Dietro le lacrime di The Voice Senior

The Voice Senior e la storia di Annibale: il riscatto a 50 anni da "Lo chiamavano Trinità"

Francesco Specchia

“Siamo nelle mani di qualcosa più grande di noi: credo in un Dio senza bandiera”. Un Dio che, probabilmente, l’altra sera trotterellava tra Bud Spencer e Terence Hill nella leggenda degli anni 70, fischiettando il suo cavallo di battaglia, Lo chiamavano Trinità, trascinandosi dietro- come nell’omonimo film- una lettiga di sogni e di riscatto.

 Annibale Giannarelli, 74 anni, timido campagnolo di Sassalbo nelle praterie di Massa Carrara, pronuncia queste parole subito dopo aver vinto la finale stracciascolti di The Voice Senior su Raiuno. Lo fa senza smettere di piangere come un vitello; se ne sta aggrappato alla spalla del suo coach Gigi D’Alessio, illuminato dall’abitino catarifrangente della conduttrice Antonella Clerici, con la sensazione che davvero tutti i telespettatori che l’hanno votato stiano, per un attimo, nella stessa lacrima.

Annibale ha appena cantato - al piano e sfondandosi i polmoni- la colonna sonora dello spaghetti western di cui, dal 1970, è sempre stato l’artista invisibile. Prima ancora si era appropriato di My Way di Sinatra e ne aveva fatto magia. E ancora prima aveva cantato Billy Joel come neanche il vero Billy Joel. La vittoria di Giannarelli, il gigante della musica con la tristezza negli occhi, è stata applaudita all’unisono dai giudici di The Voice; esaltata dal direttore di Raiuno Stefano Coletta; pronosticata e gridata allo scoccare della diretta di mezzanotte dai miei due figli di 7 e 10 anni che da ieri strimpellano Trinità alla chitarra e ricercano ossessivamente su Netflix la filmografia di Spencer &Hill.  Non fanno sempre così, di solito preferiscono i Queen, i Led Zeppelin e Nick Cave. Comunque m'è salito un sussulto d'orgoglio.

Tra l’altro, i  miei ragazzi hanno sorriso, scoprendo che Hill stesso si è congratulato con Annibale, suo cantore il cui nome, per 50 anni buoni, non era mai finito neppure nei titoli di coda (la colonna sonora era firmata solo da Franco Micalizzi). La storia di Giannarelli è l’emblema di un ritorno quasi da romanzo. Emigrato dalla Lunigiana con la famiglia in Australia, a Melbourne, all’età di 13 anni; vincitore di un disco d’oro a 15 anni; spalla di Mina e Peppino Di Capri nei concerti a Sydney; abbandonato negli scantinati dei talenti sfioriti negli anni 80; colpito da vicende familiari gravi di cui preferisce non parlare e chiusosi nel silenzio del paesello sugli Appennini, Annibale ha ricevuto –come nei film di Frank Capra- una seconda possibilità. E non l’ha sprecata.

Ha surclassato concorrenti dal talento mostruoso (una vocalist con figlio a Dubai, una coppia di lavoro e di vita dalla voce tonante, un ballerino esplosivo estratto dalle teche Rai, un tizio canuto che canta come Barry White…); ed è entrato come una spada nei cuori degli spettatori. Ora, con la vittoria inciderà un singolo per la Universal. La musica toglie, la musica dà…