Tv di Stato

Giorgia Meloni, perché sulla Rai si sente tradita (e vuol far saltare il centrodestra)

Francesco Specchia

Stavolta è troppo. Le scelta sulla nomina dei membri del cda Rai scatena l’ira funesta di Giorgia Meloni contro gli alleati del centrodestra. Dicono che Giorgia chiami stizzita Berlusconi evocando il fair play e i diritti dell’opposizione (cioè lei); che s’avveda del rischio di sparire dal radar di viale Mazzini; e che minacci, infine, di far saltare tutti gli accordi con gli (ex) amici Silvio e Matteo. Quel che non fece Draghi poté la Rai.

Igor De Biasio, indicato dalla Lega, al Senato e Alessandro Di Majo dal M5S sono stati eletti ieri dal Senato membri del nuovo consiglio di amministrazione di Viale Mazzini, rispettivamente con 102 e 78 voti. Considerando che Simona Agnes indicata da Forza Italia è passata alla Camera e che il meloniano Giampaolo Rossi ottiene solo 20 voti; be’, la notizia oggi è che oggi Fratelli d’Italia scompare dalla governance della tv di Stato. Oddio, scompare non è il termine esatto. Diciamo che restringe il suo raggio d’azione. 

Certo, Rossi, è stato finora un ottimo stratega; ha suggerito il direttore del personale Rai; ha imposto formati e contratti; e soprattutto ha connotato molto a destra il corso di una rete, la Raidue di Federico Di Meo, che, tra alti e bassi, è diventata il riferimento di una Giorgia Meloni in irresistibile ascesa. Per dire, la Lega che elettoralmente poteva contare di più, se l’è giocata malissimo, chiedendo ed ottenendo posti di peso politico esiziale.  Meloni fa giustamente notare il suo attuale peso politico e minaccia -dicono- anche di "svuotare Forza Italia il partoto che avrebbe avuto l'idea di fregarla e verso cui le s'accinge a fare shopping. Per un momento pare che addirittura Giorgia  abbia ventilato la pretesa di ottenere il presidente -che di solito spetta all’opposizione-; ma alla fine ha richiesto solo la conferma del suo proconsole. Conferma che non c’è stata. Perché molti ribattono che FdI oggi è sugli scudi soltanto nei sondaggi; mentre, per esempio, M5S vanta i voti in Parlamento (che invece sono spariti nel paese reale). Insomma, la trombatura di Rossi, di fatto, sta bene a tutti, centrodestra e centrosinistra. Come convincere ora Giorgia, fuori dalla grazia di Dio, ed evitare di far saltare il centrodestra?

 Probabilmente offrendole qualche vicedirezione o posizioni di peso. E facendole notare che la Rai, da sempre sfasata rispetto alle geografie parlamentari, vede ancora Raidue saldamente nelle mani di Fratelli d’Italia. Sarà un’opera di convincimento lenta, ma alla fine la triplice alleanza a centrodestra troverà la quadra. Sulla Rai la quadra si trova sempre.

Per il resto, il centrosinistra è contento delle nomine (e vorrei anche vedere), mentre i grillini non sono affatto soddisfatti per la scelta del Di Majo sbagliato. Nei Movimento cresce di ora in ora il malcontento per il nome proprio di Di Majo che era stato bocciato dalla maggioranza dei pentastellati assisi in Commissione di Vigilanza. Pentastellatiche avevano votato il «più competente» Antonio Palma. Come al solito, lì, in piena balcanizzazione del partito, hanno deciso gli altri. Il dito viene puntato contro il capo politico reggente il solito Vito Crimi e contro i capigruppo di Senato e Camera, Ettore Licheri e Davide Crippa. «Di fronte a questo assurdo ribaltamento abbiamo chiesto di convocare, con urgenza, un’assemblea di gruppo», spiegano i dissidenti. Dalla riunione trapela l’ira dei pentastellati: molti intervengono criticando il metodo e bollano Di Majo come soggetto di rara inadeguatezza.  «Se il nuovo corso del Movimento inizia così, calpestando la volontà degli eletti, è un brutto inizio». Probabilmente ha ragione. 

Ad occhio si risolverà tutto dopo un paio di mesi di nevrosi incrociate. Meloni riavrà probabilmente ciò che ha perso. Ad occhio, forse anche di più...