Il documentario di Brenna e Capotondo

Second Chance, il racconto di vite perdute e ritrovate

Francesco Specchia

Quanto conta nella vita avere una seconda chance? Quanto bisogna immergersi nel lavacro penitenziale di un carcere? Quanto conta sdraiarsi e –svuotati di sogni ed emozioni - su una panchina ai margini del mondo, per poi rialzarsi e riaggrappasri alla vita?

Sono le domande che ribollono dalle coscienze. E alla visione di Second chance, narrato da Cristiana Capotondi, scritto e diretto da Erika Brenna disponibile in esclusiva sulla piattaforma di Discovery+, proiettato sui piccoli palchi dell’Italia delle grandi intenzioni (a cominciare da quello del penitenziario di Bollate, alla presenza dell’allora ministro della Giustizia Marta Cartabia, qualche tempo fa).

Second chanche è un documentario che narra storie di disperazione e di riscatto. Ben scritto, ben girato senza indulgere nel pietismo, grazie a Cisco Italia e alla Comunità di Sant’Egidio è quasi un percorso penitenziale che si snoda attraverso la pena, la disperazione e la rinascita, che poi sono vari punti di vista. Il primo è quello di Luca, un ex carabiniere che sta in carcere per il duplice omicidio della Maddalena a Brescia; sta scontando la pena all'ergastolo, ma, grazie alle competenze acquisite con il corso d'informatica tra le sbarre, può uscire per andare a lavorare e distrarsi dagli incubi ricorrenti. Lui stesso sceglie di farsi intervistare da Cristina Capotondi all'interno della chiesa di San Giovanni in Laterano a Milano, che per lui è diventata una sorta d’ufficio. Luca ha il tono lento e lo sguardo velato quando afferma di essere contento di poter vedere finalmente crescere il figlio dodicenne, anche se -come le comparse sconsolate di Papillon- sembra galleggiare nella colpevolezza di dovere scontare un pena a vita.

Il secondo punto di vista è quello di Giulia che a  Bollate sconta la condanna a 20 anni per omicidio e rapina. E' salvata anche lei dai corsi d’informatica di Lorenzo Lento, lo specialista formatore che, con un piglio a metà tra Kevin Mitnick e Don Milani, porta la donna ricostruisce il suo mosaico di  vita perduta. Ma Second chance è anche il mondo riacceso dal buio di Nour e Assan, coppia di profughi siriani con bimbo di nove mesi, colti, teneri e al tempo stesso e saldi come roccia. Nour e Assan ritrovano il senso del quotidiano spezzato dalla guerra tra le braccia della Comunità di Sant’Egidio.

Ma Second chance è pure la giornata che passa nello sguardo di Renato, finito, livido e contuso, a dormire su una panchina a Trastevere; e da quella panchina strappato a un destino avverso, da angeli di passaggio.

Il messaggio è che una  “seconda chance” c’è sempre, se sai coglierla. Il documentario di Brenna e Capotondi è confezionato con  tecnica da cineasti e con piglio dei giusti. E sta facendo il giro delle maggiori carceri italiane: Novara, Padova, Rebibbia. Gira anche sul web, appassiona sempre. Dissemina fotogrammi di speranza agli uomini di buona volontà; e attende maggiori plausi. E maggior distribuzione…