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Roberto Mancini? Avanti così, perché è la scelta giusta per tornare grandi

Luciano Moggi
Luciano Moggi

Luciano Moggi nasce a Monticiano il 10 luglio 1937. Dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, vince sei scudetti (più uno revocato), tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea, una Coppa Intertoto e una Coppa Uefa. Dal 2006 collabora con Libero e dal 13 settembre 2015 è giornalista pubblicista.

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E cosi anche la speranza di qualificarsi ai Mondiali 2022 in Qatar è svanita. A toglierla a quanti amano veramente il calcio è stata la nazionale macedone che, pur senz i più bravi Elmas, Nestorovski e Pandev, ci ha battuti 1-0. È dal lontano 2006 che stiamo soffrendo, da quando in quel di Berlino l'Italia vinse il titolo mondiale imbottita di giocatori juventini, quando la Juve era il volano del calcio nazionale. Poi qualcuno, a cui la squadra bianconera era poco simpatica, volle toglierla di mezzo con l'accusa di magheggiare sui campionati e, nonostante la sentenza del processo sportivo raccontasse «campionato regolare, nessuna partita alterata», radiò addirittura i suoi dirigenti, colpevoli di non aver commesso illeciti al contrario di altri, i cui illeciti furono scoperti solo quando erano andati in prescrizione e quindi non più perseguibili. Chissà il perché del ritardo...

Da quel momento a pagarne le conseguenze è stato il calcio italiano, essendogli venuto a mancare l'apporto dei giocatori juventini: l'Italia al Mondiale, infatti, è stata eliminata due volte al primo turno e due volte non si è qualificata. Tali insuccessi troppo spesso sono stati una conseguenza dell'insipienza calcistica dei capi che hanno trascurato l'amore dei tanti per gli interessi dei pochi solo per mantenersi saldamente attaccati alle proprie poltrone. Carraro è un esempio lampante: magari trascurava la Nazionale, ma seguiva con attenzione le sorti di Fiorentina e Lazio per non farle retrocedere.

Mentre Tavecchio ignorava proprio cosa volesse significare gestire il "Club Italia" composto da atleti che avevano quanto meno bisogno di un trattamento consono per poter rendere al massimo. Per cui il buon Carlo era la persona meno indicata ad assolvere questo compito, lui che conosceva il calcio soltanto per essere un tifoso nerazzurro, tant' è che assunse Oriali, ex dirigente interista, come manager della Nazionale (colui che aveva fatto i documenti falsi per il passaporto di Recoba). E su suggerimento di qualcuno assunse come ct Ventura. Verrebbe veramente da gridare allo scandalo nel vedere in Nazionale un dirigente che ha falsificato un passaporto per far diventare un giocatore comunitario mentre altri dirigenti, proprio quelli che, con i loro giocatori, avevano contribuito a far vincere il Mondiale all'Italia, venivano radiati solo perché colpevoli di far parte della Juve (lo racconta la sentenza del processo sportivo).

Non sarebbe male se tra quelli che contano, Gravina compreso, qualcuno provasse a chiedere scusa a quei dirigenti per il male che hanno fatto loro, ma siccome questo difficilmente potrà verificarsi, dovrebbero allora avere il coraggio di sottoporsi ad un esame pubblico con, sul tavolo, le intercettazioni che fanno parlare pure i morti. L'attuale presidente della Figc, cioè Gravina, è più portato a parlare di politica sportiva, più loquace e forbito, si fa sentire molto quando dà il suo parere contrario alla Superlega, meno quando si tratta di parlare dei rimedi da attuare per i bilanci in alcuni casi fallimentari delle squadre alle sue dipendenze. 

Sicuramente non pensava che una squadra modesta come la Macedonia potesse battere i nostri da poco laureati Campioni d'Europa, titolo che noi abbiamo sempre definito come uno «scherzo d'estate» dovuto al caldo e alla poca voglia di tanti atleti, migliori dei nostri, di scendere in campo appena terminato il campionato. Ma è successo e la mancata qualificazione al Mondiale non deve inficiare il buon lavoro svolto da Mancini, che proprio Gravina, da persona intelligente, ha scelto. I due, lavorando ancora assieme, potranno riportare l'Italia a far paura alle grandi come una volta. Specialmente se il presidente riuscirà ad imporre alle squadre meno stranieri e più voce ai vivai nazionali.

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