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Donald Trump, perché adesso hanno smesso di prenderlo in giro

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La vittoria di Boris Johnson ha fatto venire i brividi ai Democratici americani, perché è venuto spontaneo per tutti il parallelo con la situazione americana: i conservatori britannici hanno stravinto conquistando le roccaforti operaie del nord che stavolta hanno voltato le spalle ai laburisti, cosi' come i lavoratori sindacalizzati del Michigan e della Pennsylvania avevano abbandonato i DEM per eleggere Trump nel 2016. E Jeremy Corbyn, il socialista antisemita e anti Israele con un programma di nazionalizzazioni e di ‘tassa e spendi' rigettato alle urne, è quanto di più simile si può immaginare a Bernie Sanders e a Elizabeth Warren, l'ala sinistra del partito DEM sempre più influenzata dall'ideologia marxista di Ocasio Cortez e compagni. “La Gran Bretagna e gli Stati Uniti saranno ora liberi di stringere un nuovo massiccio accordo commerciale dopo la Brexit”, ha twittato Donald complimentandosi con Boris “per la grande vittoria”.  Il proclama di Trump è roboante, di quelli che qualche tempo fa venivano presi per i fondelli dai media, sempre a braccetto con i politici di sinistra. Adesso, però, l'ironia supponente delle elites ha perso baldanza, e in giro si sentono sempre meno battute irrisorie sul “presidente dalla faccia arancione” che le spara grosse. Chissà, forse l'accumulo di indizi (i suoi successi politici reali) sta costituendo la prova che non e' quel deficiente millantatore che i saputoni dei salotti erano convinti che fosse.  A seguire non trovate la raccolta completa dei suoi annunci da spaccone trasformati in realtà, ma credo che bastino per spiegare a sufficienza lo scoramento che serpeggia in chi ha scommesso dall'8 novembre 2016 nel suo fallimento, e oggi comincia a intravedere la sua rielezione come un incubo possibile. POSTI DI LAVORO e TAGLI DI TASSE. Lo slogan MAGA, Make America Great Again, è il simbolo del trumpismo e dei suoi fans, e l'occasione di scherno, e a volte di azioni fisiche violente, da parte degli avversari. Trump, per far rinascere il paese, aveva indicato l'obiettivo della crescita economica del 3% attraverso i tagli delle tasse e delle regolamentazioni. I numeri parlanoi: 3,5% di tasso di disoccupazione, record da 50 anni; oltre 7 milioni di nuovi occupati in tre anni; borsa ai massimi storici. In un solo concetto, che nessuno contesta: il clima pro business creato dalle politiche del presidente-imprenditore ha cambiato il volto del paese, con la ripresa della produzione industriale che era data per defunta (anche se il PIL ha superato il 4% in un trimestre ma e' tra il 2,5% e il 3% in media dal 2017).  NATO. I suoi attacchi ai paesi membri che non pagavano la loro quota del 2% in spese militari erano stati presi come un disimpegno, un abbandono dell'alleanza e dell'occidente. Ha avuto ragione lui: ora molti paesi hanno aumentato i finanziamenti per la difesa comune (130 miliardi di dollari ) e Trump ha bacchettato Macron e altri perché hanno sminuito il ruolo della NATO, che lui difende. TARIFFE. Trump è stato vituperato, anche dalla destra pro free market, per aver imposto i dazi a destra e a manca. E' vero che sono stati un (leggero) freno alla crescita, ma Trump non è un protezionista per ideologia. Trump è un pragmatico e in realtà ha sempre considerato i dazi, e le sanzioni, strumenti politici per ottenere migliori condizioni a vantaggio dell'America. Li ha imposti al Giappone, per poi ritirarli quando Tokyo ha firmato un patto commerciale. Con l'Europa li ha minacciati, e il confronto è aperto. Un'intesa è allo studio, anche per tenere conto della tassa digitale francese sulle corporation USA di Internet che lui difende fermamente: “anche se non sono miei amici, non sta agli altri tassarli, ci penseremo noi”, ha detto di Google e compagnia.  