegiate della scuola, delle forze armate, delle Rsa o degli ospedali. Le regioni, inchiodate al titolo V° della Costituzione, tendono ad andare ognuna per conto proprio; e i vaccini dallo Stato centrale tardano ad arrivare per i noti motivi. E quando i vaccini arrivano, migliaia di ultraottantenni e di malati pregressi in attesa del proprio turno, si vedono sorpassare da politici locali, avvocati, psicologi, professori universitari (?), giornalisti, perfino magistrati: quelli che Draghi, denunciando la situazione inaccettabile chiama “i gruppi di potere”. Ovvio che la Ricciarelli si deprima, si disperi, si aggrappi disperatamente ad ogni conoscenza per evitare di sfilare all’ultimo gradino della scala sociale. La sua vicenda è lo specchio appannato di un’Italia furbetta e cialtrona che rovina gli slanci dell’Italia perbene. (Prima, però, Katia, per favore, lasci il vaccino a mia suocera…)

 

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