Il leder che divide

Stai a vedere che il pirla, ora, è Zelensky... (Elogio di un patriota)

Francesco Specchia

Stai a vedere che adesso il pirla è Zelensky. E la colpa è degli ucraini: non si sono lasciati tranquillamente invadere, trucidare, violentare. Potevano evitare di combattere con le unghie e i denti contro l’Armata Rossa che gli entrava in soggiorno, invece di lasciare le chiavi nella toppa. Tutto questo è surreale

Volodymyr Zelensky rimbalza dappertutto. Addirittura La7  manda in onda nella prima serata del lunedì le quattro puntate di Servant of the people la serie tv prodotta da Kvartal 95 che ha come protagonista il Presidente dell’Ucraina  che interpreta un professore di liceo che diventerà, a sorpresa, il Capo dello Stato (profeticamente, la sua storia). Buon prodotto ma con non mostruosa audience, anche perché la realtà superata la fantasia e il vero Zelensky affolla i tg. Perfino il mensile Linus ci ha fatto la copertina. E per questo viene attaccato e diventa lo zimbello dei cosiddetti "negazionisti" della guerra, o dei sedicenti "equidistanti". Bene.

Soltanto qualche anno fa, avremmo trattato chi sosteneva che la strage di Bucha fosse una fiction come un clochard ideologico sfuggito alla legge Basaglia. Ora ci tocca perfino imbastire contraddittori, costretti a maneggiare la materia plotinana dei filoputinani, le loro astruserie contaminate da rimasugli antioccidentali. Quando mio figlio di 10 anni mi chiede cosa spinge gli ucraini a combattere e a sostenere Zelensky e la sua -furba ma necessaria- strategia mediatica; be’ io prima gli ricordo di mio nonno, ufficiale decorato a Tobruk, un pacifista con un senso dell’onore d’acciaio inox che attraversò il deserto col suo battaglione. E poi gli cito Winston Churchill, quando il 18 giugno ’40 pronunciò il famoso discorso che snebbiò l’orgoglio degl’inglesi nell’«ora più buia» e restituì dignità all’Europa invasa dai nazisti. «Mi chiederete: qual è la nostra politica? Rispondo: fare la guerra in mare, via terra e in aria, con tutto il potere e la forza che Dio ci dà; fare la guerra contro una terribile tirannia che supera qualsiasi crimine umano», disse il premier britannico «la vittoria per quanto lunga e difficile sia la strada; senza vittoria non ci sarà vita». Ecco. Ora Zelensky –che non è Churchill né De Gaulle- fa lo stesso: alimenta la resistenza contro gli invasori, combatte dalla trincea come un qualsiasi maschio compatriota maggiorenne e pretende solo di essere padrone a casa propria. E lo fa sostenuto dall’intero popolo ucraino che, richiamato in massa alle armi con un tasso di diserzione pari allo zero, sta fermando 60 chilometri di carrarmati sulla via di Kiev. I russi - soprattutto i feroci ceceni - trovano una resistenza eroica e impensabile; e, per la rabbia riempiono con 360 civili le fosse comuni a Bucha, e stuprano i bambini. L’orgoglio della sontuosa Armata Rossa si perde così in un’operazione di alta macelleria.

E c’è ancora qualcuno che balbetta “doverosi distinguo”, e tenta di dar credito alle deliranti versioni della maskirovka, l’arte dell’inganno putiniano assolutamente priva del senso della patria e dell’onore. Ecco. 

Sta proprio qui la differenza tra ucraini aggrediti e russi aggressori. Il discrimine è un soffio dell’anima. Gli ucraini possiedono un senso della patria che pulsa in petto, li spinge a non arrendersi, a respingere i russi coi mortai e con le fionde. Preferiscono morire liberi assieme ai propri figli che vivere in una dittatura, checché ne dica l’ineffabile professor Orsini. Nessuno di loro vuole la guerra, ambiscono tutti tornare alle loro famiglie, riprendersi un brandello di vita normale. Ed è proprio per questo che combattono, nel ricordo delle nefandezze passate sotto il tallone del Cremlino; è per questo che non desistono, sostenendo il loro presidente. I russi, dopo aver evocato un’Ucraina neutrale come l’Austria e avergli intimato di «non aderire alla Nato» (e sulla base di quale diritto?) hanno acceso la guerra fottendosene di ogni norma di civiltà e diritto. Quello che sta passando, ora, è un concetto pericoloso: dobbiamo lasciar fare ai russi tutto ciò che vogliono –come ai nazisti ai tempi – perché sono più forti. Con questo assunto domani Putin si sveglia ricordandosi di aver passato una bella vacanza a Siena e, così, invade la Toscana del mio amico Antonio Socci.

Con questo discorso Palach, Nagy, Dubek, i martiri d’Ungheria e Cecoslovacchia, perfino Pellico, D’Azeglio, Mazzini, la folla sterminata dei nostri caduti per la libertà diventano emeriti imbecilli. «La Patria non è un ‘opinione. O una bandiera e basta. La Patria è un vincolo fatto di molti vincoli che stanno nella nostra carne e nella nostra anima nella nostra memoria genetica», scriveva Oriana Fallaci che oggi si rivolterebbe nella tomba. E se non vogliamo parlare di patria, parliamo di dignità. Non ci fosse Zelensky, gli ucraini sarebbero comunque lì, a difendere col sangue la stessa democrazia di cui godono i filorussi nostrani, almeno finché non si troveranno un cosacco ad abbeverarsi in soggiorno…