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Candyman, un gran bell'horror "black": la vendetta è ribaltata

Giorgio Carbone
Giorgio Carbone

Nato a Tortona (Al) il 19 dicembre 1941. Laureato in giurisprudenza a Pavia. Giornalista dal 1971. Per 45 anni coniugato all'attrice Ida Meda. Due figli. Critico cinematografico (titolare) per "La Notte" dal 1971 al 1995. Per "Libero" dal 2000 a oggi. Autore di tre dizionari: Dizionario dei film (dal 1978 al 1990); Tutti i film (dal 1991 al 1999); Dizionario della tv (1993).

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CANDYMAN
al cinema
con  Teyonah Parris, Nathan Stewart Jarrett.  Regia di  Nia Da Costa. Produzione USA 2021. Durata: 1 ora e 31 minuti

LA TRAMA - Gli appassionati di horror lo ricordano bene , il "Candyman" del 1991. Lo spettro di  un uomo di colore  torturato e ucciso ai tempi dello schiavismo tornava un secolo dopo per invasare una donna bianca (significato: una rivincita postuma  dei "neri" per le angherie subite dell'800). Ora il candyman (così chiamato perchè  nelle torture era cosparso di dolciumi che attirassero su di lui gli insetti) torna per la solita  incauta evocazione (lo nominano per cinque volte davanti a uno specchio). La  sua vittima stavolta  non è una bella donna bianca , ma una nera, una bella  nera  ricca privilegiata. Perchè il Candy ce l'ha  con lei? Perchè è un pò un simbolo nei "black" integrati al sistema, ben felici di vivere in un mondo costruito (anche per loro) dal capitalismo bianco. Insomma la bella (oggi) invasata per il Candy  è una traditrice della razza.

PERCHE VEDERLO perché  è un film horror che gioca una carta che tutti dovrebbero  giocare ( a meno di non volersi anchilosare  nel solito armamentario terrificante). Cioè una bella idea di  fondo. Stavolta la trovata è colpevolizzare i "coloured" che  si sono venduti a una società fintamente egualitaria. Non ci vuol molto per capire che la regista Nia  de Costa  tifa per il Candyman. E magari rimpiange il black power

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