Complimenti per la trasmissione

La strana coppia Campo Dall'Orto/Minoli

Francesco Specchia

Cosa si saranno detti, al settimo piano di viale Mazzini, il dg Rai Antonio Campo Dall’Orto e l’eterno Giovanni Minoli, in due ore di concistoro? Pare che il direttore generale, nel cercare di riformare la Rai -senza uno straccio di linea -guida dal governo-  abbia ben presente  una data. Quella in cui, a primavera, i due colossi pubblici europei Rai e BBC dovranno  riconquistarsi sul campo il diritto al rinnovo delle concessioni con lo Stato (con  esclusiva riscossione del canone). Campo Dall’Orto ha acquisito un potere immenso, che neanche il miglior Bernabei. In più, ha i soldi assicurati del canone in bolletta.  Però, per evitare che sulle  concessioni mettano mano anche i concorrenti, deve dimostrare di saper fare servizio pubblico, senza fare dell’audience il suo profeta. Deve tagliare i costi delle produzioni esterne (il 70%) e degli agenti. Deve tagliare almeno 5000 dipendenti stratificati in decenni di lottizzazioni geologiche. Deve spiegare perchè Carlo Conti e l’Annunziata -per dire- sono servizio pubblico e Crozza e Gruber no. Deve destrutturare i palinsesti ed adattarli alla rivoluzione delle piattaforme della «cultura convergente», come direbbe Jenkins. Tutti argomenti abbondatemente trattati da Minoli, appunto, sul Sole24Ore e revisionati dallo stesso ex dirigente Rai sulla base di un suo noto piano di restauro  presentato al settimo piano quasi dieci anni fa, e nascosto nel cassetto dall’allora dg Cappon. Campo Dall’Orto, dicono dall’entourage, è concentrato, e un po’ preoccupato. La Rai, si sa, è una palude Stigia...