CINA. E' il teatro di scontro più clamoroso. Trump ha alzato tariffe su centinaia di miliardi di dollari di merci cinesi, i quali hanno abbozzato una rappresaglia: dopo quasi due anni di trattative, i cinesi hanno accettato venerdi' 13 dicembre di chiudere la Fase Uno dell'accordo impegnandosi ad acquistare “tanti miliardi di prodotti agricoli Usa da costringere i nostri contadini a comprare un sacco di trattori”, si è vantato Trump. Inoltre, i cinesi rispetteranno i diritti e le licenze USA del settore tecnologico e apriranno il loro mercato ai servizi di società americane. NAFTA. Trump ha cancellato il vecchio trattato di scambi firmato da Bill Clinton con Canada e Messico. Ha ottenuto così di riaprire il dialogo su basi nuove, e qualche giorno fa è nato il patto USMCA. Sostituisce la NAFTA e, bastano le parole della Speaker DEM Nancy Pelosi, “non ci sono dubbi che l' USMCA sia molto meglio ”.  IMMIGRAZIONE CLANDESTINA. A proposito di Messico, Trump ha minacciato tariffe pesantissime se il governo messicano non fosse intervenuto a fermare i flussi di carovane dai paesi del Centro America. Il Messico ha schierato 27mila suoi soldati al confine con questi paesi, le tariffe sono svanite, e gli ingressi di clandestini si sono ridotti del 70% in sei mesi. Le forze dell'ordine USA al confine sud hanno arrestato o respinto 42.649 migranti in novembre, sesto mese di cali. L'amministrazione cita questi numeri come prova che l'insieme di politiche e iniziative di Trump sta funzionando. In novembre, i 33.510 arrestati e i 9.139 ritenuti inammissibili hanno rappresentato un calo di circa il 6% da ottobre, e un calo di oltre il 70% dall'apice della crisi di maggio, quando erano stati bloccati più di 144.000 migranti. E il muro? Piano, ma procede. La Camera controllata dai DEM non da' i fondi, e Trump usa quelli che può racimolare dal Pentagono.   IRAN. Trump è uscito dal patto nucleare firmato da Obama, che ha concesso 100 miliardi al regime islamico di Teheran in cambio della promessa di rallentare la preparazione della bomba nucleare, comunque garantendone la realizzazione entro meno di un decennio. Trump ha imposto sanzioni dure, e l'economia del paese è ora allo stremo. Il regime vacilla e spara sui dimostranti che chiedono pane e libertà.  ISRAELE. L'ultimo atto di Obama era stato di astenersi all'ONU su una mozione anti Israele, la prima volta nella storia che l'America non ha difeso lo storico alleato. Trump aveva detto che avrebbe bocciato il patto di Obama in Iran perché mette a rischio Israele, e lo ha fatto. Aveva promesso in campagna elettorale di spostare l'ambasciata USA a Gerusalemme, e lo ha fatto. Mi fermo qui (sulla bufala dell'impeachment per l'Ucraina, a cui Trump ha dato le armi che Obama aveva negato, ho scritto in precedenti articoli e blog). Credo che possa bastare per la mia tesi: chi continua a considerare Trump un parolaio stupido, indegno di essere presidente, lo fa a proprio rischio e pericolo. Donald sa quel che fa, e ha dimostrato di saper imparare le regole del Palazzo della politica tutto sommato in fretta, pur restando se stesso: non avrebbe con sè la totalità dei repubblicani in congresso, e il 95% degli iscritti del GOP nel paese, se non fosse quello che è. Si e' fatto qualche autogol evitabile, soprattutto nel primo anno di governo? Certo che si', ma un bilancio onesto della sua presidenza, fino a qui, presenta un saldo positivo. di Glauco Maggi     

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