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Mamma, ma come fai a fare tutto?

Marzia Coppola
Marzia Coppola

Avvocato matrimonialista, educata alla resilienza e alla libertà. Laureata in Italia e in Francia, ho continuato gli studi per diventare anche avvocato della Sacra Rota. Lavoro con l'Avv. Annamaria Bernardini de Pace e mi occupo di diritto di famiglia a 360 gradi (e più!). Convinta che anche dalla relazione peggiore si possa imparare qualcosa.

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Nel corso di una separazione o di un divorzio, si sente spesso affermare che le mamme sono la parte più tutelata dalla legge. Quelle che, comunque, saranno meno colpite dal cambiamento familiare. Ma al di là dei luoghi comuni, davvero la legge mette le mamme “sul piedistallo”? 

In realtà, tutte le norme del codice civile non indicano ruoli, compiti e doveri specificamente connessi all’essere mamma o all’essere papà. Per esempio, nessuna norma della legge italiana prevede che i figli, quando la relazione tra i genitori naufraga, debbano vivere prevalentemente con l’uno o con l’altro. Tuttavia, ben oltre la metà dei figli di genitori separati vivono con la mamma e incontrano il papà seguendo un preciso calendario di visite. A questo consegue l’assegnazione della casa familiare e il dovere del papà di contribuire al mantenimento dei figli versando un assegno mensile. Ma di questa organizzazione familiare, più che la legge in sé, è complice l’attitudine delle mamme a essere più inclini rispetto ai papà, nella maggior parte delle volte, a prendersi cura dei minori, a capire le loro esigenze e a soddisfare le loro necessità nei primi anni di vita. Ma allora, il parametro per decidere se sia la mamma o il papà a doversi occupare prevalentemente dei bambini è rappresentato dal retaggio storico che il ruolo della mamma e del papà portano con sé. E anche dalla storia di ciascuna famiglia.

Anche in costanza di matrimonio, ci si trova spesso nella situazione di dover decidere quale dei genitori debba sacrificare il proprio lavoro per poter crescere i figli. La decisione, in Italia, nella quasi totalità delle ipotesi, ricade sulle madri che, peraltro, non possono contare su un vero sostegno e su una rete di aiuti da parte dello Stato. 

Ecco perché, le donne italiane, prima di farsi coraggio e decidere di mettere al mondo un figlio, si prendono più tempo rispetto agli altri Paesi europei (guadagnandosi il primo posto per anzianità). Di queste donne mamme, secondo i dati ISTAT, solo il 43% ha un’occupazione e il 40% fra queste lavora con un orario part-time. 

Le ragioni di questa statistica sono da ricercare, da un lato, nella disparità di genere che il nostro Paese, ancora, porta con sé e che, nei fatti, vieta alle madri di conciliare la carriera con la vita privata. Dall’altro, come anticipato, nella latitanza dello Stato nell’aiuto alle famiglie e, in particolare, alle mamme. In Olanda, per esempio, entrambi i genitori hanno diritto di lavorare da casa un giorno alla settimana, così da potersi dedicare ai figli (e, se il loro lavoro non è praticabile da remoto, hanno comunque diritto a un giorno “libero”). In questo modo, sicuramente per una giornata intera sarà la mamma a occuparsi dei minori e a organizzare tutti gli impegni dei bambini e, per un’altra giornata, se ne occuperà il padre. Condividendo, in questo modo, lo stesso tempo con i figli, le stesse occasioni di crescita e di esperienze insieme. 

Ma questo in Italia non accade e, quasi sempre, quando in un contenzioso si parla di pari tempi con la mamma e con il papà, dietro l’angolo si cela la strumentalità di non voler corrispondere alla madre collocataria un assegno per contribuire al mantenimento dei figli. Allora, forse, prima di parlare (e subito pretendere) tempi al 50%, sarebbe necessario che i padri facessero un passo indietro e considerassero come, in realtà, non vi sia una prorompete tutela o una rete di salvataggio che rassicuri le mamme.

I dati, d’altra parte, parlano chiaro e, oggi, per una donna essere mamma è una scelta che implica grande amore e dedizione per i bambini, ma altrettante rinunce e sacrifici in termini di ambizioni lavorative e aspettative di carriera. Indubbiamente, ci sono esempi positivi ai quali ispirarsi e dai quali farsi influenzare ma, per ora, rimangono delle eccezioni.  

Oggi più che mai, è necessario guardare sotto la superficie e onorare, davvero, quelle mamme alle quali è riservato un solo giorno di festa, ma alle quali – a ognuna – dovrebbe essere dedicato un monumento. Quelle mamme italiane che mi capita di incontrare in Studio tristi e preoccupate e che tornano a sorridere solo dopo aver battagliato per riaffermare la loro dignità e la loro responsabilità genitoriale. 

di Avv. Marzia Coppola
[email protected]
Studio legale Bernardini de Pace

 

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