Una triste parabola

Le strabilianti imprese tv di Orsini (pronto per il Daspo)

Di Alessandro Orsini rimarrà, per i posteri, la sua ultima uscita situazionista su Youtube (perfino per la tv sarebbe stato troppo).
L'aria di chi si è appena svegliato col segno del cuscino sulla faccia.
Lo sguardo a tapparella a metà fra tra Il Piccolo Principe e l'Helmut Berger nazistoide nella Caduta degli dei di Visconti. Il piglio dinamitardo. E il sussurro minaccioso, davanti alla telecamera, non contro Biden, Zelensky o Crosetto, ma contro il critico televisivo Aldo Grasso il quale consigliava ai signori dei palinsesti di cancellarlo dall'albo dei polemisti. E non è detto che, alla fine, non accada. Il Daspo televisivo per Orsini oggi pare sempre più vicino.
Eppure, fino a pochi mesi fa, imperanti prima il Covid e poi la guerra, il sociologo del terrorismo terrorizzava e, al contempo, attraeva. Ospite sgradito e conteso al tempo stesso di ogni Il professor Alessandro Orsini (LaPresse) talk, polemista in grado di innalzare l'asticella del putinismo all'impossibile, interprete dell'istinto primordiale grillino, esaltato da Marco Travaglio che ne aveva fatto editorialista del Fatto: Orsini inglobava tutto, dissertava su tutto.
Una volta erano gli invii alle armi all'Ucraina; e un'altra l'accusa a Letta, Draghi e Gentiloni tutti insieme - di «ambire al posto del segretario della Nato Stoltenberg» per la «totale subordinazione all'America»; e un'altra ancora, le cannonate agli Usa con la solita premessa «nessuno è più atlantista di me, ma...»; e infine, lo schierarsi «con i bambini che vivono in una dittatura piuttosto che per quelli che muoiono sotto le bombe in una democrazia» senza sentire i pareri dei bambini e dei genitori combattenti alla morte in nome della libertà. E già lì s' avvertiva, il rombo da mortaio di puttanate lontane (a dire il vero era iniziato nel 2018, quando a Omnibus su La7 preconizzò «un attacco terroristico nel cuore dell'Italia»). Poi, però, quel suono s' è fatto sempre più vicino e pressante. Sarà che Orsini ha perso il treno della candidatura alle Politiche.
Sarà la polemica con Saviano - due giganti del pensiero- su Gramsci; e quella con Lupi sul fatto che bisogna inchinarsi ai russi per trattare la pace. Sarà la sua figura di palta nel tradurre con Google Translate -alla faccia della fama internazionale- la firma del giornalista "William J. Broad" in "William J. Ampio" con tanto di spelling: "A-m-p-io...". Sarà tutto ciò ma, insomma, Orsini passato dall'allure di un Caracciolo a quella di un Borghezio, è sparito dal radar. Di lui oggi, si manda in loop l'invettiva contro Grasso. Invece di scusarsi per le frescacce, Orsini dice: «Sono esperto di movimenti rivoluzionari e sono anche un esperto di strategie della repressione. Sono un esperto in rivoluzioni e un esperto in repressioni. E so esattamente quali tasti premere. E so quali sono le reazioni ai tasti che premo». Epperò, deve avere premuto il tasto sbagliato. Perché le reazioni di molti spettatori si dividono tra quelli che pensano «Oddio, ma questo è un coglione», e quelli che l'avevano intuito in tempi non sospetti...