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Dal nostro innevato speciale

i nuori eroi della neve

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«Quando scende in ciel la sera/ Ed infuria la bufera/ Più non canta capinera, è finita primavera/ vi saluta e se ne va..» Quando Renato Rascel, nel '39, dedicava la prima canzonetta italiana al maltempo probabilmente la carriera giornalistica di Gianluigi Armaroli, affaticato corrispondente Mediaset da Bologna, era ancora nel grembo di Giove. Oggi, alle soglie della giusta pensione, nel gelo che attanaglia il cuore della Romagna, Armaroli s'è trasformato, suo malgrado, nel simbolo d'un nuovo genere: l'inviato speciale nella neve. Dal nostro innevato speciale. Gli innevati speciali si spingono nell'incubo meterologico, sono gli spazzaneve dell'informazione, i veri spargisale della  tensione emotiva. Giocano un ruolo fondamentale nella partitura dei notiziari. Armaroli, unico faro dei tg Mediaset unificati, è addirittura eroico. Imprigionato in una giacca a vento stile Roald Amundsen al Polo, con un basco che gli offusca vista e boccoli grigi, e col Blizzard crudele che gli sferza gli appunti perennemente umidicci, Armaroli riesce prima a piantarsi a Rimini per il collegamento con Studio Aperto commentando «Non ha smesso di nevicare al centro Rimini città marinara con ben 3 centimetri di neve». Poi, per il Tg4, lo vedi transitare sulla piazzola di sosta di Forlì, dove i centimentri di neve diventano 30 «tra Riccione e Cattolica, dove la strada non è molto bella». Infine, digiuno, umido e fumante come un alce, con la bocca intasata di nevischio, rientra a Bologna per Canale5 sotto la Torre degli Asinelli. Il tutto nell'arco di poche ore. Il paragone che affiora negli spettatori meno giovani è con gli  Strippoli, i Castellotti, i Tonino Carino da Ascoli che resero gloriosa la Domenica Sportiva: solo che Armaroli, qui, fa tutto da solo. L'unico neo è che la sua prosa di stampo teatrale si dilunga sui particolari, e spesso mangia il tempo al povero collega che in scaletta si collega subito dopo di lui, Roberto LaMura da Tagliacozzo, il quale ha solo e sempre trenta secondi per dire: « Da Tagliacozzo la nevefa una parziale tregua». Stop. In compenso LaMura indossa una bellissima sahariana in Goretex. A LaMura la linea spesso viene tolta per esser data , il più delle volte alle colleghe romane. L'altra sera ce n'era una in deliziosi guantini leopardati, piumino Aspesi e pashmina grigia alla Gruber che svolgeva in modo creativo il ruolo di bollettino vivente. Un'altra, Cristina Svaldi in pashmina rossa e piumino bleu  -mentre la neve a pochi chilometri toccava altezze siberiane e causava devastazioni- pareva quasi in colpa per la propria location: i Fori Imperiali inondati dal sole, pulitissimi traversati da coppiette al passeggio: «Non lasciatevi ingannare dal panorama alle mie spalle, la neve a Roma è caduta soprattutto a nord...» (e la prima domanda che sorge è: se la neve è al nord, che cavolo ci fa , lì, la cronista?). Un look, il suo, molto vicino a quello -più sobrio- di Laura Moretti di Sky che da Urbino mette la sciolina alle parole: «i soccorsi sono al lavoro per sgomberare dal manto di neve le strade di questa bellissima città rinascimentale». E mentre scorrono le interviste al vicesindaco, al prefetto, al signore sconsolato perchè il padre ottantenne «ha bisogno dei pannoloni e io non so a chi rivolgermi», la Moretti -come il trasformista Arturo Brachetti- riesce a cambiare cappotto sciarpetta e cappellino ad ogni inquadratura. Gli innevati di Sky Monica Peruzzi e Paolo-Scamarcio-Fratter sono giovani, belli, sorridenti e ti danno la sensazione cinematografica che i loro collegamenti siano da Aspen, piuttosto che da Arezzo e Val Tiberina. Nulla a che vedere col look spartanissimo di Antonio Monaco del Tg1, coperto da un K-Way bianco che nei collegamenti da Avezzano lo rende simile al guardialinee di un derby sorpreso da pioggia. Sospettiamo anche che il collega Antonio Farnè -eskimo e sciarpa rossa- , colui il quale da tre giorni sta intervistando, a loop, il sindaco di Cesena stia praticamente ancorato al pavè, fuso dalla neve. Gli innevati speciali sono pleonasmi necessari. Non forniscono notizie diverse da qualsiasi agenzia -numeri sulle precipitazioni, blocchi stradali, azioni di sgombero, feriti-, ma la loro presenza è la parte poetica del paesaggio. Ogni loro collegamento da una montagnola di ghiaccio, da una cantina irriscaldata, da una piazza o una strada “che fino a poche ore fa era pulita”, da un casello autostradale imbiancato disvela una drammaturgia. La medesima evocata -chessò- dai collegamenti con Del Noce in Iraq, con Lilli Gruber in Afghanistan, con Paolo Brosio dal marciapiede del Palazzo di Giustizia durante l'altra bufera, di Tangentopoli. Sono dilatazioni di attimi, fermo immagine d'emozione che consegnano l'idea di un'Italia inedita. Entro qualche anno, nell'iconografia invernale, tra Armaroli e il pupazzo di neve dei fumetti di Charlie Brown, i nostri figli non avranno dubbi nella scelta.

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