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Tutte le ipocrisie dietro l'addio a Raffaella Carrà

Un lutto nazionale per la Raffa sommersa dagli applausi. Ma dalla Rai ai socialisti alla Cuccarini allo Stato che le negò il cavalierato: quanto retorica...: quante facce di tolla

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Raffaella Carrà Foto: Raffaella Carrà
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Gli epitaffi hanno sempre un valore retroattivo, dicevano gli antichi. Vale anche per la padana cosmopolita Raffaela Pelloni in arte Carrà, romagnola d’Italia e di Spagna, Madonna del sorriso e della lacrima al centro di un culto antico di cui tutti noi eravamo adepti.

I funerali della Raffa nazionale, preannunciati da un tour della salma nelle città predilette dell’artista, si sono da poco celebrati all’Ara Coeli del Campidoglio mentre fiumane intermittenti di fedeli s’accalcavano per l’ultimo omaggio. E, in questi giorni di cordoglio, si sono sprecate gli applausi, le lodi e gli epicedi verso “la Regina della tv”, “la rivoluzionaria dello spettacolo”, “la moglie, amante, zia, amica, vicina di casa ideale”; “colei che aveva insegnato alle donne a credere in se stesse” insufflando l’idea che essere dominatrici in camera da letto non era affatto disdicevole anzi era finanche divertente. Raffa mito del nostro tempo, Raffa feticcio e modello di quattro generazioni. Con tutto il carico di retorica che ne consegue. Però, ad onor del vero, ci sarebbero da registrare, tra coloro che oggi innalzano la Carrà al cielo, delle feroci ipocrisie. Per esempio, quelle della Rai. Negli anni 80 –dice Giancarlo Magalli- la considerava finita e, strappatala al varietà, la piazzò in una fascia di tv mattiniera, quella delle 12 che l’avrebbe definitivamente tolta di mezzo; solo che Raffa, con quei maledetti fagioli nel maledetto barattolo di vetro, infranse i cuori e l’audience (10 milioni di spettatori) e risorse dopo il terzo giorno. Poi c’erano i vecchi socialisti che ora seguono la bara della Carrà ma prima avevano seguito Craxi che avrebbe voluto tagliarle lo stipendio. E poi i vecchi Dc bacchettoni che prima la mettevano al rogo per l’ombelico nudo e il Tuca Tuca e oggi di Raffa esaltano i valori familiari. Infine ci sono le nostre istituzioni rimaste a guardare mentre Raffa riceva il cavalierato del Lavoro in Spagna, mica in Italia (e di questo lei soffriva). Qualcuno, inoltre, ha ripescato dal web una vecchia frase di Lorella Cuccarini, la presunta erede: “Non ci siamo incontrare per 30 anni, Raffaella. Spero di non incontrarti per i prossimi 30. Umanamente sei stata un’amara delusione”. Trattasi della stessa Cuccarini che ora scrive: “Vorrei dirti tante cose. A casa mia sei sempre stata un mito. Pre me sei un punto di riferimento intoccabile”. Alchè Heater Parisi è sbottata: “E’ sorprendente il potere che ha la morte umana di far rinsavire anche il più imperterrito degli ipocriti al punto da fargli ammettere financo la propria ipocrisia”. L’ipocrisia, a differenza dell’epitaffio, non ha valore retraoattivo.

E a fare il contropelo alla nostra signora dei palinsesti c’è stato anche lo scrittore Fulvio Abbate: “Se un ruolo quell’ombelico ha avuto si è trattato semmai di un dato riferibile all’ambito periferico della televisione dorotea di Ettore Bernabei. Non era insomma la Rosa Luxemburg della prima rete, di Raiuno”. Sì, probabilmente Raffa non era Rosa Luxemburg. Ma che il suo rimarrà un mito ad uso delle masse, è una certezza impressa nei nostri ricordi e nella sua bara di legno grezzo trascinata tra gli applausi… 

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