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Dago In The Sky, nei selfie la follia del mondo

Il nuovo programma di Roberto D'Agostino

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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I matti della cultura pop Foto: I matti della cultura pop
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“Il primo nemico è dentro di voi. Noi stessi combattiamo un'eterna battaglia tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere..”. Così, tra citazioni, video slittati anni 70 ed assoluto senso estetico, Roberto D'Agostino inaugura la prima puntata di Dago In The Sky (Sky Art, mercoledì, prime time), documentari0 sulle follie pop del contemporaneo. La prima puntata è un trattato sociologico sul selfie, l'autoscatto col telefonino che è “lo strumento per consegnare agli altri un'immagine diversa della nostra vita”. Dago lo declama, appunto, con un cellulare in mano: mostra barba luciferina, camicia arabescata sotto giacca griffata, occhiali all'ultimo grido, tatuaggi in posti insospettabili; mentre declama, mi appare egli stesso un feticcio pop, tra Federico Zeri e lo Jack Sparrow dei Pirati dei Caraibi. Dago non sai mai dove ti porta, lo guardi almeno per vedere l'effetto che fa. Bene. In 26 minuti di monologo intramezzato da immagini tra le più assurde (prese di peso dalle sue rubriche sul web, Cafonal e DagoArte) l'effetto è divertito e angoscioso al tempo tempo. Divertito perché vedere Justin Bieber che si spara un selfie prima di morire nel film Zoolander 2; o osservare Kim Kardashian “ragazza americana dal sedere enorme che non sa fare nulla, tranne i selfie” spopolare nei talk; o constatare che Papa Bergoglio in Bolivia, rapito nei selfie di chiunque li incroci per strada benedica cellulari; be' mi rende l'idea di un mondo vaporosamente folle. Ma sopraggiunge l'angoscia quando mi rendo conto che la stessa follia dell'autoscatto spinge ragazzini sbulinati a fare gli equilibristi sui grattacieli con lo stick in mano, o rapper a fotografarsi dopo essersi appena beccati una pallottola in testa (“Sono un vero rapper, adesso”). Per non dire dei vip che invocando Marcuse, rivelano su Istagram brandelli di vita intima (sesso compreso) con una frequenza che sfiora l'egolalatria. Anzi l “egonomia”, l'economia dell'ego, come dice Dago. Dago In The Sky è un bel prodottino; ha la sua ispirazione nell'edonismo reaganiano che Roberto faceva ai tempi di Quelli della notte. Dago chiude il programma da colto, citando Camus “Non c'è tempo per essere noi stessi abbiamo appena il tempo per essere felici”. Ma a me, dopo, vien voglia di normalità:du' spaghi, un film di Totò, due tiri a pallone con mio figlio, cose così…

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