
Laura Gobbi e i grandi eventi italiani

Laura Gobbi, project manager, consulente marketing, P.R, firma di importanti format enogastronomici di grande successo, ci racconta un po’ di sé e dei suoi nuovi progetti.
Lei è una professionista poliedrica. Come ha iniziato questo percorso?
"Flessibilità, adattamento, curiosità, ritmo e velocità fanno parte del mio carattere, assieme ad un altro milione di difetti. Non c’è mai stato un vero e proprio inizio. Tutto si è sviluppato da sé. Tante esperienze, tanti pezzi messi insieme che oggi fanno quello che sono. Agli occhi di taluni posso sembrare poco focalizzata, in realtà questo mi ha salvato nei momenti di crisi del mercato perché, avendo agito in diversi settori, ognuno di questi mi è stato utile per non perdere mai possibilità lavorative. Quando gli altri erano disorientati e temevano il cambiamento, il posto fisso, la sicurezza e cercavano di capire da che parte era arrivato lo schiaffo, a me obliteravano il biglietto di un’altra esperienza".
Il suo lavoro si basa soprattutto sulle eccellenze del made in Italy. Chi sono i suoi clienti?
"Ho la fortuna di poter collaborare con aziende italiane che raccontano la parte migliore del nostro Paese, attraverso il cibo, il vino e i nostri territori. La bellezza dell’Italia, le sue eccellenze enogastronomiche sono la nostra espressione più bella e la nostra grande ricchezza. Mi occupo da anni di marketing esperienziale e comunicazione strategica per aziende vitivinicole, produttori, chef, ristoratori, hotel e imprenditori".
È inoltre esperta di marketing territoriale ed esperienziale. In quali settori in particolare ha operato fino oggi?
"Nasco proprio dal marketing territoriale. Ho firmato progetti di rilevanza nazionale che hanno restituito, e continuano a restituire, ai territori dove ho operato, un grande riscontro. Sono partita con DI Gavi in Gavi, progetto ideato, scritto e diretto per il Consorzio del Grande bianco piemontese, per poi passare alla riqualificazione del pesce d’acqua dolce con Movimento gente di lago. Questo progetto mi ha dato grande soddisfazione e mi ha permesso di diventare project di Fish and Chef, progetto ideato da Elvira Trimeloni e Leandro Luppi, per citare i più grandi. Per il primo produttore di champagne italiano, ho firmato e diretto per tre anni Champagne en liberté, format di grande successo che ha contribuito a lanciare le sue etichette sul nostro mercato. Oggi sto lavorando ad un progetto molto importante che coincide con i 150 anni dalla morte del grande Alessandro Manzoni. Per ora non posso svelare di più".
Uno dei suoi clienti di punta è l'eccellente ristorante The Manzoni di Milano, a due passi dalla Scala con l'ottimo Executive Chef Giuseppe Daniele. Ce ne parli.
"Il lavoro che sto facendo con gli chef Daniele, Fiorino e Gajda è un lavoro differente rispetto a quello che uno possa immaginare come mero ufficio stampa. Qui metto in campo tutte le sfumature della comunicazione strategica e della mia grande passione, nonché fonte continua di ispirazione, la semiotica. Ogni menu è accompagnato da una parola che ne esprime l’anima. Un viaggio alchemico che, attraverso il gusto, il senso, la memoria vuole far vibrare la cucina su altri livelli sensoriali".
Con quale criterio sceglie i suoi clienti?
"Ho appena compiuto 51 anni, dirlo e vederlo scritto fa un certo effetto, anche perché mi sembra che debba ancora iniziare il mio percorso. Il criterio di base è quello del no name. Mi piace molto lavorare, costruire, creare, soffrire, tendere all’obiettivo, sudare ed essere stremati da tanta adrenalina. Avere top player piace molto, fa gola a tutti, poter mettere certi chef, ristoranti o brands nel proprio portfolio, innalza l’autostima e il proprio valore commerciale. Ma, se mi si dà la possibilità di scegliere preferisco dove mi posso divertire nel creare l’immagine, il posizionamento, l’identità. Mio padre mi ha sempre detto:” Le Ferrari le sanno vendere tutti, sono le altre che bisogna essere bravi a piazzare”. Penso abbia ragione visto che parla con cognizione di causa. I miei clienti arrivano semplicemente col passaparola. Chef, produttori e imprenditori, si passano il mio numero. Quindi, quando mi contattano sanno già tutto, nel bene e nel male. Pregi e difetti. Si auto selezionano".
Lei è anche una creativa in quanto ha creato e prodotto una linea di occhiali, "Core Mio" di grande successo. Come è nata l'idea?
"Da una vicenda personale molto difficile. Credo nella Provvidenza, Karma, destino, fato, ognuno gli dia il nome che crede più consono. Un paio di occhiali a cuore, che indossavo e che avevo acquistato in una bancarella vintage, mi hanno letteralmente salvato la vita. “Se hanno fatto del bene a me lo possono fare anche ad altri”, ho pensato, e così è partita la start up. Con i miei tempi, con la mia misura, con i miei budget. Non sono occhiali, sono una bacchetta magica. Fanno bene, fanno stare bene e stanno bene".
Pensa che sia cambiato negli anni il modo di fare marketing e comunicazione?
"In che modo? Certamente che è cambiato, noi siamo cambiati. Gli ultimi tre anni sono stati intensi. Personalmente, sto aspettando l’onda di ritorno, quella che ristabilisce le regole dell’etica, della serietà, del rigore, della professionalità e della preparazione. A quel punto, tutta la fuffa dovrà iniziare veramente a lavorare, e qui vedremo chi starà in piedi e chi non ci sarà più".
Quali sono i suoi progetti futuri?
"Continuare quello che sto facendo, perché mi dà molte soddisfazioni. Nei prossimi cinque anni vorrei veder crescere Core mio e farlo camminare da solo. Il mio sogno nel cassetto, rimane però una laurea in psicologia".
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